La peruviana/L'autore a chi legge

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L'autore a chi legge

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Lettera di dedica Personaggi

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L’AUTORE

A CHI LEGGE1

P
ARVE a me, che le Lettere di una Peruviana, recate dal Francese nell’Italiana favella, formassero il più bel Romanzetto del Mondo 2. M’innamorai dello stile semplice, ma succoso, alla maniera degli Orientali. Udite il primo periodo, se letto per avventura voi non l’aveste: Aza! mio caro Aza! le grida della tua tenera Zilia, come un vapor mattutino, escono, e si dileguano prima di giugnere a te. Ecco come la innocente prigioniera de’ suoi nemici, avventura lo sfogo di sua passione coll’amante, che è a lei lontano, e paragona i suoi lamenti al vapor mattutino, che dileguasi nel breve giro che occupa, appena nato. Le passioni mi parvero sì virtuose, e sì nobilmente trattate, e tanto mi sembrarono gli avvenimenti curiosi, che m’invogliai di tessere una Commedia sull’idea del Romanzo medesimo. I personaggi di Zilia e di Aza sono di carattere eroico, sufficiente ad una Tragedia; ma trasportati lungi dal loro Paese, in una specie di schiavitù, in potere di persona privata, che figura principalmente nell’azione dell’Opera, fa sì che il soggetto divenga Comico, o Tragicomico almeno. Aggiungesi ad aumentare il grado della Commedia, un Fattor di Campagna ridicolo nella sua età avanzata 3; un Giovane contadino semplice, ma giocoso; una Serva brillante; ed il Marito di Madama Cellina, che ha la sua parte di caricatura ridicola. Dove parlano i Peruviani, lo stile certamente eccede quello della Commedia, ma non si possono far parlare diversamente; anzi ho creduto sempre cosa utile e necessaria far parlare gli Attori di ciascheduna Commedia non col linguaggio [p. 228 modifica]poetico, ma con quello della natura. Voglio dire la verità: per questa mia Commedia ho avuto della passione, e mal grado la mediocre riuscita ch’ella ha fatto sopra le scene, non ho scemato il mio attaccamento particolare a questa mia Figliuola adottiva. Si danno talvolta delle combinazioni fortunose, che contribuiscono ai danni di un’opera, senza originale sua colpa. Zilia rappresenta a parte di una tenera Giovinetta, che colla bellezza innamora, e coll’età eccita alla compassione. La Donna, a cui venni costretto di raccomandare un tal personaggio nelle prime recite della Commedia4, piena di ottima abilità per altre parti, in questa non avea niente che si uniformasse alla verità del carattere, ed ecco l’Opera precipitata. Dirò di più, che anche le altri parti non erano felicemente distribuite, onde la riuscita era quasi impossibile. Dirà il Lettore (mi aspetto) e tu perchè sì male distribuirle? Non mi manca ragione per giustificarmi. Nelle Compagnie Italiane conservasi ancora questo bel fanatismo dei gradi comici, e quando mi credea d’averlo estirpato, lo vidi ripullulare, e farmi la guerra allor che pensava al bene comune. Nelle Commedie, alle quali provvedo io l’argomento, uso ogni studio per adattare i caratteri alle persone, a costo di perdere qualche bel tratto, qualche brillante scena; ma in questa, per cui presi dal Romanzo il soggetto, non ebbi gli Attori in vista, e dopo scritta dovetti, per appagare le loro brame, distribuirla alla peggio. Esaminate un poco, Signori miei, se Plauto, se Terenzio, se i Greci, se gl’italiani antichi, se i Francesi moderni ebbero mai, ed hanno presentemente, un sì bel precetto nello scrivere le Commedie loro. Della Compagnia valorosa, per cui presentemente ho l’impegno di scrivere, non posso veramente dolermi 5. Tutti impegnati sono alla gloria loro, e alla gloria mia. Hanno per me dell’amore e della cordialità, e se procuro6 di secondarli su quest’articolo, lo fo per corrispondere alle loro attenzioni. Ma sia per una ragione, o per l’altra, mi continua il precetto, più rigoroso di quelli d’Orazio, i [p. 229 modifica]quali qualche volta mi scordo. Ora la mia Peruviana comparisce al pubblico nella sua purità. Chi ha la sofferenza di leggerla, non pensa agli Attori, che possano rappresentarla, e mi sarà giudicata per quel che merita. Aspetto in cotallai modo un pubblico giudizio, che mi consoli; e se altrimenti accada, confesserò il mio torto, e mi confermerò nel detto comune, che gli Scrittori talvolta prendono passione per cose di minor conto, e trovano delle Opere loro applaudite, che dentro di sè medesimi si vergognavano di aver prodotto.


Note

  1. Questa prefazione fu stampata in testa alla commedia nel tomo III (1757) dell’ed. Pitteri, che uscì a Venezia in principio del 1758.
  2. Le Lettres d’une Peruvienne della signora di Grafigay uscirono nel 1747 e la traduzione italiana fu stampata a Venezia nel 1754: vedasi la Nota storica in fine della commedia.
  3. Nel testo: avvanzata.
  4. Allude il Goldoni alla prima donna del teatro di San Luca, Teresa Gandini. detta Flaminia, che nel 1755 abbandonò Venezia e passò col marito. Pietro Gandini, a recitare a Dresda. Si vedano le due Introduzioni teatrali nei volumi X e XI della pregante edizione.
  5. Allude alla compagnia del teatro di San Luca, della quale pur troppo ebbe moltissime volte motivo di lagnarsi, allora e più tardi.
  6. Nel testo: proccuro.