La Perla Sanguinosa/Parte seconda/1 - Sul banco di Manaar

Da Wikisource.
../../Parte seconda

../2 - La pesca delle perle IncludiIntestazione 29 luglio 2016 75% Da definire

Parte seconda Parte seconda - 2 - La pesca delle perle

PARTE SECONDA — I PESCATORI DI PERLE


1 — Sul banco di Manaar


Oggidi si pescano perle un po' dappertutto: nel Mar Rosso, nel golfo di California, sui banchi della baia di Panama, sulle coste dell'Australia, presso le isole della Sonda, alle Filippine, attorno al piccolo arcipelago di Gambir, ecc.

Perfino nei fiumi se ne trovano; in quelli della Scozia, della Germania, del Canada e della fredda Lapponia; ma le più famose peschiere sono sempre quelle del golfo Persico e quelle del grande banco di Manaar, il quale si estende fra l'estremo lembo della penisola Indostana e la costa occidentale di Ceylon.

Innanzi a tutto cos'è la perla? Pel chimico, sia pure la più bella, la più splendente, fossero pure quelle famose che Cleopatra amava sciogliere nell'aceto e bere diluite nei grandi banchetti che offriva ad Antonio, non è altro che una secrezione vivente risultante dall'associazione del carbonato di calcio con una sostanza organica.

La sua formazione non dipende altro che dalla presenza d'un parassita, un piccolo trematodo che s'infiltra nei tessuti nell'ostrica perlifera. La cosa è tanto certa che oggidì si possono coltivare le ostriche perlifere al pari di quelle che si servono in tavola, sia introducendo in quei molluschi certi parassiti, sia forando la conchiglia e producendo una irritazione sulla superficie esterna del mantello.

Ciò che produce la perla è dunque una malattia e, quel che è peggio, una malattia inguaribile, che finisce col tempo per uccidere la perla. Infatti lo splendore di quegli ammirabili gioielli del mare, per cui tanto le donne dell'oriente che quelle dell'occidente hanno una specie d'adorazione poetica, non dura eternamente.

A poco a poco, cogli anni, la materia organica che ne forma la trama, sotto l'influenza dell'aria e delle fermentazioni o per altre cause ancora non note, si altera, si offusca, ingiallisce ed i suoi strati sovrapposti si separano a poco a poco scagliandosi. Per questo o per altro motivo forse, si diceva anticamente che la perla avesse una specie di vita: essa invecchia e muore. E fu osservato che le perle che si trovano nei musei, su degli oggetti del medioevo di data sicura, sono quasi sempre ingiallite e screpolate: sono insomma perle morte, ed è per questo senza dubbio che nessuna perla autentica è di origine antica.

Come abbiamo detto, le peschiere più celebri sono quelle che esistono nel golfo Persico, presso le isole Bahrein e quelle del gran banco di Manaar. Nelle prime operano ogni anno non meno di mille e cinquecento battelli, ma le perle che si pescano in quelle acque, se sono di più lunga durata, hanno una tinta più oscura di quelle cingalesi, perciò sono meno pregiate.

A Manaar invece il numero dei pescatori è il doppio e la quantità di perle che si portano alla superficie è di gran lunga maggiore.

Una volta, sotto gli antichi rajàh cingalesi, la pesca non si eseguiva che ogni venti anni per lasciar tempo alle ostriche di riprodursi; caduta l'isola in mano dei portoghesi, essi ridussero quel tempo a dieci anni; gli olandesi, conquistatala più tardi, a otto e poi a sette anni, per accrescere il loro lucro temporaneo; gli inglesi, che sono gli attuali padroni di quelle ricche peschiere, permettono la pesca ogni anno e per non esaurire i vivai hanno diviso il banco in tante sezioni che vengono man mano abbandonate, onde lasciare il tempo ai molluschi di riprodursi in pace.

Prima del giorno stabilito per l'apertura della pesca, il governo inglese fa esplorare il banco, che è lungo trenta chilometri, per stabilire su quale sezione i pescatori potranno agire, e manda delle piccole navi onde non avvengano infrazioni o sconfinamenti.

Quando un colpo di cannone annuncia l'apertura, centinaia e centinaia di grosse barche, comandate da un mandah e montate ognuna da trenta uomini fra palombari e marinai, vanno ad ancorarsi sul banco e la pesca comincia su tutta la linea.

I palombari, che sono per la maggior parte indiani della costa del Malabar e del Coromandel, per affondare più presto si servono d'una pietra a forma di pan di zucchero, del peso d'una ventina di chilogrammi. Sospesa ad una cintura, loro unico indumento, portano una rete per deporvi le conchiglie ed un coltellaccio per difendersi dai pescicani che accorrono in gran numero durante la stagione della pesca, certi di fare un buon numero di vittime.

Appena toccato il fondo, il palombaro abbandona la pietra, che viene subito ritirata dagli uomini nella barca mediante una fune, e comincia a raccogliere frettolosamente quante più ostriche può. Essendo per lo più quei molluschi attaccati come un rosario, il pescatore si guarda bene dallo staccarle e ne mette una catena intera nella rete, riportandone sovente alla superficie, in un sol colpo, perfino centocinquanta.

