La Montagna di luce/30. La caccia al traditore

Da Wikisource.
30. La caccia al traditore

../29. L'assalto alla tomba ../31. La fuga del fakiro IncludiIntestazione 20 febbraio 2018 75% Da definire

29. L'assalto alla tomba 31. La fuga del fakiro

30.

LA CACCIA AL TRADITORE


Toby, Indri e Bandhara, dopo d'aver constatato, con stupore ed inquietudine, che fra i morti non vi erano né il fakiro, né Dhundia, si erano slanciati verso le torrette, supponendo che si fossero rifugiati lassù, mentre l'ufficiale ed i rajaputi frugavano i sapwallah colla speranza di trovare indosso a qualcuno il Kohinoor.

Come si può ben immaginare, né gli uni, né il famoso diamante erano stati trovati. Nessuno poteva sospettare che il fakiro era invece così vicino, sepolto sotto l'ombra del colossale tamarindo.

– Dove si saranno rifugiati costoro? – si chiese Toby, dopo d'aver fatto venti volte il giro del mausoleo, di aver visitate le quattro torrette e di aver fatto percuotere tutte le parti per accertarsi che non vi era alcun vuoto. – Che siano fuggiti prima del nostro arrivo? Cosa dici tu, Indri?

– Io credo che questa volta il Kohinoor sia per sempre perduto per me – rispose l'ex favorito del guicowar, con un sospiro. – Sono perseguitato dalla fatalità.

– Che cosa volevano significare le parole di quel gigantesco Barwani? – chiese l'ufficiale dei rajaputi. – La valle... il Senar...; che Dhundia si sia rifugiato presso il fiume?

– Stavo appunto pensando a ciò – disse Toby. – Io sono quasi certo che Dhundia e quel furfante di fakiro hanno derubati questi sapwallah del diamante e che sono fuggiti per la valle del Senar.

– Noi li inseguiremo anche fra le jungle e le montagne del Gondwana – rispose l'ufficiale. – Abbiamo buoni cavalli e uomini valorosi.

– Lasciamo qui alcuni soldati, onde seppelliscano i morti e rimangano a guardia del mausoleo, e andiamo a esplorare la valle. Se poi...

Uno sparo echeggiato fuori dalla cinta, seguìto dal grido: «Ferma!...» gli interruppe la frase.

– Chi ha fatto fuoco? – chiese Indri.

– Una delle nostre sentinelle – rispose l'ufficiale.

Tutti tre si precipitarono fuori dall'edificio, mentre i rajaputi s'armavano in fretta.

Una sentinella che vegliava presso uno degli angoli esterni della cinta, aveva sparato e aveva abbattuto un cavallo, il quale agitava disperatamente le zampe sopra le alte erbe.

– Contro chi ha fatto fuoco? – chiesero ad una voce Toby e Indri.

– Contro un ragazzo che non aveva voluto fermarsi.

– Un ragazzo! – esclamarono il cacciatore e l'ex favorito del guicowar, guardandosi l'un l'altro.

Poi un grido sfuggì ad entrambi:

– Sadras!...

Si erano slanciati verso il cavallo gridando a piena gola:

– Sadras! Sadras!

Le erbe si erano violentemente aperte, ed il ragazzo s'era gettato innanzi, mandando un grido di gioia.

Sahib!... Padroni!...

– Da dove vieni? – chiese Toby, abbracciandolo.

Sahib... Dhundia... sta per giungere... ha degli uomini...

– Quel miserabile! Cosa ne sai tu? – chiese Indri.

– L'ho seguìto... presto... nascondetevi...

Rientrarono tutti precipitosamente nella cinta, mentre l'ufficiale faceva richiamare le sentinelle e gli artiglieri che erano rimasti presso il pezzo.

– Parla, Sadras – disse Bandhara il quale era subito accorso. – Noi ti credevamo morto.

– Sì, parla, parla! – esclamarono Toby e Indri. – Perché ci hai abbandonati?

– Per seguire i ladri del diamante – rispose il bravo ragazzo. – Vedutili fuggire, avevo preso un cavallo, quello del povero Thermati, e mi ero slanciato sulle loro tracce, senza occuparmi di voi, ma certo di ritrovarvi più tardi. Li ho seguiti fino alla valle del Senar, poi quando si ripiegarono, mi nascosi in questi dintorni. Stavo per mettermi in cerca del vostro bungalow, quando vidi Dhundia fuggire assieme ad un sapwallah. Io l'ho seguìto attraverso la valle, sfuggendo alla sorveglianza delle guarnigioni degli hudi ed entrando nel Gondwana. È là che Dhundia ha assoldato dei montanari che ora conduce con sé.

– E perché ha arruolato degli uomini? – chiese Toby.

