La scienza nuova seconda/Libro quinto/Capitolo primo

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Libro quinto - Capitolo primo - La storia barbara ultima schiarita col ricorso della storia barbara prima

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[CAPITOLO PRIMO]

[la storia barbara ultima schiarita col ricorso
della storia barbara prima]

1047Imperciocché, avendo per vie sovraumane schiarita e ferma la veritá della cristiana religione con la virtú de’ martiri incontro la potenza romana e con la dottrina de’ Padri e co’ miracoli incontro la vana sapienza greca, avendo poi a surgere nazioni armate, ch’avevano da combattere da ogni parte la vera divinitá del suo Autore, permise nascere nuovo ordine d’umanitá tralle nazioni, acciocché secondo il natural corso delle medesime cose umane ella fermamente fussesi stabilita.

1048Con tal eterno consiglio, rimenò i tempi veramente divini, ne’ quali gli re catolici dappertutto, per difendere la religion cristiana, della qual essi son protettori, vestirono le dalmatiche de’ diaconi e consagrarono le loro persone reali (onde serbano il titolo di «Sagra Real Maestá»), presero degnitadi ecclesiastiche, come di Ugone Ciapeto narra Sinforiano Camperio nella Geanologia degli re di Francia che s’intitolava «conte ed abate di Parigi», e ’l Paradino negli Annali della Borgogna osserva antichissime scritture nelle quali i principi di Francia comunemente «duchi ed abati» ovvero «conti ed abati» s’intitolavano. Cosí i primi re cristiani fondarono religioni armate, con le quali ristabilirono ne’ loro reami la cristiana catolica religione incontro ad ariani (de’ quali san Girolamo dice essere stato il mondo cristiano quasi tutto bruttato), contro saraceni ed altro gran numero d’infedeli.

1049Quivi ritornarono con veritá quelle che si dicevano «pura et pia bella» da’ popoli eroici; onde ora tutte le cristiane potenze con le loro corone sostengono sopra un orbe innalberata la croce, la qual avevano spiegata innanzi nelle bandiere, quando facevano le guerre che si dicevano «crociate». [p. 133 modifica]

1050Ed è maraviglioso il ricorso di tali cose umane civili de’ tempi barbari ritornati, che, come gli antichi araldi, nell’intimare le guerre, essi «evocabant deos» dalle cittá alle quali le intimavano, con l’elegantissima formola e piena di splendore qual ci si conservò da Macrobio, onde credevano che le genti vinte rimanessero senza dèi, e quindi senz’auspíci (ch’è ’l primo principio di tutto ciò ch’abbiamo in quest’opera ragionato) — ché, per lo diritto eroico delle vittorie, a’ vinti non rimaneva niuna di tutte le civili cosí pubbliche come private ragioni, le quali, come abbiamo sopra pienamente pruovato principalmente con la storia romana, tutte ne’ tempi eroici erano dipendenze degli auspíci divini; lo che tutto era contenuto nella formola delle rese eroiche, la quale Tarquinio Prisco praticò in quella di Collazia, che gli arresi «debebant divina et humana omnia» a’ popoli vincitori; — cosí i barbari ultimi, nel prendere delle cittá, non ad altro principalmente attendevano ch’a spiare, truovare e portar via dalle cittá prese famosi depositi o reliquie di santi. Ond’è che i popoli in que’ tempi erano diligentissimi in sotterrarle e nasconderle, e perciò tai luoghi dappertutto si osservano nelle chiese gli piú addentrati e profondi: ch’è la cagione per la quale in tali tempi avvennero quasi tutte le traslazioni de’ corpi santi. E n’è restato questo vestigio: che tutte le campane delle cittá prese i popoli vinti devono riscattare da’ generali capitani vittoriosi.

1051Di piú, perché fino dal Quattrocento, cominciando ad allagare l’Europa ed anco l’Affrica e l’Asia tante barbare nazioni, e i popoli vincitori non s’intendendo co’ vinti dalla barbarie de’ nimici della catolica religione, avvenne che di que’ tempi ferrei non si truova scrittura in lingua volgare propia di quelli tempi, o italiana o francese o spagnuola o anco tedesca (con la quale, come vuole l’Aventino, De annalibus boiorum, non s’incominciaron a scriver diplomi che da’ tempi di Federico di Suevia, anzi voglion altri da quelli dell’imperadore Ridolfo d’Austria, come altra volta si è detto), e tra tutte le nazioni anzidette non si truovano scritture che ’n latino barbaro, della qual lingua s’intendevano pochissimi nobili, ch’erano [p. 134 modifica] ecclesiastici: onde resta da immaginare che ’n tutti que’ secoli infelici le nazioni fussero ritornate a parlare una lingua muta tra loro. Per la quale scarsezza di volgari lettere, dovette ritornar dappertutto la scrittura geroglifica dell’imprese gentilizie, le quali, per accertar i domini (come sopra si è ragionata), significassero diritti signorili sopra, per lo piú, case, sepolcri, campi ed armenti.

