Italia - 27 maggio 2008, Intervento del ministro della Giustizia Angelino Alfano al plenum straordinario del Consiglio Superiore della Magistratura

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Angelino Alfano

2008 Discorsi Intervento del ministro della Giustizia Angelino Alfano al plenum straordinario del Consiglio Superiore della Magistratura Intestazione 3 giugno 2008 75% Discorsi

Signor Vice Presidente, Signori Consiglieri,

mi sia consentito innanzitutto rivolgere un indirizzo di saluto al Presidente della Repubblica e un vivo ringraziamento per l’attenzione con cui Egli ha voluto seguire sin dagli esordi l’azione del Governo in materia di giustizia.

Desidero poi confermare l’intendimento di intraprendere la nostra azione nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione con l’organo di auto governo della Magistratura.

Il metodo sarà dunque quello del confronto continuo, rispettoso delle reciproche sfere di autonomia e delle cadenze proprie del dialogo tra istituzioni, ma aperto anche ad una più ampia discussione con l’intero mondo della magistratura, con gli esponenti dell’associazionismo, e con gli altri operatori del diritto.

Mi gioverò del vostro parere e mi auguro, anche per quanto riguarda il concerto, che si possa riprendere la prassi dell’incontro diretto tra il Ministro e la quinta Commissione per la nomina dei direttivi ed ancora mi auguro che frequenti e proficue possano essere le occasioni di mia partecipazione ai lavori del plenum.

Sono peraltro componente di un Governo appena eletto presieduto da Silvio Berlusconi e portatore di un programma sulla giustizia supportato da un ampio consenso elettorale, ispirato da una richiesta di ragionato cambiamento e sulla cui realizzazione, nei tempi previsti dalla nostra democrazia costituzionale, noi che oggi siamo al Governo torneremo ad essere giudicati.

Crediamo nel dialogo come metodo per far emergere decisioni condivise, nella consapevolezza, tuttavia, di dover comunque assumere, nel momento della sintesi, le determinazioni che ci competono. Dunque dialogo e decisioni; confronto e scelte.

Anche ai problemi di carattere emergenziale sarà data una rapida risposta seguendo il metodo indicato, nel rispetto delle direttive di sistema.

Un punto merita di essere particolarmente rimarcato nel nostro programma di governo: quello che vuole rilanciare l’azione riformatrice per rendere più efficace ed efficiente il sistema della giustizia, nell’interesse dei cittadini, in attuazione dei principi costituzionali del giusto processo, per una maggiore tutela delle vittime e degli indagati. In ciò perfettamente consapevoli dell’importanza del compito e della circostanza che non di questa o di quella misura si tratta, ma di intervenire con una pluralità di strumenti che, dopo avere offerto adeguate risposte alle urgenze abbandonino la logica emergenziale e ambiscano alla ricerca di nuovi assetti di sistema.

Per fare ciò non è necessario avventurarsi in ennesime grandi riforme legislative, magari soltanto declamate, ma sforzarsi di ricercare soluzioni efficienti e il più possibile condivise. A cominciare dalla riforma del codice civile e del codice penale riguardo ai quali è stato svolto un lavoro che non va disperso. In questo senso è mio intendimento portare tale lavoro a rapida sintesi con l’aiuto di esperti e trasferire al Parlamento nel più breve tempo possibile i progetti di riforma offrendo così ad esso, che in questa circostanza trarrà giovamento dal nostro bicameralismo perfetto, l’opportunità di pronunciarsi avendo tempo e modo di trovare forme ampie di condivisione su materie così importanti. Nello svolgimento di quest’opera occorre essere consapevoli che al centro del sistema giustizia vi è la persona che cerca la tutela dei propri diritti ed alla quale vanno fornite risposte concrete ed immediate. Frequente e viva è, infatti, tra gli operatori del diritto (legislatore compreso) la tendenza a considerarsi il centro del processo riformatore del sistema giustizia. Invece no: in principio ed alla fine di un processo, sia esso civile o penale, vi è una persona, un uomo che sente lesi i propri diritti e che chiede allo Stato una risposta, che chiede allo Stato giustizia. Un uomo che trepida e che patisce il ritardo della giustizia cogliendo già in esso, nel ritardo, la negazione del proprio diritto e la frustrazione della propria pretesa.

Ecco, non dimentichiamoci mai, anche quando leggiamo le statistiche sui ritardi e sugli arretrati e sul numero dei giudizi pendenti , che dietro ogni giudizio c’è una persona. E ricordiamoci che il rapporto che il singolo cittadino ha con la giustizia, il grado di fiducia del singolo cittadino nella giustizia, finisce con il coincidere con il grado di fiducia del cittadino nei confronti dello Stato.

Allo stesso modo il cittadino che ha sbagliato deve scontare la pena ma deve farlo in luoghi rispettosi della dignità umana ed idonei a consentire la funzione rieducativa della pena medesima. Mi vengono in mente, a tal proposito, le parole di S. Tommaso d’Aquino: "Iustitia sine misericordia crudelitas est, misericordia sine iustitia mater est dissolutionis" (dal commento al Vangelo di S. Matteo cap 5 par.2).

