Capitolo undicesimo
../Capitolo X
../Capitolo XII
IncludiIntestazione
31 luglio 2010
75%
Filosofia
<dc:title> L'apologia di Socrate </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Platone</dc:creator>
<dc:date>IV secolo a.C.</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XI&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110418165059</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=L%27apologia_di_Socrate/Capitolo_XI&oldid=-
20110418165059
L'apologia di Socrate - Capitolo undicesimo PlatoneFrancesco AcriIV secolo a.C.
E questa difesa, quanto alle colpe delle quali mi hanno accusato i primi miei accusatori, basta. Da Meleto ora mi proverò di difendermi; il buono, l’amante della città, come dice; e dagli altri venuti poi. E dacché questi accusatori son diversi da quelli, la loro giurata querela ripigliamola. Su per giú dice : «Socrate è reo verso ai giovani, guastandoli; e verso agl’Iddii, in quelli non credendo ne’ quali la città crede, ma sí in strane cose demoniache, e nuove». Tale è l’accusa: esaminiamola capo per capo. Dice che io sono reo verso i giovani, perché li guasto; e io dico che reo è Meleto, perché scherza pensatamente, trae in tribunale le persone leggermente, e dà a vedere di curarsi molto di cose delle quali nulla non si curò mai. Ch’ella è cosí, mi proverò di mostrarvelo.