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La botte di sidro/Il merciaiuolo ambulante

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Il merciaiuolo ambulante

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Octave Mirbeau - La botte di sidro (1919)
Traduzione dal francese di Anonimo (1920)
Il merciaiuolo ambulante
Piédanat Rabalan


— E voi, Hurtaud? — si domandò d’ogni parte.

Udendo il proprio nome, Hurtaud sembrò svegliarsi. Si sollevò sul divano dove si era disteso, si stropicciò gli occhi e guardò gli amici con uno sguardo vago. Era un omaccione, corto e tozzo, stranissimo : aveva una pancia enorme che cascava in cuscinetti flosci su due cosce quasi magre, una faccia rosea e glabra, dei capelli verdastri che gli si appiccicavano alle tempie e che, sul sommo del cranio, si drizzavano sperdendosi nell’aria. I suoi occhi scialbi senza pupille somigliavano ad occhi abbozzati d’un ritratto ad acquarello e le mani flosce, gelatinose, erano solcate di profonde fossette.

— Ah, sì ! — esclamò Hurtaud, come se di qualche cosa si fosse rammentato tutto ad un tratto — ora tocca a me a raccontare una storia... perfettamente...

Si alzò in piedi, si passò la mano fra la scollatura del panciotto e il davanti della camicia, che era gualcito, e si assicurò che il nodo della cravatta non si fosse sciupato.

— Una bella farsa, va là ! Una bellissima farsa, vi assicuro... Datemi un fiammifero.

Hurtaud accese un sigaro alla fiamma d’una candela che gli fu pòrta e si ributtò a sedere pesantemente. Per qualche buon minuto girò e rigirò il sigaro fra il pollice e l’indice davanti al suo occhio destro, seguendo il sottile fil di fumo bluastro che ne saliva a spirale ; poi cominciò :

— Un giorno, la figliola della mia fattoressa, Rosalia Rigard, una ragazza di sedici anni, fu violentata da un merciaiuolo girovago, che ebbe ad incontrarla nel mio bosco. La cosa fece nel paese un gran chiasso, perchè la ragazza corse pericolo di vita, essendosi dibattuta disperatamente, e il merciaiuolo fu arrestato, tradotto alle Assise e condannato a cinque anni di reclusione. Per quanto tutti i giorni io m’incontrassi con Rosalia, non avevo mai pensato a considerarla come una donna e non ci volle meno di quel fatto perchè mi accorgessi ch’essa era graziosa, molto graziosa, deliziosamente graziosa. Alta, la testa piccola, l’andatura lenta un po’ reclinata, con un certo che di vago, di aereo... la si sarebbe detta un’anima. Sembrava fatta per scivolare deliziosamente in abito bianco e un ramo di giglio in mano, in certi paesaggi liturgici. In realtà poi, mungeva le vacche, quell’anima, rimestava lo strame nel cortile, quel sogno.

« L’indomani del delitto io diventai perdutamente innamorato di Rosalia. Pensai immediatamente di farne la mia amante, ma dovetti urtare contro una resistenza testarda e gioviale che esasperò e raddoppiò la mia passione. Ad ogni tentativo di carezzarla, essa rispondeva con parole semplici che, nella sua bocca, o piuttosto nella mia immaginazione, assumevano la dolcezza d’una musica rara e squisita :

« — Eh ! là, padrone, state buono !

« Una mattina andai a trovarla nello stabbio ed essa mi respinse ridendo.

« — State buono, padrone. Non sono mica une vacca da palparmi così ! State buono, via.

«  — Ma su, Rosalia — le dissi — sii ragionevole. Che cosa ti faccio di male ? Ricordati del merciaiuolo nel bosco...

« Rosalia fu presa da un riso folle. La testa arrovesciata, premendosi le costole, rideva, rideva, rideva tanto che le vacche, stupite, volsero il muso verso di lei e si misero a mugghiare. E fra quel riso accanito, crescente, simile a una sveglia guastata, udii queste parole, rotte da getti sonori e da razzi fischianti :

«  — Il merciaiuoio ! Ah ! Ah ! Quel diavolo d’un merciaiuoio ! Ih ! Ih !

«  Le offrii danaro, un vestito nuovo, una vacca e una casetta. Ma non ne voile sapere.

« Dopo due mesi, comprendendo l’inutilità della mia corte, irritato, ossessionato dall’idea di possedere quella donna, la sposai. L’indomani stesso del mio matrimonio, io ero il più disilluso degli uomini. La mia passione era caduta e, dileguandosi, l’immagine del merciaiuoio, che io associavo sempre a quella di Rosalia, disperse nello stesso tempo tutta la poesia di questo amore... Sì, signori, tutta la poesia... Un po’ di cognac, per piacere.

