La Torre del Duomo di Teramo/Visita alla Torre/Il nascondiglio della Torre

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Il nascondiglio della Torre

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Non appena si varca la vera e propria porta d’ingresso della Torre, prima di addentrarsi nella struttura vale la pena soffermarsi ancora un attimo, con lo sguardo rivolto al locale della vecchia Sacrestia che si sta per lasciare, ripercorrendo le tappe di uno degli episodi più belli e, al contempo, meno conosciuti della storia di Teramo. Nelle pagine che seguono si farà qualche cenno ai quei fatti. La vecchia Sacrestia, sulla quale in quest’opera si porge una particolarissima attenzione, ha avuto nell’ambito dell’architettura del Duomo e sotto l’aspetto squisitamente storico una importanza fondamentale. Le sue vicende, tra l’altro, sono intrecciate ai fatti che di seguito si riportano e in base ai quali, in effetti, si arrivò a parlare del cosiddetto nascondiglio della Torre. Nella giornata del 11 dicembre del 1798, la Città di Teramo subisce l’ingresso dell’esercito francese. Gli invasori, che istituirono una propria municipalità cittadina, non ebbero alcun freno nel saccheggiare e devastare l’intero abitato, istituendo anche sommari tribunali ed eseguendo condanne capitali in ogni angolo e in ogni strada. Nel freddo inverno ormai inoltrato, le truppe francesi requisirono il Palazzo del Seminario, installandovisi, e con il relativo mobilio dato alle fiamme, assieme a quello prelevato dal Palazzo Vescovile, alimentarono per giorni un grande falò in piazza. Come segno di supremazia nei confronti dei teramani, i generali francesi imposero la distruzione anche delle campane delle chiese cittadine, tra le quali venne inserita anche la campana Aprutina, ma di questo si dirà in seguito. Tra i tanti saccheggi perpetrati dagli invasori, i teramani non permisero di annoverare quello relativo al prezioso Paliotto d’argento di Nicola da Guardiagrele che, allora come oggi, costituisce il pezzo di spicco del Tesoro della Cattedrale. Ma non fu la resistenza violenta dei cittadini ad impedire il furto e il danneggiamento dell’opera d’arte. Fu l’astuzia dei teramani, grazie alla quale il Paliotto venne abilmente nascosto in quello che fu, da allora, il nascondiglio della Torre. Lo stesso nascondiglio che venne utilizzato, di nuovo, durante la seconda guerra mondiale, come ci è stato descritto da Mons. Tiberio Varani, all’epoca Cancelliere della Curia Vescovile, a fianco del Vescovo Micozzi. Siamo nel novembre 1943. La Città di Teramo, come gli altri territori limitrofi, era sotto l’occupazione tedesca. Le truppe e i loro uffici si erano installati nei vari edifici pubblici, tra i quali anche il Palazzo del Seminario, ancora una volta requisito. Mons. Tiberio Varani, che fu l’unico a tramandare sino a noi gli episodi che di seguito sono riportati, era l’unico autorizzato a trattare con i tedeschi e i loro uffici. Negli ultimi giorni del novembre del 1943, arrivarono a Teramo numerosi «sfollati», come li aveva definiti lo stesso Mons. Varani, provenienti dalla provincia di Chieti e vennero sistemati provvisoriamente al terzo piano del Palazzo del Seminario. A Mons. Varani costoro raccontarono delle violenze, dei saccheggi e dei furti che i militari tedeschi perpetravano man mano che abbandonavano i territori controllati, risalendo verso il nord. Furono proprio queste voci di allarme che, fatte pervenire alla Curia Vescovile, iniziarono a preoccupare lo stesso Mons. Varani e il Vescovo Antonio Micozzi in relazione al patrimonio della Cattedrale. Si trattava di mettere in salvo, nel più breve tempo possibile, l’ostensorio d’oro realizzato con le offerte dei teramani durante il Congresso Eucaristico Nazionale del 1935, i candelieri d’argento, i tanti oggetti facenti parte del Tesoro della Cattedrale e, primo fra tutti, il Paliotto d’argento. Dopo aver effettuato una ricognizione del patrimonio e dopo attente valutazioni del caso, il Vescovo Micozzi e Mons. Varani presero la decisione di mettere al sicuro tutti gli oggetti, spostandoli dalla Cattedrale e trasferendoli in un luogo segreto. La scelta cadde nei sotterranei del Palazzo del Seminario, costruito sopra i ruderi dell’antico Anfiteatro romano e, pertanto, collegato ai due stretti cunicoli che correvano nelle sue viscere. Organizzato il trasferimento, la sua esecuzione concreta avvenne di notte. Lo stesso Vescovo Micozzi, assieme al suo cameriere Armando Labella, a Mons. Varani, a Suor Silvina, Suor Romedia, Suor Cunegonda e Suor Siviarda, trasportò a spalle il Paliotto e gli altri oggetti preziosi dalla Cattedrale al Palazzo del Seminario. Scesero nei sotterranei di questo, imballarono il tutto, riposero i preziosi in uno dei due cunicoli e ne fecero murare l’apertura a un operaio di