La gente di spirito/Atto terzo/Scena quinta
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Campioni, Matteo e detti.
- Matteo
- Io non domando altro che di essere lasciato tranquillo nel mio cantuccio. Se nessuno sapesse che sono al mondo, sarei l'uomo il più fortunato della terra. Eh! eh!
- Campioni
- Io invece no... l'oscurità mi pesa, e capisco che ci siano stati di quelli che morirono per la gloria... quantunque la gloria... abbia anch'essa il suo Calvario... sa, signor Matteo... il suo Calvario.
- Matteo
- Ah! il Calvario.
- Campioni
- Lo lasci dire a me. Guardi: Galileo Galilei lo hanno imprigionato e costretto ad abiurare, e Dante è mancato nell'esilio... Le delusioni! Vi pensavate di avere un amico, ed ecco... forse lei ha ragione, signor Matteo; vivere nel proprio cantuccio. Ma, e chi non lo può fare?
- Sofia
a Fausto.
- Si muovono?
- Fausto
- No.
- Campioni
- Oh! la signora Sofia... perdoni... non l'avevo veduta.
- Matteo
- Non l'avevamo veduta, eh! eh!
- Campioni
- Lei fugge la danza?
- Sofia
- Sono venuta col signor Fausto a cercare un po' d'aria.
- Campioni
- Oh! il signor Fausto.
- Fausto
- Sissignore, ci sono ancor io... stavo guardando all'orizzonte quelle due macchie nere.
- Campioni
- Dove?
- Fausto
- Non vede?
Lo tira a sé e gli accenna nella direzione del terrazzo.
- Campioni
- Ah là? Sono due persone.
- Fausto
- Sst! li vuol spaventare?
Rientrano.
- Campioni
- Come sarebbe a dire?
- Fausto
- C'è bisogno di gridar tanto forte? Ha messi in fuga gli zeffiretti che li carezzavano.
- Campioni
piano a Matteo.
- Io non riesco mai a capirlo bene il signor Fausto.
- Matteo
come sopra.
- Neppur io.
- Campioni
- Mi vuol dunque spiegare...
- Fausto
- Subito... la vede... sono due... poeti che contemplano la profondità della notte.
- Campioni
- C'è una donna, mi pare.
- Fausto
- Che fa un poeta e una poetessa... in contemplazione! S'immagini! Guai a disturbarli!
- Sofia
- Il signor Fausto ride sempre...
- Campioni
- Volevo dire!... Due poeti? Che cos'è invece?
- Fausto
- Non le piace due poeti? Saranno due colombe dal desìo chiamate.
- Campioni
- Quali colombe dal desìo chiamate. — Cinque parole. — Dante.
- Fausto
- Lo sa a memoria?... Me ne rallegro con lei.
- Campioni
- E ne so altri.
- Fausto
- Non ne dubito. Dunque abbiamo detto: due colombe. Che te ne pare, Matteo?
- Matteo
- Non ho veduto nessuno, io.
- Fausto
- Dovresti prender moglie, tu.
- Campioni
torna alla vetriata.
- Chi siano?
- Fausto
- Il curioso!
- Campioni
- Sono scomparsi.
- Fausto
- Li ha fatti scappar lei!
- Campioni
- Che paura!
- Fausto
- E lo sa anche lei... l'amore è timido.
- Campioni
- L'amore!
- Sofia
- Via... c'è bisogno di sospettar male! Un po' d'indulgenza, signori. Nessuno ha veduto nulla, e tutto è finito, n'è vero, signor Matteo? Si dimenticano i sospetti e l'avventura... e schiavo.
- Campioni
- Che voglia proprio essere un'avventura galante?
- Fausto
- No, eh!? Ci saranno andati per guardare i delfini. E per vederli meglio avranno scelto il cantone più lontano e il più buio... perché erano proprio dove c'è più buio, e ci saranno rimasti lì un'oretta a farvi degli studi di zoologia. Può darsi che tutto sia acqua fresca e che i Capuleti e i Montecchi non ci abbiano a far nulla.
- Campioni
- I Capuleti?
- Fausto
- E i Montecchi... sono due famiglie che arrivarono ieri allo stabilimento.
- Campioni
- Oh! so benissimo che i Capuleti e i Montecchi erano due famiglie patrizie...
- Fausto
- Lo sa? E perché ne dimanda, allora?
- Campioni
- Non capisco che cos'abbiano a far qui.
- Fausto
- Ha letto lei il dramma di Shakespeare?
- Campioni
- Sissignore.
- Fausto
- L'originale?
- Campioni
- No... ma... tradotto bene.
- Fausto
- Ah! non val nulla.. non val nulla... Studi l'inglese, lo legga in inglese, e mi saprà dire...
- Campioni
a Matteo.
- Chi lo capisce?
- Matteo
- Io no.