La leggenda di Tristano/CXIV

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CXIII CXV

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CXIV. — A tanto dice lo conto, che quando lo conte d’Agippi vide fuggire lo re dela Pititta Brettagna con tutta sua gente e compagnia, fue tanto allegro che neuno altro piú di lui. E incontanente fece comandare a tutti li suoi baroni e cavalieri ed a tutta l’altra gente, che tutti dovessero andare appresso alo re dela Pititta Brettagna e dovessero uccidere tutta sua gente, quantunque gli ne trovassero. E quando lo comandamento fue andato per tutte parti, e tutta gente ssí incominciarono a cacciare [per] lo conte d’Agippi, il quale iera loro segnore, lo re dela Pittitta Brettagna e tutta sua gente, e tutti quegli ch’egli guerreggia[vano] tutti gli uccidiano, sí come loro iera comandato. Ma tanto andarono in cotale maniera che lo re dela Pititta Brettagna si ricoveroe nela sua cittade. E quando lo re fue nela cittade, e lo re sí andoe alo suo palagio e quivi sí ismontò da cavallo e fece portare Ghedin nelo suo palagio. E quando funo nela sala, e Isotta dele bianci mani vedendo tornato Ghedin fedito quasi a morte, incominciò a fare molto grande pianto ed iera tanto dolorosa che neun’altra piú di lei. E dicea infra se medesima: «Oi lassa e dolorosa me, quant’è dura e forte questa aventura, quando lo re è isconfitto in cotale maniera ed è morta tutta la sua gente!». Molto si duole la damigella di questa aventura. Ma istando in cotale maniera, e Isotta incominciò a risguardare le fedite a Ghedin, e tanto le risguardò in cotale maniera ch’ella vide bene che egli non avea fedite dele quali egli non guerisse bene. [p. 153 modifica]

Ma quando lo re vide Ghedin cosí innaverato, se ne incominciò a menare molto grande dolore. E dicea infra se istesso: «Certo oramai ben son io lo piú doloroso re che sia al mondo, quando io abo perduta tutta la mia gente. E posso bene dire ch’i’ abia perduto tutto lo mio reame e anche posso dire ch’i’ho perduto lo mio figliuolo Ghedin, lo quale ha mantenuta la guerra incontra alo conte d’Agippi. E sed egli non fosse così innaverato sí com’egli è, ancora per aventura io combatterei co lui. Ma oramai io non posso piú combattere, imperciò ched io abo troppo grande tempo e non posso bene portare arme. Ma io vorrei per mia volontade che a me sí venisse alcuno pro cavaliere, lo quale per sua prodezza sí mi diliverasse me di questo dolore e la mia figliuola Isotta dele bianci mani, dela quale io mi doglio assai piú di lei che non foe di me medesimo. Imperciò ch’ella sarae presa dalo conte d’Agippi, lá onde ne sarae molto grande damaggio d’una cosí bella damigella, sí com’ella èe». Molto ne mena grande dolore lo re di questa aventura. Ma istando in cotale maniera, e Isotta sí aconcioe le fedite a Ghedin, sí come si convenia. Ma tutta fiata non finiva di piangere e di menare grande dolore.

Ma istando in cotale maniera, e lo conte d’Agippi sí fue giunto alo campo, lo quale sí era giá ala cittade delo re dela Pititta Brettagna. E quand’eglino fuorono ala cittade, ed eglino sí puosero l’assedio ala cittade da ogne parte. Ma lo conte d’Agippi andoe colla sua ischiera ala porta dela cittade molto presso, e quivi si stavano tutti li suoi cavalieri. Ma tanto sí dimorarono in cotale maniera che lo giorno sí trapassoe e la notte appressimoe. E quando la notte fue venuta, e lo conte d’Agippi sí comandoe che Io campo fosse bene guardato da tutte parti, e fue fatto suo comandamento. Ma tanto dimorarono in cotale maniera -che la notte sí trapassoe e lo giorno fue venuto. E quando lo giorno fue venuto, e lo conte d’Agippi sí comandoe che tutta gente sí dovesse prendere l’arme e dovessero andare ali loro cunistaboli, sí com’egli ierano usati. E quando lo comandamento fue andato, tutti li suoi [p. 154 modifica] baroni e cavalieri si andarono ali loro cunistaboli, sí come iera loro comandato. Ma tanto dimorarono in cotale maniera che lo conte Agippi sí ordinoe tutte le battaglie d’intorno ala cittade, imperciò che la volea combattere da ogne parte.