Juvenilia/Libro II/Alla Libertà

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XXXV.

ALLA LIBERTÀ

rileggendo le opere di vittorio alfieri


Te non il canto che di tenue vena
Lene a gli orecchi mormora e deriva
Né sottil arte di servil camena
4Lusinga, o diva.

Te giova il grido che le turbe assorda
E a l’armi incalza a l’armi i cuor cessanti,
Te le civili su la ferrea corda
8Ire sonanti:

E sol tra i casi de la pugna orrendi
E flutti d’aste e fulminose spade
Nel vasto sangue popolar discendi,
12O libertade.

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Tal t’invocava su la terra attèa
Trasibul duro ne’ dubbiosi affanni,
E cadean ostie a la cecropia dea
16Trenta tiranni:

Tal, sollevato il parricida acciaro,
Teste di regi consecrando a Dite.
Bruto e Virginio un dí ti revocaro
20Diva quirite.

Ma quale inermi a te le mani porge
Di tra una plebe che percossa giace
Non del tuo viso l’alma luce ei scorge;
24Ma senza pace

Assidua larva tu lo premi: ei vola
Tra le tue pugne co ’l desio veloce,
E muto campo gli è il pensiero e sola
28Arme la voce.

Tale il tuo nume nel gran cor portando
Correva Italia l’astigiano acerbo,
E trattò il verso come ferreo brando,
32Vate superbo:

Te fra gli avelli sotto il ciel romano
Chiamava; e il nome giú per l’aer cieco
Cupo rendeva a lui dal vaticano
36Vertice l’eco.

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Tu l’implacato allór flutto d’Atlante
Rasserenavi de le die pupille:
Aspri deserti sotto le tue piante
40Fiorian di ville.

Quindi crollando la corusca lancia
Saltasti in poppa a i legni di Luigi,
E ti scortaro i cavalier di Francia
44Dentro Parigi.

Ma noi te in vano al tuo già sacro ostello
Desiderammo, triste itala prole:
Senza te mesto il cielo ed è men bello
48Il nostro sole.

Torna, e ti splenda in man l’acciar tremendo
Quale tra i nembi ardente astro Orïone;
Deh torna, o dea, co ’l bianco piè premendo
52Mitre e corone.