– Io lo ignoro, sahib.

– Io lo indovino – disse Indri. – Per liberare i sapwallah da noi assediati.

– Allora deve essere fuggito quando stavamo per assediare la tomba della rani.

– Sì, sahib – disse Sadras. – Nel momento che usciva da qui, io ho udito a echeggiare delle trombe.

– Erano quelle dei nostri soldati.

– Se lo avessi saputo, vi avrei subito avvertiti, ma io invece temevo che fossero altri sapwallah – disse Sadras.

– Hai veduto il fakiro insieme a Dhundia? – chiese Indri.

– No, sahib. Era bensì accompagnato da un incantatore, però non era il fakiro.

– Dove sarà fuggito quel cane?

– Ce lo dirà Dhundia – disse Toby. – Dimmi, piccolo Sadras, quanti uomini ha quel briccone?

– Una quarantina.

– Tutti a cavallo, – comando Toby, – e teniamoci pronti a circondare gli alleati di Dhundia. Se non si arrenderanno, daremo battaglia.

– E li mitraglieremo col nostro pezzo – aggiunse l'ufficiale.

Mentre i rajaputi salivano in sella tenendosi nascosti dietro la cinta e gli artiglieri attaccavano il loro cannone, Toby e Indri salirono su una delle torrette, dalle quali si poteva dominare una vasta estensione dell'altipiano.

Vi erano appena giunti, quando videro salire dalla valle il drappello guidato da Dhundia.

Si componeva d'una quarantina di montanari del Gondwana, montati su piccoli cavalli e armati parte di vecchi fucili e parte di lance.

– Non resisteranno ad una sola carica – disse Toby.

– E credi tu che il Kohinoor lo abbia indosso Dhundia? – chiese Indri.

– Ho i miei dubbi. Se avesse potuto prenderlo ai sapwallah, non sarebbe di certo più tornato qui. Quell'uomo deve essere una tale canaglia da tradire anche i suoi amici ed alleati.

– E dove vuoi che sia?

– Nascosto qui, tale è la mia opinione, Indri.

– O in mano di Sitama?

– Ah! Mi scordavo il fakiro!... Dove si sarà cacciato quel birbante? La sua scomparsa è veramente misteriosa, ma Dhundia ci svelerà l'arcano.

Mentre si scambiavano quelle parole, i montanari s'avvicinavano rapidamente preceduti dal socio di Sitama e di Barwani.

A cinquecento metri però, avevano rallentata la corsa. Probabilmente Dhundia non era molto rassicurato dal silenzio che regnava nella tomba della rani, mentre credeva di vederla assediata dalle truppe del rajah.

– Scendiamo o quel birbante è capace di volgere le spalle e fuggire dalla parte donde è venuto – disse Toby.

Avevano appena raggiunto i rajaputi, i quali si tenevano pronti a slanciarsi alla carica, quando si udirono a squillare le note acute d'un taré.

– Che nessuno risponda – disse Toby. – Pronti a partire!...

Un secondo squillo, più forte del primo, echeggiò sull'altipiano. Dhundia chiamava i sapwallah.

– Alla carica! – urlò Toby.

I sessanta rajaputi, divisi in due squadroni, si precipitarono fuori dalla cinta a galoppo sfrenato, mandando urla selvagge e facendo scintillare al sole le loro affilate scimitarre.

Gli artiglieri li avevano seguìti, trascinando il pezzo in una corsa furiosa.

Vedendosi rovinare addosso quei due squadroni, i montanari si erano arrestati preparando le armi, ma dopo una breve esitazione avevano voltate le groppe, fuggendo disperatamente verso la valle.

Dhundia era stato il primo a dare l'esempio, avendo subito riconosciuti fra i rajaputi, Toby, Indri e Bandhara.

– Non occupiamoci che di quella canaglia! – gridò il cacciatore. – Lasciate andare gli altri!...

I montanari, i cui cavalli dovevano essere stanchi, mentre quelli dei rajaputi erano ben riposati, perdevano via.

Per sfuggire meglio all'inseguimento, si erano dispersi per l'altipiano, prendendo varie direzioni, sicché Dhundia era rimasto solo.

Il traditore galoppava verso la valle, colla speranza di guadagnare la frontiera, ma Toby, Indri e Bandhara, che erano ben montati, guadagnavano rapidamente su di lui.

– Fermati, briccone! – urlò Toby. – Fermati, o ti uccido!

Dhundia volse la testa, poi spronò il cavallo lacerandogli i fianchi.

– Fermati! – ripeté Toby. – No! Ebbene, ti smonterò.

Fece impennare di colpo il cavallo, poi con un volteggio degno d'un cavallerizzo da circo, balzò a terra armando rapidamente la carabina.

