Istorie fiorentine/Libro primo/Capitolo 9

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Libro primo

Capitolo 9

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In questi tempi cominciorono pontefici a venire in maggiore autorità che non erano stati per lo adietro; perché i primi dopo san Piero, per la santità della vita e per i miracoli, erano dagli uomini reveriti; gli esempli de’ quali ampliorono in modo la religione cristiana, che i principi furono necessitati, per levare via tanta confusione che era nel mondo, ubbidire a quella. Sendo adunque lo imperadore diventato cristiano, e partitosi di Roma e gitone in Gonstantinopoli, ne seguì, come nel principio dicemmo, che lo imperio romano rovinò più presto e la chiesa romana più presto crebbe. Nondimeno, infino alla venuta de’ Longobardi, sendo la Italia sottoposta tutta o agli imperatori o ai re, non presono mai i pontefici, in quelli tempi, altra autorità che quella che dava loro la reverenza de’ loro costumi e della loro dottrina: nelle altre cose o agli imperadori o ai re ubbidivano, e qualche volta da quelli furono morti, e come loro ministri nelle azioni loro operati. Ma quello che gli fece diventare di maggiore momento nelle cose di Italia fu Teoderigo re de’ Goti, quando pose la sua sedia in Ravenna; perché, rimasa Roma sanza principe, i Romani avevono cagione, per loro refugio, di prestare più ubbidienza al papa: nondimeno per questo la loro autorità non crebbe molto; solo ottenne di essere la chiesa di Roma preposta a quella di Ravenna. Ma, venuti i Lombardi, e ridutta Italia in più parti, dettono cagione al papa di farsi più vivo; perché, sendo quasi che capo in Roma, lo imperadore di Gonstantinopoli e i Lombardi gli avevono rispetto, talmente che i Romani, mediante il papa, non come subietti, ma come compagni con i Longobardi e con Longino si collegarono. E così, seguitando i papi ora di essere amici de’ Lombardi, ora de’ Greci, la loro dignità accrescevano. Ma, seguita di poi la rovina dello imperio orientale (la quale seguì in questi tempi, sotto Eracleo imperadore; perché i popoli Sclavi, de’ quali facemmo di sopra menzione, assaltorono di nuovo la Illiria, e quella, occupata, chiamorono dal nome loro Schiavonia; e l’altre parti di quello imperio furono prima assaltate da’ Persi, di poi dai Saracini, i quali sotto Maumetto uscirno d’Arabia, e in ultimo da’ Turchi, e toltogli la Soria, l’Affrica e lo Egitto), non restava al papa, per la impotenza di quello imperio, più commodità di potere rifuggire a quello nelle sue oppressioni; e dall’altro canto, crescendo le forze de’ Longobardi, pensò che gli bisognava cercare nuovi favori, e ricorse in Francia a quelli re. Di modo che tutte le guerre che, dopo a questi tempi, furono da’ barbari fatte in Italia furono in maggior parte dai pontefici causate; e tutti i barbari che quella inundorono furono il più delle volte da quegli chiamati. Il quale modo di procedere dura ancora in questi nostri tempi; il che ha tenuto e tiene la Italia disunita e inferma. Per tanto, nel descrivere le cose seguite da questi tempi ai nostri, non si dimosterrà più la rovina dello Imperio, che è tutto in terra, ma lo augumento de’ pontefici e di quegli altri principati che di poi la Italia, infino alla venuta di Carlo VIII, governorono. E vedrassi come i papi, prima con le censure, di poi con quelle e con le armi insieme, mescolate con le indulgenzie, erano terribili e venerandi; e come, per avere usato male l’uno e l’altro, l’uno hanno al tutto perduto, dell’altro stanno a discrezione d’altri.