La FAO/4

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L'evoluzione dal 1990 ad oggi

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4. L’EVOLUZIONE DAL 1990 AD OGGI

L’ultimo grande risultato della fine degli anni 80 fu la creazione dell’Agrostat (ora Faostat) nel 1986. Essa rappresenta la più autorevole fonte di informazione statistica in materia agricola del mondo, grazie anche ad un sempre aggiornato database on-line fornito di tre milioni di records su agricoltura, nutrizione, pesca, livello delle foreste, livello e grado di popolazione rurale nei vari stati del mondo, etc.

Il più significativo di tutti gli eventi succedutisi in questi quindici anni può a pieno titolo considerarsi la scelta nel 1994 di Jacques Diouf come Direttore Generale della Fao. Dopo la conferma nel 2000 del suo secondo mandato, nel gennaio 2006 ha riottenuto la piena fiducia dell’Organizzazione per compierne un terzo.

L’inizio del primo mandato del neoletto direttore ha visto la nascita di due importanti progetti: il Programma speciale per la sicurezza alimentare (Special Programme for Food Security) ed il Sistema preventivo di emergenza contro le malattie transfrontaliere degli animali e delle piante (Emergency Prevention System for Transboundary Animal and Plant Pests and Diseas).

Il programma SPFS ha come obiettivo primario il dimezzamento entro il 2015 del numero delle persone che soffrono la fame nel mondo (attualmente circa 852 milioni di individui). Attraverso i progetti in più di cento Paesi, si cerca di dare una risposta effettiva ai problemi della fame, della malnutrizione e della povertà in forza di due modalità: aiutando le autorità nazionali ad individuare e pianificare programmi di sicurezza alimentare nazionale e lavorando a fianco di organizzazioni economiche regionali per sviluppare programmi e politiche regionali di sicurezza alimentare.

Se all’inizio alcuni Stati avevano delle riserve in merito alla riuscita del programma, resta comunque da prendere atto che dal 1995 sono state mobilitate risorse finanziare per un ammontare (attualmente) di 770 milioni di dollari passando dalle 15 nazioni partecipanti nel 1995 alle oltre 70 del 2002. Un risultato sine dubio emerito, sulla cui falsariga bisogna continuare ancora a lottare , poiché la “FAO must continue to be a strong and persistent advocate for hunger reduction”. Congiuntamente a questa straordinaria iniziativa, l’Organizzazione lancia il Sistema preventivo di emergenza contro le malattie transfrontaliere degli animali e delle piante. Il progetto EMPRES prevede che le istituzioni internazionali «s'efforceront d'assurer une prévention efficace et une maîtrise progressive des infestations de ravageurs et des maladies des animaux et des plantes, notamment lorsqu'elles sont de nature transfrontière ..., là où l'apparition de foyers peut provoquer des pénuries alimentaires importantes, déstabiliser les marchés et déclencher des mesures commerciales; et encourageront parallèlement une collaboration régionale dans le domaine de la lutte contre les maladies des plantes, les ravageurs et les maladies des animaux, ainsi que la mise au point et l'utilisation généralisées de méthodes de lutte intégrée contre les ravageurs».

L’evoluzione del programma ha portato però ad innescare la priorità d’azione sui fattori di malattie transfrontaliere delle piante (in special modo contro le criquet pélerin, ovverosia le famigerate locuste del deserto dell’Africa e dell’Asia) creando una sperequazione di fondi d’investimento e soprattutto rischiando di compromettere seriamente il programma contro le malattie transfrontaliere degli animali. Il destino ha voluto poi che tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 esplodesse il caso “dell’influenza aviaria” la quale ha comportato ingenti danni e gravosi rischi per una cifra indefinibile di persone. Se i fondi stanziati per l’ EMPRES fossero stati più elevati ed il monitoraggio preventivo di questa malattia più solerte, forse il nocumento generale sarebbe potuto essere meno elevato.

Appena due anni dopo avrà luogo il World Food Summit a Roma . L’adozione plenaria della Dichiarazione di Roma sulla Sicurezza Alimentare Mondiale e del World Food Summit Plan of Action (che hanno visto sia la partecipazione di organizzazioni intergovernative - IGOs – che di organizzazioni non governative - NGOs -) ha notevolmente influenzato l’opinione pubblica su questi problemi ed ha determinato una nuova fase operativa globale.

