Istorie fiorentine/Libro quarto/Capitolo 24

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Libro quarto

Capitolo 24

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Non riuscita adunque questa impresa, i Dieci che di nuovo presono il magistrato mandorono commissario messer Giovanni Guicciardini. Costui, il più presto che possé, si accampò alla terra; donde che il Signore, vedendosi strignere, per conforto d’uno messer Antonio del Rosso sanese, il quale in nome del comune di Siena era apresso di lui, mandò al duca di Milano Salvestro Trenta e Lionardo Buonvisi. Costoro per parte del Signore gli chiesono aiuto; e trovandolo freddo, lo pregorono secretamente che dovesse dare loro genti; perché gli promettevano per parte del popolo dargli preso il loro Signore, e apresso la possessione della terra, avvertendolo che, se non pigliava presto questo partito, il Signore darebbe la terra a’ Fiorentini, i quali con molte promesse lo sollecitavano. La paura per tanto che il Duca ebbe di questo gli fece porre da parte i respetti, e ordinò che il conte Francesco Sforza, suo soldato, gli domandasse publicamente licenza per andare nel Regno. Il quale, ottenuta quella, se ne venne con la sua compagnia a Lucca, non ostante che i Fiorentini, sapendo questa pratica e dubitando di quello avvenne, mandassino al Conte Boccaccino Alamanni suo amico, per sturbarla. Venuto per tanto il Conte a Lucca, i Fiorentini si ritirarono con il campo a Librafatta; e il Conte subito andò a campo a Pescia dove era vicario Pagolo da Diacceto. Il quale, consigliato più dalla paura che da alcuno altro migliore rimedio, si fuggì a Pistoia; e se la terra non fusse stata difesa da Giovanni Malavolti, che vi era a guardia, si sarebbe perduta. Il Conte per tanto, non la avendo potuta nel primo assalto pigliare, ne andò al Borgo a Buggiano, e lo prese, e Stigliano, castello a quello propinquo, arse. I Fiorentini, veggendo questa rovina, ricorsono a quelli rimedi che molte volte gli avevano salvati, sapiendo come, con i soldati mercenari, dove le forze non bastavano giovava la corruzione, e però profersono al Conte danari, e quello, non solamente si partisse, ma desse loro la terra. Il Conte, parendogli non potere trarre più danari da Lucca, facilmente si volse a trarne da quelli che ne avevano; e convenne con i Fiorentini, non di dare loro Lucca, che per onestà non lo volle consentire, ma di abbandonarla, quando gli fusse dato cinquantamila ducati. E fatta questa convenzione, acciò che il popolo di Lucca apresso al Duca lo scusasse, tenne mano con quello che i Lucchesi cacciassero il loro Signore.