L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/II. Carteggio/LIX. Al duca di Laurenzano

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II. Carteggio - LIX. Al duca di Laurenzano

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LVI 1 I

DI NICOLA GAETANI DELL’AQUILA D’ ARAGONA

DUCA DI LAURKNZANO

Manda copie da distribuire del suo libro: Avvertimenti intorno alle passioni dell’animo.

Essendo terminato di stamparsi un mio libro sopra il buon uso delle umani passioni, che per mio trattenimento mi posi in animo di scrivere, ho stimato di non poterli dare spaccio piú onorevole che mandarne le copie nelle mani de’ letterati uomini della nostra patria: non giá perché io intenda di mettere sotto i di loro occhi cosa di molto pregio, ma affinché riceva presso di loro quel lume e schiarimento che da se stesso non potrebbe conseguire. Per lo cui effetto ed in significazione della singoiar stima che io sempre mi ho coltivato nell’animo della persona di Vostra Signoria, le ne fo giungere dieci di esse copie, una per lei, e all’altre nove la priego di far ottenere la medesima sorte in dispensandole a’ letterati suoi amici per testimonianza della mia attenzione che sempre mai avrò per li meriti di ciascheduno, e spezialmente per quello di Vostra Signoria, a cui mi esprimo, ecc.

Piedimonte, 14 febbraio 1732.

LIX

AL DUCA DI LAURENZANO Elogia il libro anzidetto.

Rendo infinite grazie a Vostra Eccellenza del prezioso dono eh’ Ella ha degnato farmi della Sigtioril morale , c’ha scritto a’ signori suoi nipoti, il quale mi è giunto adorno di tre onorevoli circostanze: e d’esser accompagnata da vostro gentilissimo foglio, [p. 231 modifica]

e d’avermi fatto render e l’un e l’altro per le prepiate mani del signor abate Giuvo, e di avervi uniti nove altri esemplari de’ quali io mi fussi onorato co’ miei signori ed amici.

In legger il titolo mi si è rappresentato l’eroico romano costume, col qual i zii educavan i lor nipoti, di che è quel motto di Giovenale: «quarti sapimus patruos»; mi venne innanzi Cicerone, il qual, ricco di matura sapienza cosi riposta di gran filosofo come civile di gran politico, scrisse gli aurei libri Degli ufizi al suo unico diletto figliuolo. In addentrarmi nell’opera ho ammirato la vostra erudizione e dottrina tanto dell’antiche quanto delle moderne filosofie, e i vari nuovi sublimi lumi de’ quali e quelle e queste illustrate. Pone l’Eccellenza Vostra la virtú nella moderazione delle passioni, ed in ciò ho scorto che non l’irrigidisce con gli stoici, che ne facciano disperare le pratiche, né la riilascia con Epicuro, che ne apra un vii mercato a chiunque ne voglia a suo capriccio l’oppenioni; ma la sente con Platone, dalla cui Accademia quanti scolari, tanti uscirono famosi capitani e politici; la sente con Aristotile, che seppe formar un grand’Alessandro. E mi ha confermato in ciò ch’io sempre ho osservato vero: che, quando scrivono uomini i quali o per signoria o per cariche hanno gran parte nelle repubbliche, sempre danno opere sostenute dalla religione e dalla pietá. Né invero libri perniziosi agli Stati son usciti che da autori o della vii feccia de’ popoli o malcontenti de’ loro Stati.

Lo stile poi, il quale dipigne al vivo la natura degli scrittori, con una splendida frase dappertutto spira una nobiltá generosa, qual è propia della vostra grandezza; ond’aveva la ragione il dottissimo cardinale Sforza Pallavicino, ch’ove lodar voleva alcuno scrittore dallo stile (di cui scrisse un libro picciolo di mole, ma di gran peso), diceva: — Scrive da signore. — Perché certamente, se si faccia il calcolo de’ libri di conto c’han sofferto la lunghezza de’ tempi, si truoverá che le tre parti sono stati scritti da uomini nati nobili, appena la quarta da’ nati bassi.

Finalmente nelle vostre luminose canzoni, mescolate d’un’aggradevole gravitá, nelle quali uscite talvolta secondo il proposito