L’assunzione di sette specifici impegni programmatici nel Plan of Action of the World Food Summit da parte dei Paesi aderenti alla Dichiarazione di Roma costituisce il leitmotiv dell’intero lavoro ed, allo stesso tempo, l’affermazione di una critica realtà fattuale: la statuizione contenuta nel settimo impegno conferma la prassi, previamente instauratasi, della responsabilità governativa per ogni singola realtà statale nell’adozione delle politiche del vertice (i.e. soprattutto nelle campagne nazionali “Food for All”).

Il monitoraggio e la valutazione della situazione della sicurezza alimentare internazionale è stata affidata al comitato Fao CFS, Committee on World Food Security, in seno alle Nazioni Unite: è da segnalare poi che il Right to Food riaffermato dal Summit è entrato a far parte dei valori fondamentali sanciti dalla Costituzione di venti Paesi. Tra i preziosi ausili al Plan of Action è da annoverare il contributo che ha fornito il su esposto progetto SPFS che, rifocalizzando più attentamente la sua attività in seno ai paesi LIFDCs, ha creato una stretta cooperazione caratterizzata dallo scambio di conoscenze tecniche e scientifiche.

Ancora, anche le stesse Nazioni Unite crearono il Network on Rural Development and Food Security in seno all’ Admnistrative Committee on Coordination nell’aprile 1997 con il compito di lavorare, a livello di singolo stato, su gruppi tematici di sviluppo rurale e sicurezza alimentare. Nascendo dallo spirito del World Food Day (che si celebra ogni anno il 16 di ottobre), nel 1997 la Fao ha lanciato la prima edizione del TeleFood , manifestazione audiotelevisiva con il precipuo fine di mobilitare risorse finanziare tramite donazioni dirette degli spettatori palesando loro il drammatico status quo mondiale della malnutrizione e della fame nel mondo. La portata, le decisioni, gli studi che sono scaturiti da questi cinque giorni hanno rappresentato un evento unico della storia contemporanea; purtuttavia, l’entusiasmo dovrà fortemente frenare innanzi ai risultati che saranno esaminati nel 2002 in occasione del successivo vertice mondiale sull’alimentazione.

Nel 2000, su richiesta del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi A. Annan, la Fao adotta una task force per l’iniziativa di un piano d’azione a lungo termine atto a liberare il corno d’Africa dalla fame .

In effetti 70 milioni di persone, corrispondenti al 45% della popolazione, nel corno d’Africa vivono in uno stato d’insicurezza alimentare. L’insufficienza di cibo comporta gravissime conseguenze psico-fisiche soprattutto per i bambini, costretti a sopravvivere al di sotto della soglia minima di calorie giornaliere. Ciò implica il rachitismo per i due terzi dei bambini in Etiopia, la morte di un bambino su cinque in Somalia in età prescolare, la malnutrizione cronica delle donne. Si aggiunga che ogni avverso accadimento naturale distrugge quelle già esigue fonti si sostentamento alimentare esistenti (composte dalle derrate offerte dall’irrigazione dell’un per cento di tutte le terre ivi coltivabili!). Per questo si è deciso di perseguire una politica fondata su tre pilastri: ampliare la possibilità di sussistenza reindirizzando i mezzi di produzione con l’adozione, ove possibile, dell’irrigazione nonché della diversificazione su bassa scala dei prodotti agricoli, proteggere i più indigenti con meccanismi di salvaguardia, stabilizzare i conflitti sociali e/o militari permettendo uno sviluppo tecnologico, socio-economico e cooperazioni regionali.

