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Italia e Grecia/Lettera al Ministro greco Papagiropoulo

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Lettera al Ministro greco Papagiropoulo pel rifiuto della Commenda dell’ordine del Salvatore

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Lettera al Ministro greco Papagiropoulo pel rifiuto della Commenda dell’ordine del Salvatore
Lettere all'Editore Pro Candia
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Con la precedente lettera ricevetti, infatti, la seguente, dell’ottobre 1887, che l’on. Cavallotti allora diresse al Ministro di Grecia in Roma, signor Papagiropoulo, in risposta all’annunzio ufficiale che gli dava di aver ricevuto da Atene per lui il diploma e le insegne di Commendatore dell’Ordine del Salvatore.




On. signor Ministro

e caro amico,

Quando, nei dì che la Grecia, con l’impeto dei sacri entusiasmi, accingevasi al compimento dei propri destini, io venni a chiederle, se per un poeta italiano e [p. xiv modifica]per una schiera di compagni suoi ci era un poco di posto sotto le greche bandiere, e la di lei mano strinse con fraterna effusione la mia; e quando nella Camera italiana, innanzi agli egoismi europei, evocavo per la causa di Grecia l’apostrofe del grande livornese: «O perchè dal turbante dell’infedele non isbarraste tanto di tela che bastasse a coprire le sue membra cristiane?» — in quei giorni, signor ministro, parlava in me semplicemente una gratitudine antica. Alla Grecia, alla sua storia, alla sua arte, ai suoi poeti, dovevo non dimenticabili diletti [p. xv modifica]della mente, emozioni care dell’arte, ore liete, ispirazioni serene.

Ma il poeta di Alcibiade, di Leonida e di Aristomene, ma il traduttore di Tirteo aveva anche appreso ad amare la Grecia, due volte madre e maestra della patria mia: prima nella vita del pensiero e nell’arte, poi ne’ sacrifici e ne sublimi eroismi che in questo secolo s’imposero al mondo e rovesciarono la pietra del sepolcro secolare. — Se questo affetto scaldò qualche mia pagina, quale compenso più caro potevo ambire del sapere che la parola del poeta, abbellita, in riva all’Ilisso, di [p. xvi modifica]greche forme, ritrovò qualche eco nei cuori di Grecia? Ella me ne offre un altro nel nome del Governo del re; e il sentimento che a me vieta, per coerenza a; miei principii, l’insignirmene, non però mi vieta di intendere e di sentire, con riconoscente animo, la gentilezza del pensiero.

Il governo ellenico certo ha voluto nella onoranza ad un poeta italiano, semplicemente significare il più vero ed antico e gentile dei vincoli che uniscono i due paesi: il più gentile e il più forte: perchè li interessi che a volte addormentano e dividono i [p. xvii modifica]popoli, o rendono possibili nel diritto delle genti certe grandi violenze, il tempo li sposta e li muta; ma una cosa sfida e supera il tempo, la poesia, eterna luce, comune lingua, interrogatrice di tombe, fatta di entusiasmi e di ideali, di voci del sangue e di memorie del cuore.

Il governo del re, del quale Ella è meco l’affettuoso interprete, si accerti che il gentile pensiero non andrà, perduto. E della cortese testimonianza di onore, per me eccessivo non accettabile premio, rimarrà — a me accetta caramente — la parte migliore: [p. xviii modifica]un saluto della terra di Botzari all’arte italiana, che l’arte italiana raccoglie, augurando non remoto il dì, in cui alla Grecia, superba del suo grande e bel sogno compiuto, l’Italia sorella rammenti, colla voce de’ poeti suoi, la gloria e l’orgoglio di un comune destino. Così sia auspicio di quel giorno l’abbraccio che Italia ed Ellenia ricamberanno fra breve là nella sacra Zacinto inaugurando il marmo di Foscolo.

Voglia Ella ecc.


Suo dev.mo
Felice Cavallotti.
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Da quanto precede, i lettori avran capito perchè la prefazione in queste pagine è sostituita da due lettere a me indirizzate, l’ultima delle quali mi giunse appunto quand’ero ancora trasognato per la notizia dell’inattesa sventura.

Così il colpo che squarciò la gola dell’Amico infelice, gli recise altresì la vagheggiata speranza di veder riunito in questo volumetto quanto, con fervore di patriota, con immaginosa parola di artista, egli disse e scrisse per la Grecia nel volgere delle sue recenti peripezie, riportandosi dalle sciagure del passato alle speranze non morte di un migliore domani. Anzi, la prefazione, che doveva essere la sintesi dell’animo Suo nella questione Ellenica, rimase vagolante nel cuore del poeta gentile e, forse, come incerta immagine, questa Egli carezzò nella mente inquieta nelle tristi ore che precessero lo scontro fatale!

Alla memoria di Lui è, per ciò, ben dovuto l’omaggio del Parlamento greco, omaggio che è la più nobile, la più alta manifestazione di affettuosa gratitudine che a straniero possa rendere la Rappresentanza d’una Nazione sorella.

Questo ed il plebiscito di dolore che, nel [p. xx modifica]giorno nefasto, amici ed avversari congiunse concordi, sono il tributo dovuto alle virtù dell’Uomo dalla fiera energia, all’indomito battagliero.

Poichè, senza distinzione di parte, in ciò tutti convengono: che la grande e maschia figura di Felice Cavallotti, nelle lotte incruenti per l’Arte o sui campi di battaglia, letterato o uomo politico, poeta o garibaldino, inspirato fu sempre alla grandezza della Patria, al bene dell’Umanità.

Qui non è luogo, nè a me è dato commemorarlo. Modesto figlio del lavoro, mi sia, soltanto, concesso di salutare riverente la memoria del lavoratore instancabile, che col cuore, con la mente, col braccio, fu esempio raro, se non unico, di patriottica combattività irrequieta. E ciò mi sia concesso da queste pagine che portano qualcuno dei suoi ultimi pensieri ed il ricordo d’una delle migliori cause ch’Egli ebbe sempre strenuamente a difendere: quella degli oppressi!


13 marzo 1898.


Niccolò Giannotta