Questi anni hanno visto concentrarsi l’attenzione dell’opinione pubblica, delle forze politiche e delle istituzioni soprattutto sui problemi della giustizia penale, sottovalutando la gravità dello stato della giustizia civile. Credibilità e competitività del Paese, infatti, sono strettamente connesse al funzionamento del servizio giustizia. I costi economici connessi alla durata delle procedure giurisdizionali sono infatti vari e rilevanti, diretti ed indiretti.

Rientrano tra i primi gli oneri diretti derivanti dai ricorsi individuali contro lo Stato italiano avanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per violazione dei termini di ragionevole durata del processo.

Al novero dei secondi appartengono gli effetti macro e micro economici imputabili alla durata dei processi. A tal riguardo le analisi degli economisti dimostrano ampiamente la correlazione esistente tra la durata dei processi, il mercato del credito ed il mondo reale delle imprese, determinando distorsioni nel funzionamento dei mercati, sia a livello interno sia a livello internazionale.

Non si tratta di metter mano ad un’ennesima riforma del processo civile, anche se talune modifiche appaiono imprescindibili. Occorre intervenire soprattutto sulle risorse e sulle strutture, proseguendo, in particolare nell’opera di informatizzazione e ricercando forme alternative di risoluzione delle controversie, anche attraverso il ricorso all’istituto della mediazione, che potrebbe consentire una reale deflazione del carico giudiziario.

Anche dalla riforma organica della magistratura onoraria potrà derivare un proficuo vantaggio, in un’ottica di recupero e valorizzazione delle diverse professionalità, finalizzata alla flessibilità delle risposte e delle strategie di fronte ai bisogni emergenti di una società che cresce.

Non a caso il programma del governo prevede un aumento delle risorse per la giustizia, con una diversa priorità nell’allocazione delle stesse: in definitiva più razionalità nelle spese, più investimenti nell’amministrazione della giustizia quotidiana, a partire dalla giustizia civile.

In materia di giustizia penale va anzitutto registrato come i progetti di riforma del codice penale, elaborati dalle diverse commissioni ministeriali, e torno ad un concetto già parzialmente espresso, convergono su numerosi principi generali.

Cito, a solo titolo di esempio, la valorizzazione della posizione delle vittime nel procedimento penale che si traduce in un obbligo generale di risarcimento del danno, anche non patrimoniale, derivante dal reato, e nel potere del giudice di ordinare, nella sentenza di condanna, specifiche misure di riparazione, oppure, ancora l’introduzione di un sistema di pene prescrittive che si affiancano alle pene detentive e pecuniarie e consistono nell’imporre al condannato obblighi e comportamenti specifici (ad es. lavori di utilità pubblica; divieti di frequentare luoghi o persone; etc.); e, infine una disciplina della confisca quale vera e propria sanzione estesa a tutto il patrimonio mobiliare e immobiliare del condannato.

Anche la riforma della procedura penale si basa su linee guida ormai condivise dalla comunità scientifica.

Alcune di queste, del resto, sono direttamente imposte dal diritto comunitario, dall’unione europea e dalle risoluzioni del Consiglio d’Europa con particolare riferimento alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU).

In particolare, in questa prospettiva, vanno inquadrate:

a) la “mediazione penale” che implica l’allargamento dei modelli di giurisdizione e delle alternative al processo;

b) il ruolo delle “ vittime del reato” con l’ampliamento della partecipazione della vittima al processo penale, in vista del risarcimento del danno e della riparazione delle conseguenze del reato;

c) la cooperazione giudiziaria specialmente nei rapporti tra Stati membri dell’UE.

Sul fronte ordinamentale bisognerà dare attuazione alla riforma per ciò che concerne, tra l’altro, la formazione dei magistrati.

La Scuola della Magistratura non è ancora in funzione, ma confido nel sollecito completamento degli aspetti logistici.

È necessario inoltre completare la designazione dei componenti del comitato direttivo da parte del Consiglio Superiore della Magistratura e comunque, in ogni caso, tutto ciò sarà oggetto di una intensa collaborazione con il Consiglio medesimo.

Una attenzione particolare va riservata al problema sempre più vivo della riqualificazione del personale amministrativo. E’ questa una delle lacune dell’azione ministeriale che intendiamo colmare al più presto, così come intendiamo utilizzare, in un generale recupero di efficienza, quanto suggerisce, nel suo programma quadro, la Commissione Europea per l’efficacia della giustizia istituita dal Consiglio d’Europa.

Per quanto riguarda l’ordinamento giudiziario nel suo insieme non è intenzione del Governo procedere ad un ennesimo stravolgimento degli assetti, ma è suo fermo desiderio quello di realizzare alcuni obiettivi qualificanti con la necessaria gradualità e con il proficuo confronto con la magistratura in tutte le sue espressioni.

La mia viva aspirazione del nostro Governo è che finalmente si possa dar vita ad una fase nella quale i problemi della giustizia vengano affrontati, pur nelle diverse prospettive politiche, con rigore tecnico e concettuale, ispirandoci a quel principio per il quale si porta al vaglio degli elettori un’idea di giustizia e si ritorna al loro cospetto enunciando ciò che si è fatto e la coerenza tra ciò che si è fatto e ciò che si era detto di voler fare: questo, nelle democrazie occidentali, si chiama principio di responsabilità ed a questo ci ispireremo.