L'amor coniugale e le poesie d'argomento affine/De amore coniugali/Libro I/VI

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VI. Alla moglie

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VI

ALLA MOGLIE

(1482-’84?)


Cara, il suo vedovo letto conserva al marito lontano,
se non fu dato invano pegno d’eterno affetto.

Non farlo per altri, imitando le donne leggere e cattive,
le promesse votive caste dimenticando.4


Quello che primo il ferro crudele al suo fianco legava
e audacemente armava primo l’atroce guerra

uccidan le Furie e il carcame raspando ne tolga alla fossa
Cerbero e roda l’ossa con la rabbiosa fame.8

Quello rapiva alla cara consorte il mio giovane amore:
piange il mio solo cuore la lontananza amara.

L’armi non già il nemico feriscon, ma il cuor d’un amante.
Via! la mia vita errante torni al riposo antico.12

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Frattanto del caro lontano tu memore sempre e pensosa
non pregherai, o sposa, pel suo ritorno invano.

Presso è la madre pia e pur la sorella è presente,1
e allevian per l’assente la tua malinconia.16

T’insegna l’attesa crudele illudere in facile svago
con l’opera dell’ago Penelope fedele,

cui non il lungo errore mutò, né d’Ilio la guerra:
ferma nel petto serra l’inoblïato amore.20

Casta rimani: l’oro non piàcciati o il tristo piacere:
pure serbarsi e altere, spose, è il miglior decoro.

Quando col fuso consoli le tristi di me ricordanze
e dalle chiuse stanze esci al festivo sole,24

pensa alle mille mie pene, all’umido cielo pluviale,
al freddo siderale delle notti serene;

temi il nemico ferro che pende sul capo al tuo sposo,
ogni periglio ascoso temi dell’ardua guerra.28


Laodamia2 fedele, negletta, disciolte le chiome
pensa allo sposo e come vedova, mesta siede.

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Parlan talor le vicine a lei d’ogni vezzo già schiva:
“Rendi la grazia, o diva, al disadorno crine;32

rendi alla vedova mano gli anelli, le gemme al tuo serto.”
Piange il suo cuor deserto Protesilao lontano:

piange e non piú s’adorna, gli anelli e le gemme non cura
se dall’iliache mura Protesilao non torna.36


E Capaneo di Tebe movendo alla guerra nefasta,
tal non Evadne3 casta tristi spargea querele?

E notti e giorni sola traendo, ne sviene al dolore,
per il lontano amore nulla il suo cuor consola.40

Non canti, non portici o danze, non sacre preghiere devote,
non le festive note, non di giardin fragranze.

“Evadne, perché resti sola? perché nella casa piangendo
stai, la lenta traendo tua lagrimosa spola?”44

“Misera me, lontana la gioia è dei cari miei giorni:
per chi vuoi tu che adorni la mia bellezza vana?”

Eccola in mezzo alle ancelle intenta a filar le sue lane
nell’ascose lontane squallide mute celle.48

Lode già s’ebbero grande esempio d’eroica costanza:
degna di ricordanza la morte fu d’entrambe.

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Non certo ti spingono, o cara, gli esempi a che trovi piacere
nel tuo dolce dovere, nella costanza rara:52

tu stessa ben sai: te lo dice la bella virtú che t’adorna
e il pensier che ritorna del marito infelice:

e so che ben ti consigli: che curi la casa al lontano,
che non t’adopri invano per i tuoi dolci figli.56

Forse mi chiederai se m’abbia un eguale pensiero
di te, se a cuor sincero confidar ti potrai:

oh, non in facile modo la cara concordia ci avvinse,
né senza pegno strinse la nostra destra il nodo!60

Io mi pensai non un’ora trascorrere piú di te privo
e mi sentii giulivo della tua fede ancora.

Tu sol mia quïete presente, tu sol mio pensiero lontana,
tu del suo cuor sovrana guidi lo sposo assente.64


Pur mi sarà concesso, se lieta la pace ritorni,
i desïati giorni vivere a te da presso:

godere nell’ozio sereno le gioie soavi del letto
nel mutuo diletto stringerti al caldo seno.68

Serbaci, o casto Imene, i vincoli puri del cuore,
rinascerà l’ardore nel rinnovato bene.

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Memore sia frattanto del sacro nuziale pudore:
presto verrà il tuo amore: terga la speme il pianto.72

Né la speranza t’inganna: trasvola già l’ultima estate,
l’uve di già pigiate gemon la dolce manna,

già dall’illirica riva il freddo aquilone s’avanza:
“Scalda la chiusa stanza, ecco la neve arriva!”76

Presso è l’inverno e pare che stanco il guerrier già sen vada
a riportar la spada al suo paterno lare.

Ed anche a me già sembra di giunger sul tuo limitare,
sento già d’abbracciare le desïate membra.80

Ecco: tra le mie braccia tu quasi esanime cadi
e tra sospiri radi par che il tuo cuor si sfaccia:

e quando alla vita ritorni ti narro con lunghe parole
quanto il mio cuor si duole dei vedovi suoi giorni;84

e tu m’abbracci intanto, di baci ricopri il mio viso:
non piú da te diviso vedi lo sposo accanto.


Non mi sarai piú tolta, o sposa, o solo mio bene:
puro divino Imene, queste preghiere ascolta!88


Note

  1. La madre del Pontano: Cristiana; della sorella non sappiamo il nome. L’altra sorella, Pentesilea, era morta di 7 anni quando il Pontano era ancora in fasce. (Tallarigo. Op. cit. I p. 13.)
  2. Moglie di Protesilao, che fu ucciso da Ettore nella guerra di Troia. All’annunzio della sua morte, Laodamia si uccise.
  3. Moglie di Capaneo che si uccise gettandosi tra le fiamme della pira del marito.