Ordinariamente i pescatori non si tuffano a più di otto metri di profondità e rimangono sott'acqua dai sessanta ai settanta secondi. Ve ne sono alcuni dotati di polmoni straordinari, che riescono a rimanere sommersi perfino due minuti. Ad Anna per esempio, nelle peschiere di perle di Teramolis, una donna rimaneva sott'acqua tre minuti ed esplorava i fondi ad una profondità di venticinque braccia, ma era un'eccezione.

Non crediate che il mestiere che esercitano quei disgraziati sia facile. Sono pericolosissime quelle investigazioni nelle cupe profondità sottomarine, ove i pescicani affamati regnano sovrani e contro i quali, quando non si arriva ad evitarli a tempo, bisogna impegnare una lotta da cui dipende la vita. Non passa anno che dei pescatori non escano mutilati dal fondo delle acque, e molti anzi non tornano più alla superficie e trovano la loro tomba nel ventre d'un ingordo squalo.

E questo non è tutto. La professione del palombaro è una delle più malsane. Oltre il pericolo di venire divorati o di perire asfissiati, sovente, appena tornati a galla, essi soccombono per essere discesi a troppa profondità.

Alla fine della giornata quasi tutti emettono sangue dal naso, dagli occhi, dalle orecchie, vale a dire dalla superficie di tutte le mucose. In capo ad un certo tempo poi la loro vista s'indebolisce, il loro corpo si copre di piaghe inguaribili, e muoiono prematuramente.

Ognuno di quei superbi monili che noi ammiriamo al collo di qualche ricca e bella signora, rappresenta atroci sofferenze e sovente delle vite umane.

Quando a mezzodì le barche tornano a terra, perché la pesca dura solo dall'alba alle dodici per un mese continuo, le ostriche non vengono subito aperte. Impiegando la forza, si correrebbe il pericolo di guastare le perle che contengono. Si ammassano entro buche ben guardate e si lasciano imputridire al sole, il che sviluppa, come è facile immaginare, un odore insopportabile che si espande a distanze incredibili.

I pescatori hanno cura di tappezzare quelle fosse con stuoie onde impedire alle ostriche il contatto colla terra.

Quando sono marcite e quasi disseccate, si possono aprire senza tema di guastare le perle: allora si effettua la cernita. Non si creda che tutti i molluschi ne contengano; molti non ne hanno affatto.

Le perle si puliscono adoperando una certa polvere, si arrotondano, si lucidano, poi si classificano per categorie e finalmente si dividono in tre gruppi: due devono venire consegnati al governo inglese, il quale mantiene numerosi agenti per non venire ingannato, e uno spetta ai pescatori. Non tutte le perle che si ricavano dal banco di Manaar hanno eguale tinta. Se ne trovano talvolta di quelle che hanno un colore giallo pallido, giallo oro, di quelle rosee, azzurre, lilla e anche d'un nero bluastro, e queste si pagano carissime.

Delle perle meravigliose, d'un valore immenso, si sono di quando in quando trovate su quelle sabbie e anche nelle peschiere di Barhein, dalle quali fu tratta la famosa perla che porta attualmente lo Scià e che è una delle più belle che si conoscano, avendo uno splendore magnifico e un diametro di due centimetri e mezzo. Fu pagata la bagatella di un milione e seicento mila lire.

Le peschiere di Ceylon invece hanno dato la celebre Hope Pearl che si trova nella collezione Beresford. Ha la forma irregolare di una pera, è lunga cinque centimetri, ne ha undici di circonferenza e pesa 1800 grani. Fu pescata nel 1899.

Hanno dato inoltre la così detta Perla Russa che appartenne agli imperatori di Russia; era stata comperata prima da un mercante di gioielli, il quale l'amava così svisceratamente, che quando morì si dovette forzargli la mano, non avendola egli lasciata nemmeno durante l'agonia.

Anche quelle che portava l'imperatrice Eugenia, la moglie dello sfortunato Napoleone III e che furono vendute all'asta, a Londra, per parecchie centinaia di migliaia di lire, provenivano da Manaar.

L'Australia, che ha pure delle peschiere, quantunque piccole, ha dato invece la Croce del sud, il più meraviglioso gioiello che si conosca per la sua strana forma. Si compone di sette perle, tutte attaccate fra di loro, formanti una specie di croce, tutte bellissime e solo un po' deformate dal lato dove si toccano. Il gioiello fu comperato per duecento e cinquantamila lire. Un'altra perla pure proveniente dall'Australia, che apparteneva alla collezione di lord Dudley e che era in forma di pera e pesava 206 grani, fu pagata invece quattrocentomila lire. Trovare però delle perle simili, come abbiamo detto, è un caso veramente eccezionale.

La barca sulla quale il malabaro, il quartiermastro e Jody erano trasbordati, era appunto una di quelle grosse e larghe scialuppe impiegate dai pescatori di perle di Manaar, montata da una trentina d'uomini, per la maggior parte indiani del Coromandel e del Malabar.

