La scienza nuova seconda/Libro quarto/Sezione sesta

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Libro quarto - Sezione sesta - Tre spezie di caratteri

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[SEZIONE SESTA]

TRE SPEZIE DI CARATTERI

932Tre spezie di caratteri.

933De’ qual ’i primi furon divini, che propiamente si dissero «geroglifici», de’ quali sopra pruovammo che ne’ loro principi si servirono tutte le nazioni. E furono certi universali fantastici, dettati naturalmente da quell’innata propietá della mente umana di dilettarsi dell’uniforme (di che proponemmo una degnitá), lo che non potendo fare con l’astrazione per generi, il fecero con la fantasia per ritratti. A’ quali universali poetici riducevano tutte le particolari spezie a ciascun genere appartenenti, com’a Giove tutte le cose degli auspici, a Giunone tutte le cose delle nozze, e cosí agli altri l’altre.

934I secondi furono caratteri eroici, ch’erano pur universali fantastici, a’ quali riducevano le varie spezie delle cose eroiche; come ad Achille tutti i fatti de’ forti combattidori, ad Ulisse tutti i consigli de’ saggi. I quali generi fantastici, con avvezzarsi poscia la mente umana ad astrarre le forme e le propietá da’ subbietti, passarono in generi intelligibili, onde provennero appresso i filosofi; da’ quali poscia gli autori della commedia nuova, la quale venne ne’ tempi umanissimi della Grecia, presero i generi intelligibili de’ costumi umani e ne fecero ritratti nelle loro commedie.

935Finalmente si ritruovarono i volgari caratteri, i quali andarono di compagnia con le lingue volgari: poiché, come queste si compongono di parole, che sono quasi generi de’ particolari co’ quali avevan innanzi parlato le lingue eroiche (come, per l’esemplo sopra arrecato, della frase eroica «mi bolle il sangue nel cuore», ne fecero questa voce: «m’adiro»); cosí di [p. 62 modifica] cenventimila caratteri geroglifici, che, per esemplo, usano fin oggi i chinesi, ne fecero poche lettere, alle quali, come generi, si riducono le cenventimila parole delle quali i chinesi compongono la loro lingua articolata volgare. Il qual ritruovato è certamente un lavoro di mente ch’avesse piú che dell’umana; onde sopra udimmo Bernardo da Melinckrot ed Ingewaldo Elingio che ’l credono ritruovato divino. E tal comun senso di maraviglia è facile ch’abbia mosso le nazioni a credere ch’uomini eccellenti in divinitá avesser loro ritruovato s’ fatte lettere, come san Girolamo agl’illiri, come san Cirillo agli slavi, come altri ad altre, conforme osserva e ragiona Angelo Rocha nella Biblioteca vaticana, ove gli autori delle lettere, che diciamo «volgari », coi lor alfabeti sono dipinti. Le quali oppenioni si convincono manifestamente di falso col solo domandare: — Perché non l’insegnarono le loro propie? — La qual difficultá abbiam noi sopra fatto di Cadmo, che dalla Fenicia aveva portato a’ greci le lettere, e questi poi usarono forme di lettere cotanto diverse dalle fenicie.

936Dicemmo sopra tali lingue e tali lettere esser in signoria del volgo de’ popoli, onde sono dette e Lune e l’altre «volgari ». Per cotal signoria e di lingue e di lettere debbon i popoli liberi esser signori delle lor leggi, perché danno alle leggi que’ sensi ne’ quali vi traggono ad osservarle i potenti, che, come nelle Degnitá fu avvisato, non le vorrebbono. Tal signoria è naturalmente niegato a’ monarchi di toglier a’ popoli; ma, per questa stessa loro niegata natura di umane cose civili, tal signoria, inseparabile da’ popoli, fa in gran parte la potenza d’essi monarchi, perch’essi possano comandare le loro leggi reali, alle quali debbano star i potenti, secondo i sensi ch’a quelle danno i lor popoli. Per tal signoria di volgari lettere e lingue è necessario, per ordine di civil natura, che le repubbliche libere popolari abbiano preceduto alle monarchie.