Istorie fiorentine/Libro terzo/Capitolo 28

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Libro terzo

Capitolo 28

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Dopo questo accidente ne nacque un altro di maggiore importanza. Aveva la città, in questi tempi, come di sopra dicemmo, guerra con il Duca di Milano, il quale, vedendo come ad opprimere quella le forze aperte non bastavano, si volse alle occulte, e per mezzo de’ fuori usciti fiorentini, de’ quali la Lombardia era piena, ordinò uno trattato, del quale molti di dentro erano consapevoli, per il quale si era concluso che, ad un certo giorno, dai luoghi più propinqui a Firenze, gran parte de’ fuori usciti atti alle armi si partissero, e per il fiume di Arno nella città entrassero; i quali, insieme con i loro amici di dentro, alle case de’ primi dello stato corressero, e quelli morti, riformassero secondo la volontà loro la republica. Intra i congiurati di dentro era uno de’ Ricci, nominato Saminiato; e come spesso nelle congiure avviene, che i pochi non bastano e gli assai le scuoprono, mentre che Saminiato cercava di guadagnarsi compagni, trovò lo accusatore. Conferì costui la cosa a Salvestro Cavicciuli, il quale le ingiurie de’ suoi parenti e sue dovevono fare fedele; non di meno egli stimò più il propinquo timore che la futura speranza, e subito tutto il trattato aperse ai Signori; i quali, fatto pigliare Saminiato, a manifestare tutto l’ordine della congiura constrinsono. Ma de’ consapevoli non ne fu preso, fuora che Tommaso Davizi alcuno, il quale, venendo da Bologna, non sapendo quello che in Firenze era occorso, fu, prima che gli arrivasse, sostenuto: gli altri tutti, dopo la cattura di Saminiato, spaventati, si fuggirono. Puniti per tanto, secondo i loro falli, Saminiato e Tommaso, si dette balia a più cittadini, i quali con la autorità loro i delinquenti cercassero e lo stato assicurassero. Costoro feciono rubelli sei della famiglia de’ Ricci, sei di quella degli Alberti, duoi de’ Medici, tre degli Scali, duoi degli Strozzi, Bindo Altoviti, Bernardo Adimari, con molti ignobili, ammunirono ancora tutta la famiglia degli Alberti, Ricci e Medici per dieci anni, eccetto pochi di loro. Era intra quegli degli Alberti non ammunito messer Antonio per essere tenuto uomo quieto e pacifico. Occorse che, non essendo ancora spento il sospetto della congiura fu preso uno monaco stato veduto, in ne’ tempi che i congiurati praticavano, andare più volte da Bologna a Firenze: confessò costui avere più volte portate lettere a messer Antonio, donde che subito fu preso, e benché da principio negasse, fu dal monaco convinto, e per ciò in danari condennato, e discosto dalla città trecento miglia confinato. E perché ciascuno giorno gli Alberti a pericolo lo stato non mettessero, tutti quelli che in quella famiglia fussero maggiori di quindici anni confinorono.