Si era fermato su un piccolo poggio scoperto, da cui dominava l'altipiano e anche il fuggiasco.

Indri e Bandhara avevano invece continuata la corsa seguìti da otto o dieci rajaputi.

Dhundia, che perdeva sempre terreno, non ostante le sue continue spronate.

Toby, inginocchiato, colla, carabina bene appoggiata sul palmo della mano ed il braccio ripiegato contro l'anca per avere un punto d'appoggio, mirava con estrema attenzione.

Ad un tratto il colpo partì. Il cavallo, colpito alla base della spina dorsale, s'impennò bruscamente mandando un sordo nitrito, poi cadde pesantemente al suolo, sbalzando di sella il cavaliere.

Prima che Dhundia si fosse rialzato, Indri lo aveva raggiunto puntandogli sul petto la canna della carabina.

– Arrenditi, birbante! – gli gridò, mentre Bandhara ed i rajaputi lo circondavano, pronti ad accopparlo coi calci dei fucili.

– Grazia, Indri – balbettò il miserabile, pallido e cogli occhi strambuzzati. – Non uccidermi.

– Dov'è il Kohinoor?

– Rubato, Indri, rubato da Sitama.

– Tu menti, canaglia! – gridò Toby, che giungeva al galoppo. – Noi sappiamo tutto!...

Dhundia fece un gesto di furore.

– Avete disseppellito Sitama? – chiese, digrignando i denti.

Toby, Indri e Bandhara si erano guardati con stupore. Avevano disseppellito Sitama! Cosa volevano significare quelle parole?

– Legate quest'uomo, – disse Toby, volgendosi verso i rajaputi, – e conducetelo nella tomba della rani.

– Mi volete uccidere? – chiese Dhundia, battendo i denti.

– Sì, ti uccideremo come abbiamo già ammazzato Barwani e tutti i suoi banditi, se non parlerai – disse Indri.

– Barwani morto!... Allora sono perduto!...

– Ora te ne accorgi? – chiese Toby.

Il miserabile, accasciato da quella notizia che gli toglieva l'ultima speranza di venire salvato, si era lasciato legare senza opporre resistenza.

Quando giunsero entro la cinta, trovarono i montanari legati e disarmati, eccettuati dieci o dodici che erano riusciti a fuggire nella valle, mercé la velocità dei loro cavalli: si erano arresi senza far uso delle armi.

Sahib – disse l'ufficiale, avvicinandosi a Toby. – Cosa dobbiamo fare di questi prigionieri?

– Lasciateli andare – rispose il cacciatore. – Sono poveri diavoli che non hanno a che fare col Kohinoor. Disarmateli, date loro i cavalli, e che tornino alle loro montagne.

– Sarà fatto – rispose l'ufficiale. – Essi benediranno la generosità dell'uomo bianco.

Toby, Indri e Bandhara condussero Dhundia nel mausoleo, e fattolo sedere, il primo disse:

– Ora, se ti preme la vita, spiegati. Dov'è il Kohinoor.

– Se avete dissotterrato Sitama, è inutile che vi indichi dove si trova.

– Che cosa vuoi dire con queste parole?

Dhundia guardò Toby e Indri con stupore, poi un lampo feroce balenò nei suoi sguardi.

– Ah! Voi non avete trovato Sitama! – esclamò. – Stupido! Stavo per tradirmi. Io morrò, ma tu, Indri, diverrai un paria, perché la Montagna di luce rimarrà dove si trova.

– Mi odi tanto, Dhundia? – chiese Indri.

– Sì, ora ti odio perché ho perduto il Kohinoor e perderò anche la vita, ma Parvati mi vendicherà.

– Parvati! – esclamò Indri. – Tu dunque eri d'accordo con lui per perdermi!

Il miserabile non rispose. Forse si era pentito d'aver detto troppo.

Toby si volse verso due rajaputi che si erano messi a guardia della porta, e disse loro:

– Scavate una fossa nel cortile; vi è un uomo da fucilare.

Dhundia aveva alzata vivamente la testa.

– Voi non potete giudicarmi; solo il guicowar ne ha il diritto, essendo io suo suddito.

– Qui siano sul territorio del rajah di Pannah, e quello di Baroda non ha che fare – rispose freddamente Toby. – Tu ci hai derubati e traditi, sei stato l'alleato dei dacoiti, hai fatto uccidere i miei servi, e noi ora fucileremo te.

– Ma non avrete il Kohinoor!

– Lo troveremo, dovessimo far saltare questo edificio e scavare il suolo a cento metri di profondità. Vieni, Indri. Andiamo a scegliere gli uomini che devono fucilarlo.

Uscirono mentre Dhundia si accasciava su se stesso, mandando rauchi gemiti.

– Vuoi proprio fucilarlo? – chiese Indri.

