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Istoria delle guerre gottiche/Libro terzo/Capo XII

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CAPO XII.

Belisario scrive chiedendo aiuti all’imperatore. — Giovanni sposa la figlia di Germano. — Totila conquista Fermo, Ascoli, Spoleto ed Assisi. Tenta Perugia e ne fa mettere a morte il comandante, ma quel presidio all’imperatore devoto costringe i Gotti a ritirarsi dalle sue mura.

I. Belisario non avendo come sovvenire agli assediati mandò in Bizanzio Giovanni nipote di Vitaliano, riportatane dapprima con gravissimo giuramento la promessa ch’e’ solleciterebbe del suo meglio il ritorno non [p. 318 modifica]appena supplicata dinanzi all’imperatore la spedizione in Italia d’un poderoso esercito con denaro in gran copia, armi e cavalli. Imperciocchè i soldati non voleano saper di combattere adducendo il poco lor numero, i molti stipendj non ricevuti dall’erario, e l’andar brulli e bisognosi di tutto, nè mentivano sul conto di queste lamentele. Il duce pertanto scrissene pressochè in questi termini ad Augusto: «Giungemmo in Italia, o ottimo degli imperatori, sguerniti di gente, di cavalli, di armi e denaro, delle quali cose ove siane diffalta nessuno, a parer mio, potrà imprendere di combattere. Aggirata la Tracia e l’Illirico raccogliemmo ben poche cerne e queste sono mancanti di tutto, inermi ed inespertissime della guerra. I militi poi qui rimasi mostransi nulla contenti di lor sorte: paurosi de’ nemici, ed atterriti dalle frequenti stragi evitano a bella posta ogni cimento, abbandonando i cavalli e gittando a terra le armi: di più indarno pretenderemmo di cavare un che di denaro dall’Italia, ligia tuttavia de’ nemici. Laonde impotenti di pagare negli stabiliti giorni gli stipendj alle truppe, non possiamo tampoco loro comandare, togliendocene il contratto debito la libertà. Ritieni eziandio per fermo, o sire, che di quanti militavano teco la massima parte disertò ai Gotti. Or dunque se non si fosse trattato che di spedire Belisario in Italia le faccende guerresche non potrebbero al certo essere in miglior condizione, trovandomi già nel cuor di essa; ma se vuoi vincere gli avversarj colla guerra è uopo apprestare ben altre cose; non avendovi a mio avviso condottiero ove [p. 319 modifica]difettino truppe da farne i comandamenti; è quindi mestieri innanzi tutto che mi raggiungano le mie lance, le mie guardie ed i miei armati di brocchiero, e tengan loro dietro immediatamente numerosissime turbe di Unni e di altri barbari, ai quali senza indugio voglionsi sborsare le paghe a denari contanti.»

II. Tale scrisse Belisario; ma Giovanni logorato gran tempo in Bizanzio senza far nulla di quanto portava la sua mandata, passò invece a nozze colla figlia di Germano fratello dell’imperatore. Tra questo mezzo Totila pigliato a composizione Fermo ed Ascoli e messo piede nella Tuscia cigne di steccati Spoleto ed Assisi. Erodiano capitanava lo spoletano presidio, e Sisifrido, uomo di schiatta gottica, ma zelantissimo favoreggiatore delle parti romane ed imperiali, quello di Assisi. Il primo convenuta una tregua di giorni trenta col nemico, promisegli che ove nel mentovato periodo non ricevesse aiuti, cederebbe la città, gli abitatori di lei, il presidio e sè stesso a’ Gotti; ed a guarentigia degli accordi consentì dare in istatico il proprio figlio; spirata pertanto la tregua, nè comparso il romano esercito a soccorrerlo, sì egli che i suoi militi abbandonano giusta la convenzione sè stessi, quelle mura ed il popolo in mano degli assediatori. Narrasi poi che il secondo tradisse la città e la propria persona ai barbari per odio in lui destatosi contro Belisario da quando ebbelo questi minacciato di fargli pagare il fio delle passate cose; non altrimenti fu la sorte di Spoleto. Sisifrido giuntati nello scorrazzare molti de’ suoi al postutto incontrovvi egli stesso morte; per la quale sciagura gli abitatori d’Assisi più non sapendo [p. 320 modifica]a che dar opera spalancarono di subito le porte al nemico. Totila quindi spedisce prontamente a Cipriano per averne Perugia, aggiugnendo minacce ov’egli non consenta, e grandi ricompense quando non si rifiuti alla proposta. Se non che vedute di nessuna efficacia le sue mene presso il duce, voltosi ad una delle costui guardie, Ulifo, persuadelo con denaro a dargli proditoriamente morte, ed Ulifo, trovatolo solo, compie il delitto, riparando subito dopo tra’ Gotti. Ma il presidio tuttavia fermo in sua fede verso l’imperatore costringe i barbari a ritirarsi da quelle mura.