Istorie dello Stato di Urbino/Libro Secondo/Trattato Secondo/Capitolo Terzo

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Libro Secondo, Trattato Secondo, Capitolo Terzo

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CAPITOLO TERZO.

Della Città di Iufico destrutta; e delle Terre, e Luoghi, che furono dalle rovine sue fondati.


N
e gli Appennini, che la Senonia Terra fronteggiano, oltre il descritto Petino, ed Aleria, quattro altre furono tutte di grandezza, & di nobiltà situate, per la fede, che ne fan le ruine, à quelle non punto inferiori; la prima de i fondamenti, & dell’origine sua, sopra la Terra di Cantiano tre miglia, tiene alle rive del Borano i vestigij: E per la testimonianza, che ne fà Procopio de bello Gotico, Luciolo chiamossi: e da Narsete (perche tenevasi per li Goti) fù dopò il caso di Totila all’Acqualagna, saccheggiata, ed arsa. Dalle cui ruine il Castello di Cantiano i suoi deboli principij trasse; à cui (come diremo) hà seguitato sempre miglior fortuna. La seconda, vedesi trà infinite macerie sepolta de gli suoi rotti fondamenti nel campo, che sotto la Schieggia, verso la parte del mezo giorno, là dove il fonte di San Pedrinzano, presso la Flaminia scaturisce, & in due rivoli diviso, al Tireno, & all’Adriatico Mare corre à porgere i tributi. Questo Isuvio chiamossi da Tolomeo, qui collocandolo; il quale per la vicinanza, che tiene con la cittade Inginia, essendo solo da essa sei millia distante, alcuni equivocando, che fosse Gubbio affermarono. Dalle ruine sue, la Terra della Schieggia hebbe i natali; la quale da molti huomini, tanto in arme, come in lettere valorosi; molto illustrata, è diventata celebre: & hoggi singolarmente gloriasi di havere il più erudito ingegno di quelle parti, qual’è il buon vecchio Andrea Bartolini, à cui tutti gli oggetti delle Scienze humane non essendo ad appagar l’intelletto bastevole, nella speculatione delle cose antiche incentrandosi, ne forma dotti, e meravigliosi discorsi; de’ quali sperasi, che dati alle Stampe ne habbia parte il Mondo. La terza fù Sentino, celebre per la vittoria de’ Romani, e per lo sacrificio di Decio, il quale da Longobardi distrutto, diede à Sassoferrato fecondo padre d’Heroi (come già scrissi) dell’origine sua i primieri natali, se [p. 147 modifica]non mente Procopio, Leandro, e' l Biondo. La quarta finalmente, sopra le rive del Cesano, il piano, & il Colle occupando, là dove hoggi di San Vito scorgesi il Castello, non meno di popolo numeroso, che di superbi edificij gloriavasi, se le ruine loro il vero additano, che sotto il terreno con gli acquedotti, e con Tombe meravigliose da ogni uno si vedono.