– Voglio spaventarlo – rispose Toby. – Quel briccone è così vile che quando si vedrà presso la fossa, coi soldati di fronte confesserà tutto.

I rajaputi avevano scavato rapidamente il terreno, servendosi delle larghe lance prese ai montanari, e dieci di loro si erano collocati a dieci passi, colle carabine puntate.

Dhundia fu condotto o meglio portato nel cortile. Il miserabile batteva i denti convulsivamente e non poteva quasi reggersi in piedi.

Vedendo la fossa ed il drappello armato che doveva fucilarlo, impallidì spaventosamente e girò verso Toby e Indri uno sguardo smarrito, pieno di terrore.

– Grazia – balbettò.

– Legatelo presso la fossa – disse invece Toby. – Mirate giusto e fulminatelo sul colpo.

– Io non voglio morire! – urlò Dhundia fuori di sé. – Parlerò... vi darò il Kohinoor...

– Ti decidi a parlare? – chiese Toby, avvicinandogli.

– Sì, ma ad una condizione.

– A quale?

– Che mi fate giudicare dal guicowar.

– Te lo accordo – disse Indri.

– Il Kohinoor si trova sepolto presso il tamarindo della torre di levante, assieme al fakiro.

– È morto, Sitama? – chiese Toby.

– No, sarà vivo.

– Comprendo – disse Indri. – Quel briccone si è fatto seppellire per nascondere il Kohinoor. Ho veduto altri fakiri rimanere sotterrati parecchie settimane. Andiamo a cercarlo.

Slegarono a Dhundia le mani e lo costrinsero a camminare fino al tamarindo.

Bandhara, che osservava attentamente il terreno, s'accorse subito della fossa.

– È sepolto qui – disse. – La terra è stata smossa e poi livellata.

– Scavate – comandò Toby ai rajaputi. – Badate di non ferirlo perché mi preme di averlo vivo.

I soldati sollevarono il terreno con precauzione, adoperando le lance e le mani, finché misero allo scoperto lo strato formato da rami intrecciati, onde impedire alla terra di schiacciare il fakiro.

– Adagio – disse Indri. – Il nostro uomo è lì sotto.

Levarono i rami con precauzione e misero allo scoperto Sitama.

Il fakiro pareva morto, essendo stato sepolto da sole quattordici ore, non aveva ancora perduto la sua tinta abbronzata, e le sue membra conservavano ancora un po' di tiepore.

Fu levato dalla fossa e spogliato. Nel levargli la larga fascia che gli stringeva i fianchi, il diamante cadde al suolo, scintillando vivamente sotto i raggi del sole.

Indri lo aveva raccolto mandando un urlo di gioia.

– Ecco la salvezza!...

Poi si precipitò fra le braccia di Toby e di Bandhara, stringendoseli al petto.

– Amici – disse, con voce rotta per l'emozione. – Grazie... Non diverrò più un paria!...

– Parvati è ancora potente – disse Dhundia, con voce cupa.

– Lo faremo precipitare nella polvere, non dubitare – rispose Toby. – I traditori pagheranno le loro infamie.

Dhundia chinò il capo e non rispose. Cominciava a dubitare anche del suo protettore.

Mentre Indri, pazzo di gioia, faceva scintillare al sole il diamante, due rajaputi strofinavano vigorosamente il corpo irrigidito del fakiro.

Distesa la lingua, onde non chiudesse più la laringe, gli aprirono gli occhi soffogandogli leggermente le palpebre, poi lo bagnarono con un po' d'acqua che era stata scaldata nella gamella d'un soldato con dell'erba secca.

Non erano trascorsi cinque minuti, quando Sitama emise un profondo respiro.

Stette ancora qualche momento immobile, poi s'alzò bruscamente, girando intorno uno sguardo smarrito.

Aveva veduto i rajaputi, Indri, Toby, e anche Dhundia.

– Dove sono? – chiese con voce strozzata.

– Nelle nostre mani – rispose Toby, con accento beffardo. – Una brutta sorpresa, è vero, Sitama?

– Il Kohinoor! – urlò il fakiro cercando la ciarpa che più non aveva.

– Non inquietarti: è al sicuro.

Sitama dardeggiò su Dhundia uno sguardo velenoso.

– Miserabile! – esclamò. – Mi hai tradito!...

– O meglio siamo stati tutti traditi, – rispose Dhundia, – perché anch'io sono prigioniero e non so se salverò la pelle.

– E Barwani?

– Morto – rispose Toby.

– Siate maledetti da Siva!

– Grazie, ma Siva è così lontano e così occupato da non pensare a noi in questo momento – disse il cacciatore, sempre beffardo. – Legate questi due bricconi, e torniamo a Pannah. La nostra missione è finita.