La frusta teatrale/Nota

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Nota

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XII. Extravagantia Bibliografia
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NOTA


Il materiale che ho rifuso e riscritto, dal primo all’ultimo rigo, in questo volumetto — frutto della conoscenza di parecchie centinaia di interpretazioni era stato disperso da me per la prima volta nelle cronache teatrali che scrissi in questi due anni nell’Ordine Nuovo di Torino, nelle Cronache d’Attualità e nel Popolo Romano di Roma, nella Rivista di Milano. Lavoravo in un campo nuovo, dove gli antichi seminatori erano stati eruditi pregevoli ma aridi (come il Rasi) o frettolosi cronisti. Raramente mi avvenne di trovare saggi di psicologia o di estetica dedicati con qualche serietà agli attori; costretta a ricordare, non saprei citare altro che un articolo di Cardarelli su Lyda Borelli, veramente felice, e qualche pagina di Ramperti e di D’Amico. La critica teatrale è oggi in condizioni curiosissime e gli scrittori che vi si dedichino con preparazione di cultura, come Tilgher, o con finezza di gusto come D’Amico, o con astuzia di stile come Praga e Ramperti sono rari. Non oseremmo affermare che sia gran danno. In Italia si attribuisce al teatro troppa più importanza che esso non meriti. C’è una sola riforma da proporre per la critica che i giornali dedicano [p. 152 modifica]agli spettacoli teatrali: abolirla. Veramente è una grave ingenuità questo nostro ufficio di discorrere di ogni prima; o forse si recensiscono tutti i libri che si pubblicano? Si può compiere con utilità anche l’esperienza di critico teatrale; ma, direi, solo se la si smette presto, perchè non diventi un esercizio per ottundere l’ingegno o un itinerario alla misantropia e all’acidità.

Concludendo le mie bene intenzionate dichiarazioni morali avvertirò di non poter ringraziare alcuno, se non forse Diderot (scrittore di grandi meriti e teorico dell’arte degno del secolo di Vico) per le osservazioni e i risultati modestissimi qui raggiunti.