fiducia, Giuseppe Falini. Nei primi mesi del 1944, frattanto, il numero degli «sfollati» andava progressivamente crescendo e, assieme a loro, le voci su strani apparecchi in possesso dei tedeschi, che erano in grado di rivelare la presenza di oggetti preziosi, ancorché abilmente nascosti. La nuova informativa allertò ancora una volta Mons. Varani e lo stesso Vescovo, i quali presero la decisione di spostare il Paliotto e gli altri preziosi del Tesoro della Cattedrale in luogo diverso, non ritenendosi più adeguatamente sicuro il cunicolo murato sotto al Palazzo del Seminario. Venne quindi contattato, ad opera del Vescovo Micozzi, Vincenzo Pediconi, imprenditore di fiducia della Curia Vescovile ed esperto conoscitore della struttura del Duomo. Questi suggerì di custodire gli oggetti preziosi in un vano che all’epoca esisteva sotto la Torre: era il famoso nascondiglio della Torre. Lo stesso che nel 1798 aveva salvato dalle razzie francesi il Paliotto d’argento. Non è semplice, oggi, individuare con esattezza dove fosse ubicato questo nascondiglio. In base alle piantine dell’epoca, successive ai rifacimenti barocchi voluti dal Vescovo de’ Rossi e antecedenti al 1969, anno della demolizione dell’Arco di Monsignore, il nascondiglio della Torre potrebbe essere rappresentato da un piccolo vano un tempo ricavato in uno dei diversi locali che, attorno alla vecchia Sacrestia descritta in precedenza, costituivano un unico complesso, assieme alla Torre stessa, all’Arco di Monsignore e alla Cappella del Santissimo Sacramento, alla quale si poteva accedere anche dalla vecchia Sacrestia, come già descritto, attraverso uno stretto passaggio. In uno di questi locali era dunque stato ricavato da tempo un piccolo vano, il nascondiglio della Torre appunto, che riuscì a nascondere nel 1798 e nel 1944 il Paliotto ai saccheggi degli invasori della Città. I lavori di demolizione dell’Arco di Monsignore ed il completamento degli interventi di isolamento del Duomo hanno oggi cancellato ogni traccia di questo storico e provvidenziale nascondiglio. Con le stesse precauzioni della prima volta, dunque, gli oggetti da salvare furono prelevati dal cunicolo del Palazzo del Seminario, dallo stesso gruppo di persone, e trasferiti nel nascondiglio della Torre. A maggiore protezione, tuttavia, questa volta si preferì dividere i beni: il Paliotto fu coperto da teli, trucioli e imballaggi vari, fu racchiuso fra due materassi e fu quindi riposto nel vano del nascondiglio della Torre; i candelieri d’argento, l’ostensorio d’oro e gli altri preziosi furono interrati nell’antica tomba dei Vescovi che esisteva presso l’attigua Cappella del Santissimo Sacramento. Sia il vano del nascondiglio della Torre, sia l’accesso alla tomba dei Vescovi furono murati e abilmente nascosti. Per quanto concerne l’esatta ubicazione di questo antico sepolcro dei Vescovi, è di grande ausilio la ricostruzione del Savini, il quale individua, in base alla documentazione visionata, il primo nucleo di sepolture nella Cappella della Natività, come anticamente si chiamava, alla volontà di Niccolò degli Arcioni, che espresse il desiderio di esservi seppellito. Fu il Vescovo Pirelli, nel 1786, ad ordinarne i restauri e a farvi apporre il nuovo altare di marmo policromo, la nuova sistemazione dell’antica tomba dei Vescovi e la nuova denominazione di Cappella del Santissimo Sacramento. Questa Cappella, legata alla vecchia Sacrestia da uno stretto corridoio realizzato durante i rimaneggiamenti settecenteschi, venne dunque a possedere un sepolcreto dei Vescovi ampiamente risistemato dal Vescovo Pirelli, ma le sepolture che vi furono collocate, a quanto riporta il Savini, non superarono il numero di tre: si trattò dei Vescovi Nanni, Berrettini e Taccone. In questa tomba poco usata, dunque, nel 1944 fu deciso di interrare segretamente alcuni degli oggetti del Tesoro della Cattedrale. Assieme al Paliotto, dunque, tutti i preziosi furono conservati e tenuti nascosti all’ombra della Torre sino alla fine del 1945, quando la firma dell’armistizio riportò la pace nel territorio. Il Vescovo Micozzi, che pure tanta opera fornì per il salvataggio del patrimonio della Cattedrale di Teramo, non riuscì a rivedere gli oggetti, poiché morì il 4 settembre 1944. Fu proprio Mons. Tiberio Varani, a cui va tutta la gratitudine dei teramani, a testimoniare questi avvenimenti che visse da protagonista, assieme al Vescovo. È stata questa la vicenda che fece nascere, assieme ai fatti nel 1798, la storia del nascondiglio della Torre. Fu proprio attraverso il ricorso alla struttura della Torre che, dopo quasi 150 anni, grazie all’inventiva e al coraggio di un gruppo di teramani, fu custodito e salvato il Paliotto d’argento esattamente nel luogo dove, anche nel 1798, era stato nascosto e nessuno straniero era più riuscito a trovarlo.