1052Ritornarono certe spezie di giudizi divini, che furono detti «purgazioni canoniche»; de’ quali giudizi una spezie abbiam sopra dimostro ne’ tempi barbari primi essere stati i duelli, i quali però non furono riconosciuti da’ sagri canoni.

1053Ritornarono i ladronecci eroici; de’ quali vedemmo sopra che, come gli eroi s’avevano recato ad onore d’esser chiamati «ladroni», cosí titolo di signoria fu quello poi di «corsali».

1054Ritornarono le ripresaglie eroiche, le quali sopra osservammo aver durato fin a’ tempi di Bartolo.

1055E, perché le guerre de’ tempi barbari ultimi furono, come quelle de’ primi, tutte di religione, quali testé abbiam veduto, ritornarono le schiavitú eroiche, che durarono molto tempo tra esse nazioni cristiane medesime. Perché, costumandosi in que’ tempi i duelli, i vincitori credevano che i vinti non avessero Dio (come sopra, ove ragionammo de’ duelli, si è detto), e si gli tenevano niente meno che bestie. Il qual senso di nazioni si conserva tuttavia tra’ cristiani e turchi. La qual voce vuol dire «cani» (onde i cristiani, ove vogliono o debbon trattare co’ turchi con civiltá, gli chiamano «musulmani», che significa «veri credenti»); e i turchi, al contrario, i cristiani chiamano «porci». E quindi nelle guerre entrambi praticano le schiavitú eroiche, quantunque con maggior mansuetudine i cristiani.

1056Ma sopra tutto maraviglioso è ’l ricorso che ’n questa parte fecero le cose umane, che ’n tali tempi divini ricominciarono i primi asili del mondo antico, dentro i quali udimmo da Livio essersi fondate tutte le prime cittá. Perché — scorrendo dappertutto le violenze, le rapine, l’uccisioni, per la somma ferocia e fierezza di que’ secoli barbarissimi; né (come si è detto [p. 135 modifica] nelle Degnitá) essendovi altro mezzo efficace di ritener in freno gli uomini, prosciolti da tutte le leggi umane, che le divine, dettate dalla religione — naturalmente, per timore d’esser oppressi e spenti gli uomini, come in tanta barbarie piú mansueti, essi si portavano da’ vescovi e dagli abati di que’ secoli violenti, e ponevano sé, le loro famiglie e i loro patrimoni sotto la protezione di quelli, e da quelli vi erano ricevuti; le quali suggezioni e protezione sono i principali costitutivi de’ feudi. Ond’è che nella Germania, che dovett’essere piú fiera e feroce di tutte l’altre nazioni d’Europa, restarono quasi piú sovrani ecclesiastici (o vescovi o abati) che secolari, e, come si è detto, nella Francia quanti sovrani principi erano, tanti s’intitolavano conti o duchi ed abati. Quindi nell’Europa in uno sformato numero tante cittá, terre e castella s’osservano con nomi di santi; perché in luoghi o erti o riposti, per udire la messa e fare gli altri ufizi di pietá comandati dalla nostra religione, si aprivano picciole chiesiccuole, le quali si possono diffinire essere state in que’ tempi i naturali asili de’ cristiani, i quali ivi da presso fabbricavano i lor abituri: onde dappertutto le piú antiche cose, che si osservano di questa barbarie seconda, sono picciole chiese in sí fatti luoghi, per lo piú dirute. Di tutto ciò un illustre esempio nostrale sia l’abadia di San Lorenzo d’Aversa, a cui s’incorporò l’abadia di San Lorenzo di Capova. Ella, nella Campania, Sannio, Puglia e nell’antica Calabria, dal fiume Volturno fin al Mar Picciolo di Taranto, governò cento e dieci chiese, o per se stessa o per abati o monaci a lei soggetti; e quasi di tutti i luoghi anzidetti gli abati di San Lorenzo eran essi baroni.