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La scienza moderna e l'anarchia/Parte prima/IX

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L'Ideale anarchico e le Rivoluzioni precedenti

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L'Ideale anarchico e le Rivoluzioni precedenti
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L'Anarchia, come si è già detto, è nata dai suggerimenti della vita pratica.

Godwin, contemporaneo della Grande Rivoluzione del 1789-93, aveva veduto coi suoi propri occhi come l'autorità governativa, creata durante la rivoluzione e dalla Rivoluzione, fosse diventata a sua volta un ostacolo allo svilupparsi del movimento rivoluzionario. Sapeva pure ciò che succedeva in Inghilterra all'ombra del Parlamento: il saccheggio delle terre comunali, la vendita degli uffici più lucrosi, la caccia data ai fanciulli dei poveri da agenti che percorrevano appositamente l'Inghilterra per strapparli alle case di lavoro e trasportarli nelle officine del Lancashire, dove perivano in massa – e così di seguito. Godwin comprese come un governo – fosse pur quello della «Repubblica Una e Indivisibile» dei giacobini – non saprebbe mai portare a compimento la rivoluzione sociale, comunista, perchè anche un governo rivoluzionario, per ciò solo che è guardiano dello Stato e dei privilegi che ogni Stato ha da difendere, diventa bentosto un impedimento alla Rivoluzione. Egli comprese e lanciò questa idea anarchica, che è necessario, per il trionfo della Rivoluzione, che gli uomini si disfacciano della loro fede nel Diritto, nell'Autorità, nell'Unità, nell'Ordine, nella Proprietà, e in tutte le altre superstizioni ereditate dal loro passato di schiavi.

Il secondo teorico dell'Anarchia, che venne dopo Godwin, fu Proudhon, il quale visse la Rivoluzione del 1848. Anch'egli potè vedere coi propri occhi i delitti commessi dal governo repubblicano, e persuadersi, nello stesso tempo, dell'impotenza del socialismo statale. Sotto l'ancor fresca impressione di ciò che aveva veduto durante il movimento del 1848, scrisse quella sua Idea generale sulla Rivoluzione, in cui proclamò coraggiosamente l'abolizione dello Stato e l'Anarchia.

Da ultimo, nell'Internazionale, la concezione anarchica maturò pure dopo una rivoluzione, ossia dopo la Comune di Parigi del 1871. La completa impotenza rivoluzionaria del Consiglio della Comune, che tuttavia conteneva, in ben giuste proporzioni, rappresentanti di tutte le frazioni rivoluzionarie di quel tempo (giacobini, blanquisti e internazionalisti), come pure l'incapacità del Consiglio generale dell'Internazionale, che risiedeva a Londra ed aveva la stupida e dannosa pretesa di dirigere il movimento parigino con degli ordini inviati dall'Inghilterra; questi due insegnamenti aprirono gli occhi ai più, e condussero molti membri dell'Internazionale – Bakunin compreso – a meditare sopra i danni d'ogni sorta di autorità, fosse pure eletta tanto liberamente quanto nella Comune e nell'Internazione operaia.

Qualche mese dopo, la decisione presa dal Consiglio generale durante una conferenza segreta convocata a Londra nel 1871, invece del Congresso annuale, mise in maggior evidenza gli inconvenienti di un governo in seno all'Internazionale. In seguito a questa funesta risoluzione, le forze dell'Associazione, che fino a quel giorno erano unite per la lotta economico-rivoluzionaria (la lotta diretta delle unioni operaie contro il capitalismo dei padroni), stavano per essere lanciate in un movimento elettorale, politico e parlamentare, in cui non potevano che intristire e distruggersi.

Questa decisione provocò l'aperta rivolta delle federazioni latine (la spagnuola, l'italiana, la giurassiana ed in parte la belga) contro il Consiglio generale di Londra, rivolta dalla quale data il movimento anarchico, che vediamo continuare ai nostri giorni.

Così, il movimento anarchico ricominciava tutte le volte sotto l'impressione di qualche grande lezione pratica, avendo la sua origine negli insegnamenti della vita stessa; ma – appena iniziato – cercava pure di trovare subito la sua espressione e la sua base teorica e scientifica. Scientifica, non perchè volesse esprimersi in un gergo incomprensibile o riallacciarsi all'antica metafisica, ma perchè voleva trovare il suo fondamento nella scienza naturalista del tempo e diventarne una parte.

Nello stesso tempo gli anarchici lavoravano allo sviluppo del loro ideale.

Nessuna lotta può dare la vittoria se è incosciente, se non si rende un conto esatto, concreto e reale del suo scopo. Nessuna distruzione di ciò che esiste è possibile, senza raffigurarsi mentalmente, nello stesso periodo della distruzione o delle lotte che devono affrettarla, ciò che si metterà al posto di quanto si distrugge. Non si può fare neppure una critica teorica di ciò che esiste, senza aver già presente allo spirito un'immagine più o meno netta di ciò che si vorrebbe sostituirvi. Coscientemente o no, l'ideale – la concezione d'un vivere migliore – si disegna sempre nella mente di chiunque faccia la critica delle istituzioni esistenti.

Ciò è vero in ispecie per l'uomo d'azione. Dire agli altri uomini: «Distruggiamo per ora il capitalismo o l'autocrazia, e poi vedremo cosa converrà di sostituirvi» è un ingannare sè e gli altri. E non si creerà mai una forza con un inganno! Infatti, quegli che tiene un simile linguaggio ha nondimeno una concezione qualsiasi di ciò che vorrebbe vedere in luogo di quello che attacca. Così, in Russia, lavorando a demolire l'autocrazia, gli uni pensano ad una costituzione all'inglese od alla tedesca per un prossimo avvenire; gli altri sognano una repubblica, sottomessa forse alla dittatura potente del loro circolo, oppure a una repubblica monarchica come in Francia o fors'anche ad una repubblica federativa come negli Stati Uniti. Altri, infine, pensano già ad una più grande limitazione del potere dello Stato, a una più grande libertà delle città, dei comuni, delle unioni operaie e d'ogni sorta di gruppi uniti tra loro con dei vincoli federali.

Chiunque attacca il capitalismo ha sempre un'idea qualsiasi, ben definita o ancor vaga, di ciò che vorrebbe mettere al posto del capitalismo attuale: il capitalismo di Stato, od una specie qualsiasi di comunismo di Stato, oppure, finalmente, una federazione d'associazioni più o meno comuniste per la produzione, lo scambio, il consumo di ciò che ricavano dal suolo e di ciò che fabbricano.

Ogni partito ha così la sua concezione nell'avvenire, il suo ideale che gli serve a giudicare tutti i fatti che avvengono nella vita politica ed economica delle nazioni, ed a trovare i mezzi d'azione che gli son propri e che gli permetteranno di camminare più speditamente verso il suo fine.

È perciò naturale che l'Anarchia, per quanto nata dalle lotte quotidiane, abbia lavorato anch'essa a sviluppare il suo ideale; e questo ideale, questa mèta, queste vedute hanno separato subito gli anarchici, nei loro mezzi di azione, da tutti i partiti politici, come anche in gran parte dai partiti socialisti, che hanno creduto poter mantenere l'antico ideale romano e canonico dello Stato, per trasportarlo nella società futura dei loro sogni.