Benche da Libri, ò da gli scritti sassi non habbia potuto di questa Città raccorre il nome; tutta volta, dalla luce, che Tolomeo n'addita io son venuto in cognitione verace, che quì fondata la Città di Iufico ne fosse, e queste siano di essa le reliquie vere, trovandosi giusto il sopradetto sito sotto l'altezza medesima del Polo, nel qual Tolomeo locolla, e quasi à punto nell'istesso luogo; ben che egli di linear il fiume poi si scordasse, come fè del Metauro, assai di questo maggior, e più famoso. Per non haver havuto i Cosmografi (che sopra la Geografia di Tolomeo hanno scritto) notizia di queste ruine, caminando à tentoni, che ove hoggi è Sassoferrato, locato fosse pensarono; quindi nelle Tavole pongono Sassoferrato per Iufico; e pur come dicemmo ) presso à Sasso ferrato di Sentino veggonsi le vestigij. Si come il luogo di Iufico era ignoto, cosi parimente da chi fosse distrutto non hò trovato notitia; benche io sicuro tenga, che con Suasa, ed Ostra dal superbo Alarico ricevesse il crollo, tutte in una vicinanza essendo. E credibil anche che li Cittadini si ritirassero ad habitare; sopra di cui, poscia dalle ruine di essa edificassero Terre, e Castella; principalmente la Rocca Contrada, che hoggi à tal grado di nobiltà è salita, che in numero di popolo, di civili habitatori, & di grandezza di Territorio (contenendosi in esso sette nobili Castella, senza i grossi villaggi) alle Città più mediocri camina al pari. E più vicino al ruinato sito, sopra del Monte secco il Castello di questo nome anco erigessero; il quale benche picciolo vedasi, nell'animo però de gli suoi habitatori assai grande riesce; generando dalle sue viscere huomini insigni. Et in quell'altro Monte, che verso l'Occaso la medesima Città ombreggiava, vi edificassero il Castello inespugnabile di Monte vecchio; à cui gli honori, e' l nome diede la Casa Vecchi, mentre dal buon Ottone, del servitio prestatoli in premio ricevello con altre Castella di quella vicinanza insieme; singolarmente San Lorenzo in Campo, à riferir del Biondo nell'Italia illustrata: ove di Ugo Monte vecchi parlando, di questa Terra padrone lo chiama: Et supra Sanctus Laurentius Oppidum Ugone ornatum Domino Familiae Montis vetuli, qui vitam, & moribus dignitatem magis decorat, Abbatialem, quam ab ea decus accipiat. [p. 148 modifica] Altri luoghi murati in quei Monti vicini, di qualche nome eretti furono, specialmente le Fratte alla banda sinistra di Monte vecchio, al par di grossa Terra honorate da i Duchi d'Urbino, con la residenza di un Giudice con la sua Corte. E verso Libanoto Bellisio, e Monte Maccio; i quali nell'edification della Pergola demoliti furono l'Anno 1237. e gli habitatori di essi con lor Signori nella nuova Terra per soggiornarvi andarono, la quale à spese del Publico, ne i Campi di Ugolino, e Mariolino figli di Corrado, ne l'angolo, che il Cinisco fà col Cesano incontrandosi da Gubbini ergevasi; non tanto per difesa del Territorio loro, quel sito nelle frontiere della Marca essendo, quanto per ricevere dall'abbondante Provincia le vettovaglie necessarie al gran Popolo di Gubbio, che passava in quei tempi al numero di cinquanta millia habitanti; nella cui fabrica spesero cento millia lire, come appare in una scrittura di autentico instromento antica, spettante à gli havuti litigij di quella Cittade l'Anno 1282. sotto il Pontificato di Martino Secondo, contra il Rettore dello Spoletano Ducato, innanti al Cardinal Gervasio, del titolo di San Martino, sopra il Dominio della Terra sudetta. Servasi questa scrittura (che quanto quì dico racconta) in una scattola tonda, dentro ad un'armario posta, nel primo ingresso à mano stanca, nella Cancelleria publica: ove anco le tavole famose di bronzo d'incogniti caratteri scritte, si vedono. Ridotta la nuova fabrica in perfettione, molti Gubbini ancora ad habitarvi andarono, e l'arti, ch'erano lucrose nella lor Città, introdussero; onde si ricca, e si popolosa divenne in breve, che il recinto delle nuove mura non bastevole à capirli, fuori delle porte inondarono, e nobilissimi Borghi edificaronvi, che hoggi tutti insieme poco minori della Terra nelle habitationi si rendono: Laonde in ogni guerra avenne, che in queste parti (forse per le sue ricchezze insidiata) ricevesse crudi, ed aspri assalti, e che saccheggiata venisse: particolarmente da Bravio da Montone, l'Anno 1418. da Francesco Sforza l'Anno 1444. e dal Cardinal Bibiena, l'Anno 1517. fù un tempo à Gubbini, che l'edificarono soggetta: dalla cui soggettione liberossi per la benigna dispositione de' Duchi d'Urbino, i quali rimettendola in libertà, contentaronsi che con le proprie Leggi, e con Ducali si governasse; come hoggi anche sotto il Dominio Ecclesiastico si governa. Perche in rispetto al numero grande de' suoi habitanti, picciolo Territorio possiede. Poi da URBANO VIII Pontefice Massimo hà ottenuto favoritissimo indulto di poter estrahere da ogn'intorno per una giornata legale da gli altri Territorij le vettovaglie, e senza pagare impositione, ò gabelle, come dal proprio le pigliassero alla lor Terra condurle. Quindi avviene, che i Mercanti ricchissimi di quella Patria, divendono de i più belli, e [p. 149 modifica]fruttiferi poderi della Provincia padroni. E si benigna la dispositione di questo Cielo, che niuno trovasi quivi, che otioso viva, tutti à qualche arte di guadagno applicandosi; e quelli, che all'armi, ò alle lettere volgono i pensieri, eccellenti riuscendo, si fan (come l'Historie à pieno parlano) grandemente famosi; singolarmente Angelo, che fù il più glorioso Capitano de gli suoi tempi; come nell'Italia illustrata lo celebra il Biondo, e Leandro nella descrittione della medesima. Non molto da questo lontano, più verso Catria, altri Castelli furono da numerosi popoli habitati, i quali similmente dalle ruine di Iufico si stima, che havesser l'origine, l'uno Campietro, e l'altro Leccia nomati, da questi, che furono demoliti, per commissione dell'Abbate di Santa Croce dell'Avellana, da Gubbini l'Anno 1257. il fortissimo Castello della Serra edificossi di Sant'Abbondio, à difesa del passo, che fan gli Apennini trà la Marca, e l'Umbria, il quale pericoloso alla Città loro si rende nella cui opra venti millia lire vi spesero: e come leggesi nella citata carta vollero anco nell'istesso tempo (forsi per maggiormente additare la potenza loro) alla radice del Cucco, la Fortezza di Costacciaro edificare; la quale per ragione del sito (posta sopra una collina essendo,) e per la fortezza de i muri, che la circondano, inespugnabil si rende; come accrebbero à Cantiano la grandezza in guisa, che di Castello ordinario, divenne honorevol Terra: ed hoggi per l'habitationi di molti nobili, & per lo valore dei Cittadini, (che non meno riescono à i traffichi, & alle merci industri, che alla toga, & all'armi sopramodo eccellenti) famosa, & illustre si rende. Per non haver potuto raccorre più dall'oscuratezza di Iufico di quanto hò scritto, à materie più chiare volgerò il discorso.