La scelta metodologica è caratterizzata da strategie stabilite da singoli Country Food Security Programme (CFSP) attinenti sia all’eliminazione nel lungo periodo della minaccia dell’insufficienza alimentare, sia alla rimozione della tragica situazione alimentare attuale. Ferma restando quindi la decisa intenzione di migliorare qualitativamente e quantitativamente la rovinosa realtà del corno d’Africa, l’attuazione in tre steps dei CFSPs (elaborazione, finanziamento, messa in opera) non ha visto, purtroppo, una serrata, produttiva, ed immediata applicazione degli stessi lasciando ancora in balia della tenaglia della fame vittime innocenti. Successivamente la Conferenza della Fao ha adottato nel 2001 il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura destinato a tutelare il lavoro degli agricoltori e degli allevatori di tutto il mondo. Dopo sette anni di negoziazioni con risoluzione 3/2001 la Conferenza ha adottato questa codificazione legalmente vincolante; la definizione data di risorse fitogenetiche è: “any genetic material of plant origin of actual potential value for food and agriculture” . Gli obblighi scaturenti dal trattato mirano, concordemente con la Convenzione sulle Biodiversità, a conservare ed a conseguire un impiego sostenibile delle risorse fitogenetiche nonché a realizzare una giusta e ponderata condivisione dei benefici derivanti. Ciò in virtù di un effettivo, efficiente, e trasparente sistema multilaterale che si applica a più di 64 diversificati tipi di raccolti la cui regolamentazione viene stabilita dal Governing Body of the Treaty nel relativo “Material Transfer Agreement”. L’effetto cui si mira è l’implementazione dello sviluppo agroalimentare con la peculiarità del riconoscimento di basilari diritti per i coltivatori e per gli allevatori che saranno messi in grado di beneficiare di finanziamenti economici a loro volta miranti ad una condivisione dei risultati conseguiti tramite una giusta ed equa utilizzazione collettiva degli stessi.

Nell’anno seguente si svolse, sempre a Roma, il World Food Summit: five years later (WFSfyl). Oltre a ribadire quanto già stabilito nel Summit del ’96, il vertice del 2002 ha chiesto:

  • a) la costituzione di un gruppo di lavoro internazionale incaricato di elaborare direttive generali (non vincolanti) in vista della progressiva realizzazione del diritto al cibo;
  • b) il rovesciamento della tendenza generale al declino del peso dell’agricoltura e dello sviluppo rurale nei bilanci nazionali dei paesi in via di sviluppo, dell’assistenza da parte dei paesi sviluppati, e dei prestiti delle istituzioni finanziarie internazionali;
  • c) la presa in considerazione dei contributi volontari al Fondo Fiduciario della Fao sulla sicurezza alimentare, impegnato a garantire sia la sanità del cibo sia l’adeguatezza degli approvvigionamenti.

Si può senz’ombra di dubbio affermare che essa abbia costituito un forum per la politica contro la fame poiché il dibattito non si è limitato esclusivamente all’interno del summit, ma si è condotto anche in seno a tavole rotonde ad hoc tra i vari soggetti interessati.

I punti focalizzati dagli Stati partecipanti al summit hanno stabilito che le risorse idriche risultano essere insufficienti per l’adozione dei goals prefissati, non c’è stata abbastanza divulgazione delle conoscenze tecniche, gli investimenti adoperati sono risultati essere irrisori, non c’è stata una effettiva volontà politica degli Stati partecipanti al summit del ’96 di tradurre in azione gli impegni presi.

Il più vistoso esempio è rappresentato dalla mancata contribuzione dello 0,7% del PIL dei paesi sviluppati in favore dei paesi in via di sviluppo, nonché dello 0,20 del PIL dei primi a favore dei paesi a bassa industrializzazione.

All’affermazione dell’emergenza umanitaria ed alimentare creatasi con la duplicazione in 40 anni (dai tre miliardi degli anni ’60 ai sei miliardi del 2000) della popolazione mondiale – ed in maniera più che proporzionale di quella che soffre la malnutrizione - , è stata offerta una labile risposta che ha migliorato, a mio avviso (nonostante un eccessivo entusiasmo altrove manifestatosi) , di poco la situazione esistente: la statuizione riportata nella seconda parte del paragrafo 3 della Declaration of the World Food Summit: five years later prevedeva una riduzione annua di individui affetti da cronica carenza alimentare in ragione di 22 milioni l’anno per poter arrivare al dimezzamento entro il 2015 dei circa ottocento milioni di indigenti della Terra; i risultati ottenuti confermano che la riduzione è stata di sei milioni per anno.

L’obiettivo temporale sicuramente non verrà rispettato (si ipotizza la realizzazione entro il 2030), ma ciò non toglie forza e speranza che un giorno questa piaga verrà cancellata. La cooperazione e l’adozione di specifici programmi su tre livelli d’azione, quello internazionale, regionale, nazionale, stabilita da questo vertice tende ad incrementare ulteriormente la realizzazione delle finalità di eradicazione della malnutrizione cronica, dello sviluppo equo delle realtà rurali ed agricole, della stabilizzazione dell’assetto sociale, della possibilità di creazione di infrastrutture, dello sviluppo di un mercato interno, dell’accrescimento del benessere generale.