La fine di un Regno (1909)/Parte III/Documenti vol. II/IX

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Documento XI, volume II, cap. XII.


Lettera del principe di Castelcicala
al principe della Scaletta.


Parigi, 28 maggio 1862

Eccellenza,

Mi onoro accusarle ricezione del suo distinto foglio, dichiarandomi gratissimo all’E. V. della occasione che mi porge di offrire delle dilucidazioni su di un argomento, che più di ogni altro m’interessa, Il non essere stato al mio posto nei giorni di pericoli a Gaeta è per me infatti un soggetto tristissimo di dispiacenza non interrotta!

Io nulla omisi perchè al posto del dovere e dell’onore mi si chiamasse. Nel momento in che S. M. il Re (D. G.) si disponeva a lasciar Napoli, io gli chiesi di seguirlo: ebbi dalla M. S. negativa risposta. Non contento di quella sovrana risoluzione, mandai il Cavalier Gallotti da Falcon a pregarlo di voler nuovamente chiedere i sovrani ordini, che mi augurava migliori, ma la risposta fu la stessa. Non nascosi e non nascondo che il vedermi lasciato indietro in momenti, come quelli, mi recò grandissima pena. L’indomani della partenza del Re mi recai a Palazzo, per ritirare i miei effetti da viaggio, che da più giorni tenea pronti pel caso di partenza col Re, ed il giorno seguente, ossia l’8 di Settembre mossi alla volta di Civitavecchia. Non appena sbarcato seppi, che il generale Ferrari, (di onorata memoria) trovavasi allora in casa del Console, e si disponeva a partir per Gaeta, ove S. M. l’attendea; corsi immediatamente a vederlo, e per la prima volta mandai al Re la mia preghiora di ricordarsi di me, 6 non dubito che il degno generale Ferrari non mi abbia dimenticato al Suo arrivo in Gaeta. Non dirò quanto penosa mi fosse la residenza in Roma nei mesi di settembre e ottobre: trovarmi a così poca distanza da Gaeta e non potermici recare, erami veramente doloroso. Ciò feci sapere al Re per mezzo di quanti uffiziali vennero in quei mesi a Roma, per commissioni; lo dissi a Latour, a Winspeare, ed a un uffiziale dello Stato Maggiore, da’ capelli biondissimi, che da guardia del Corpo ha servito sotto gli ordini dell’E. V. e dal quale più non ricordo il nome. Niun risultato mi ebbi da quelle pratiche: seppi solo, e da tutt’i lati, che quei che non avean seguito il Re nel momento della sua partenza da Napoli eran sicuri di esser malissimo ricevuti e peggio trattati se si recassero a Gaeta senza ordine espresso. Due volte feci scrivere al capitano Carrelli, mio antico aiutante di campo, per chieder quell’ordine e non venne [p. 128 modifica]risposta. Stanco finalmente di più insistere, ed umiliato di trovarmi in sì fatta posizione, decisi di traslocarmi a Parigi. La prima volta in che seppi, che il Re non mi avea del tutto dimenticato fu verso la metà del mese di dicembre. In quell’epoca Carrelli scrisse al suo amico Gallotti le seguenti parole: “Sua Maestà mi ha detto ieri: “Castelcicala sarà desolato di non trovarsi qui, ma la colpa è tutta mia@. In questa la sola indiretta risposta che mi ebbi alle ripetute mie insistenze; essa fu clementissima, ma non quale io la desiderava. Nondimeno ne profittai per dirmi nuovamente pronto a muovere ad ogni piccolo cenno del Re, e S. A. R. il Conte di Trapani per Sovrano incarico mi rispose dopo qualche tempo, per ringraziarmi ed assicurarmi della sovrana benevolenza. Con la data di Gaeta ebber termine le mie pratiche, or dirette, ora indirette, costanti sempre.

Ecco tutto quello che posso dire all’E. V. su questo dolorosissimo soggetto, in adempimento di Sovrani voleri, che sì è piaciuto comunicarmi.

All’E. V. poi dirò in particolare, che, nei tristissimi tempi che precedettero la partenza della M. S. da Napoli, il Re (N. S.) cedendo a non so quali insinuazioni, mostravasi non dirò poco clemente a mio riguardo, chè Sua Clemenza non mi venne mai meno, ma indifferente alquanto, e di questa sovrana indifferenza l’E. V. troverà al pari di me le ragioni nel seguente fatto, che forse le sarà ignoto, ma ch’è la chiave di tutto l’enigma.