Hurtaud bevve in un fiato il contenuto d’un bicchierino ; riaccese il sigaro che s’era spento e continuò con voce dolce :

— Io non son buono... sono anche feroce, credo... Piccolo ancora, uccisi mia sorella nella maniera più comica di questo mondo, vi giuro ! Mia sorella era ghiottissima e un po’ etica... Il medico l’aveva messa alla cura dell’olio di fegato di merluzzo, che era di moda allora ; un cucchiaio da tavola tutte le mattine... che la disgustava molto, ma che le faceva assai bene... Un giorno, per divertirmi, andai in camera sua con la bottiglia dell’olio e una bomboniera piena di pastigIie di cioccolata. Ella prese il cucchiao d’oIio facendo delle smorfie di nausea, come al solito.

« — Inghiotti questo — le dissi. — E avrai una bella pastiglia... e anche quest’altro.

« A ogni cucchiaio le davo una pastiglia ed ella ingolava la cucchiaiata d’olio per mangiar la pastiglia di cioccolata, così che, cucchiaio e cucchiaio, pastiglia e pastiglia, essa bevve tutta la bottiglia dell’olio. Naturalmente ne ammalò gravemente : ebbe il vomito, poi la febbre, poi le convulsioni... Finalmente morì... ah ! ah ! ah !

Hurtaud ebbe una piccola risata dolce e lieve come un suono di flauto, una piccola risata che fece gonfiare e ondulare sulle cosce le pieghe del grosso ventre con un movimento di onda morente.

— Ma lasciamo questi ricordi della prima infanzia — proseguì — e torniamo a Rosalia... Come potete immaginare, io mi pentii molto d’avere sposato quella contadina... E quello che mi meraviglia è ch’io non abbia mai tentato nulla contro di lei a quell’epoca. In fondo, debbo dirvi ch’essa m’era diventata molto indifferente e non mi infastidiva in nulla... La vedevo pochissimo, avendo preso l’abitudine di passare quasi tutto l’anno a Parigi... Non me ne allontanavo, se non per riscuotere le mie rendite e, in queste rare apparizioni che facevo alla fattoria, Rosalia continuava invariabilmente a chiamarmi « Padrone mio ». Ecco tutto. Quattro anni passarono così... Qualche volta mi accadde, ritrovandomi in presenza della strana e delicata bellezza di mia moglie, di tentar d’evocare l’immagine svanita del merciaiuolo. Invano. L’immagine era cancellata, irrimediabilmente ; il fascino era sparito per sempre... Ho detto « per sempre » ? Sì... Questo non fa nulla... Udite bene, vi prego, quel che segue... La mia proprietà è a tre chilometri da Argentan, abbastanza lontana dalla strada e in piena campagna. Non ho altri vicini che la gente della fattoria, separata dal castello da un piccolo bosco di felci... ciò che è molto comodo per molte ragioni. Qualche volta, quando arrivo, prevengo che mi si mandi una vettura a prendermi alla stazione ; spesso non preavviso, non perchè mi rincresca d’incomodare i miei cavalli e le mie persone di servizio, ma perchè spesso la mattina alle dieci ignoro se non potrò aver l’idea di partire a mezzogiorno. Del resto, porto sempre addosso una chiave della casa... Era un martedì del mese di agosto, le undici di sera... or sono due anni. Avevo presa la scorciatoia che risparmia una metà della distanza fra la stazione e la mia casa. Era una notte splendida, chiara, stellata. Mi ricordo che, nei campi, cantavano i grilli e che, molto lontano, sul margine del bosco, si sentiva il gufo suonare le ore notturne... Malgrado la mia obesità, camminavo allegramente, ben contento di sgrassare i miei polmoni a quell’aria limpida, a quell’aria lustrale delle belle notti d’estate. Quando arrivai dinanzi al castello, vidi che le finestre della mia camera erano illuminate... Questo mi stupì, perchè, a quell’ora tarda, tutti avrebbero dovuto dormire da un pezzo ; e poi, perchè la mia camera era illuminata ? Sì, perchè proprio la mia camera ?... Sorpreso, andai a prendere una scala, l’appoggiai contro il muro, salii con molta precauzione ed ecco che ben distintamente scopersi, sul letto disfatto, le cui lenzuola erano cadute coprendo intorno il pavimento, sul mio letto, un uomo tutto nudo, e quell’uomo era il merciaiuoio, e una donna tutta nuda, e quella donna era Rosalia... Dovevano essere morti di stanchezza perchè dormivano uno accanto all’altro, distesi, con le braccia lungo il corpo, come due cadaveri rigidi. Li contemplai a lungo, augurandomi si destassero... Così, il merciaiuolo era ricomparso !... Da quale galera, da quale tana, dal fondo nero di qual buco ?... Ma che m’ importava ! Esso era ricomparso : esso, era là ! Dall’alto della mia scala, la testa appoggiata al vetro trasparente della finestra, io lo vedevo dormire nella mia stanza, nel mio letto !... Il merciaiuolo ! Mi riempii gli occhi di quella immagine ritrovata, di quella immagine ch’io avevo creduta scomparsa, perduta per sempre !

