Capitolo ventunesimo
../Capitolo XX
../Capitolo XXII
IncludiIntestazione
31 luglio 2010
75%
Filosofia
<dc:title> L'apologia di Socrate </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Platone</dc:creator>
<dc:date>IV secolo a.C.</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XXI&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110418175121</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XXI&oldid=-
20110418175121
L'apologia di Socrate - Capitolo ventunesimo PlatoneFrancesco AcriIV secolo a.C.
E credete che poteva durar tanti anni se io era in pubblici ufficii, sostenendo, come si conviene a dabbene uomo, il giusto, e di quello, com’egli è debito, facendo estimazione piú che di ogni altra cosa? Oh no! Ateniesi; né io né verun altro. E io per tutta la vita, e in pubblico, se feci mai cosa alcuna, tale apparirò, e tale in privato, come a niuno mai concedente nulla contro il giusto, chiunque fosse, a niuno, né anche di questi che i miei calunniatori chiamano miei discepoli. Io poi non fui maestro mai di alcuno: e se, parlando e badando io ai fatti miei, alcuno mi vuole udire, sia giovane sia vecchio, non ho detto no mai; né se mi dàn danaro in mano apro bocca, e se non me ne dànno, no; ma similmente e a ricco e a povero mi profferisco per interrogare se voglion rispondere e stare a udire quello che dico io. E o buono diventi alcuno di loro o no, dire che la cagione sono io non sarebbe giusto; io, che a niuno di loro né ho promesso mai d’insegnare né ho insegnato mai niuna dottrina: e se alcuno dice aver mai imparato o udito da me cosa privatamente, la quale tutti gli altri no, sappiate che non dice vero.