Il mandah che la guidava, dopo aver abbracciato ripetutamente Palicur, lo trasse sotto la tettoia di poppa, facendo cenno al mulatto e a Will di seguirlo anch'essi.

«Credevo di non dover più rivederti, Palicur, — disse il mandah, che non staccava gli occhi dal malabaro. — Da dove vieni tu? Dal fondo del mare o dal regno delle tenebre? Sei proprio il mio amico Palicur o la sua ombra? Non eri dunque morto al bagno?»

«Chi te lo ha detto?» chiese il malabaro ridendo.

«Era qui corsa la voce, ma non ti saprei dire da chi fosse stata sparsa. Per quale miracolo ti trovi qui? Come sei fuggito? Tutti sapevano che eri stato tradotto alle isole Andamane.»

«Lo saprai più tardi, — disse Palicur, la cui fronte si era rabbuiata. — Vi è un'altra cosa che ora mi preme sapere. È viva ancora quella fanciulla? Dimmelo, Moselpati, dimmelo!»

Il viso del malabaro esprimeva in quel momento un'angoscia indicibile, tale che Will e Jody ne furono impressionati.

«Non temere, Palicur, — disse il capo dei pescatori di perle. — La fanciulla che tu ami è ancora viva. Mio fratello, che ha preso parte al pellegrinaggio al tempio di Annarodgburro, l'ha veduta tre mesi or sono. Era più bella che mai e faceva parte della processione.»

Un lungo sospiro sollevò il poderoso petto del malabaro. «Viva! — esclamò. — Viva ancora! Sivah, Brahma e Visnù siano benedetti.»

Poi accennando ai suoi compagni, disse:

«Devo a questi due fedeli amici la mia vita e la mia libertà. Puoi dire tutto in loro presenza, perché conoscono tutti i miei segreti.»

Il mandah porse la mano al quartiermastro, poi al mulatto, stringendo cordialmente le loro destre.

«Siete miei amici e sotto la protezione del capo dei pescatori di perle, — disse. — Da questo momento vi considero miei ospiti.»

«Ed ora, — disse il malabaro, — parliamo.»

«Sono pronto ad ascoltarti, amico.»

«Che cosa è avvenuto innanzi tutto della mia barca, che ho affidato all'associazione?»

«L'ho data in affitto ad un mio amico della costa del Coromandel, interessandoti anche sui prodotti della pesca, e mi preme dirti che quei pescatori hanno avuto una fortuna straordinaria di cui beneficerai anche tu. Io tengo in deposito cinquemila e ottocento rupie che sono di tua esclusiva proprietà e che domani ti farò versare.»

«Il mio timore era di giungere qui senza una rupia, — disse Palicur. — Quella somma sarà più che sufficiente per liberare la fanciulla che amo.»

«Sempre quell'idea?»

«Sempre finché avrò un atomo di vita,» rispose il malabaro.

«È pericoloso usare violenza contro quei monaci, l'hai provato, Palicur.»

«Penso a riscattarla invece.»

«Ci vorrebbe la perla sanguinosa, devi saperlo, mio povero Palicur.»

«Ho intenzione di cercarla.»

«A quella profondità! Quale palombaro potrebbe scendere fino là? Né tu, né altri potrebbe resistere alla pressione dell'acqua.»

«Parleremo di ciò più tardi, Moselpati, — disse Palicur. — Per ora ti chiedo un asilo sicuro che sia lontano dalla Città delle perle. Forse la polizia potrebbe non riconoscermi più, tuttavia è meglio essere prudenti, perché non ho desiderio alcuno di tornare al bagno.»

«Hai ragione, Palicur,» rispose il mandah.

Stette un momento silenzioso, fissando coi suoi occhi nerissimi la superficie del mare che scintillava vivamente sotto i primi raggi dei sole, con riflessi abbaglianti; poi stendendo una mano verso ponente, disse:

«Il miglior rifugio per voi si trova là, su quella roccia isolata, che l'alta marea ricopre per tre quarti quando soffia il vento dell'est; vi si apre una galleria che conduce alla cima, la quale non è libera che sei ore su ventiquattro. Nessuno andrà a cercarvi lassù, perché io solo ed i miei uomini conosciamo quel passaggio.»

«Non è scalabile esternamente?» chiese il quartiermastro.

«No, signore.»

«Un rifugio superbo, — disse Jody, che osservava attentamente quel picco. — La polizia non ci scoprirà di certo.»

«Dovrete però rimanere a bordo della mia barca fino a questa notte. La più bassa marea non l'avremo che fra le undici e le dodici.»

«E i viveri?» chiese Will.

«M'incarico io di tutto, signore, — rispose il mandah. — Siamo sul luogo della pesca. Servitevi nella dispensa di ciò che meglio vi piace e fate colazione.

«Debbo dirigere i miei uomini e fino a mezzodì sarò occupato. D'altronde nessuno verrà a importunarvi e potete considerarvi come su una barca di vostra proprietà.»

Strinse a tutti la mano e lasciò il casotto, gridando:

«Affondate le àncore! A posto i palombari!»