« Nel mio cuore, in tutte le mie vene, sentii a poco a poco riaccendersi e serpere la fiamma della passione, della quale avevo già bruciato e di cui bruciavo di nuovo per quella donna, mia moglie, insozzata due volte da lui !... Un fiotto di nuovo sangue parve mi spricciasse dal cuore e mi salisse al cervello : ebbi come uno stordimento e dovetti avvinghiarmi allo sporto della finestra per non precipitare nel vuoto... Essi dormivano sempre, satolli di lussuria... Presi presto il mio partito. Bisognava fissare nel mio spirito l’immagine, con una spaventevole follìa, di maniera che non ne sfuggisse più... Discesi.

Via, via che il racconto si faceva più incaizante, la voce di Hurtaud diveniva più dolce, carezzante e leggera. Con un tono ancora più soave, egli proseguì :

— Andai nella selleria, dove scelsi delle corregge solide delle quali provai la resistenza e, munito del mio pacchetto, prudentemente aprii la porta di casa dirigendomi tastoni pei corridoi e la scala... Un gatto randagio, soffiando, mi traversò a saetta fra le gambe minacciando di farmi cadere... Impiegai forse dieci minuti per arrivare fino alla camera. Essi dormivan sempre. Procedei sulla punta dei piedi, trattenendo il respiro... A quando a quando, il pavimento scricchiolava sotto i miei passi ; un bicchier d’acqua tintinnò sopra una tavola mal fissata... Essi dormivano sempre ; ne sentivo il respiro grave e regolare, vicino a me... E tutto ad un tratto, come un masso, mi abbattei sul merciaiuolo. Lo legai e lo imbavagliai in un batter d’occhio. Rosalia si era drizzata in preda allo spavento, emettendo un urlo di terrore.

« — Zitta, anima mia — le dissi. — Io ti voglio bene... non temer nulla... aiutami...

« Sollevai il merciaiuolo e lo attaccai solidamente a una delle colonne del letto. Rosalia, tremante, era ruzzolata ai miei piedi, raggomitolandosi a palla, come un cane.

« — Non temer nulla, amor mio ! — ripetei — perchè tremi così, se ti amo ?

« Allora inicominciai a torturare il merciaiuolo. Gli strappai ad una ad una tutte le unghie delle mani e tutte le unghie dei piedi... Egli non poteva urlare dal dolore, perchè lo avevo imbavagliato alla bocca con un asciugamani. Ma il sangue colava ; i tendini del collo, delle mani e delle gambe si stiravano e vibravano come le corde d’un violino ; una spaventosa espressione agonica gli torceva gli occhi ; tutta la sua carne umida di sudore e di sangue, palpitava, orribilmente, in sussulto ; vidi i muscoli fondersi sotto la pelle negli incavi delle ossa scarnite ; le costole salire e cerchiare il torace ; i capelli incollarsi sul cranio, che diventava verde...

« — Padron mio ! Padron mio ! — supplicava Rosalia, folle di spavento.

« Questo durò dodici ore buone. Non persi un movimento, una smorfia, un brivido di quella carne suppliziata. E quando fui ben certo che l’immagine non se ne sarebbe andata più, non essendo il merciaiuolo ancora morto, lo accoppai con un colpo di candeliere sulla testa.

Ci fu un silenzio doloroso. Tutti i petti erano oppressi. Nessuno osava guardare Hurtaud. Questi, calmo, si alzò, spolverando con un buffetto delle dita la cenere del sigaro che gli era caduta sul pantalone e, prendendo il cappello :

— Ebbene, signori. Da quel giorno io amo Rosalia e le faccio orrore... ma l’amo così... E Rosalia mi dice : « Ah ! Padron mio ! Quando mi baciate, mi par sempre che abbiate in bocca un po’ di sapor di sangue ». Che volete ! Della bestialità e della pazzia, molto fango e molto sangue, ecco l’amore... Servo vostro !...