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La scienza nuova seconda/Libro terzo/Sezione prima/Capitolo primo

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Sezione prima - Capitolo primo - Della sapienza riposta c'hanno oppinato d'Omero

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Sezione prima - Capitolo primo - Della sapienza riposta c'hanno oppinato d'Omero
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[CAPITOLO PRIMO]

della sapienza riposta c’hanno oppinato d’omero

781Perché gli si conceda pure ciò che certamente deelesi dare, ch’Omero dovette andare a seconda de’ sensi tutti volgari, e perciò de’ volgari costumi della Grecia, a’ suoi tempi barbara, perché tali sensi volgari e tai volgari costumi danno le propie materie a’ poeti. E perciò gli si conceda quello che narra: — estimarsi gli dèi dalla forza, — come dalla somma sua forza Giove vuol dimostrare, nella favola della gran catena, ch’esso sia lo re degli uomini e degli dèi, come si è sopra osservato; sulla qual volgar oppenione fa credibile che Diomede ferisce Venere e Marte con l’aiuto portatogli da Minerva, la quale, nella contesa degli dèi, e spoglia Venere e percuote Marte con un colpo di sasso (tanto Minerva nella volgar credenza era dea della filosofia! e sí ben usa armadura degna della sapienza di Giove!). Gli si conceda narrare il costume immanissimo (il cui contrario gli autori del diritto natural delle genti vogliono essere stato eterno tralle nazioni), che pur allora correva tralle barbarissime genti greche (le quali si è creduto avere sparso l’umanitá per lo mondo), di avvelenar le saette (onde Ulisse per ciò va in Efira, per ritruovarvi le velenose erbe) e di non seppellire i nimici uccisi in battaglia, ma lasciargli inseppolti per pasto de’ corvi e cani (onde tanto costò all’infelice Priamo il riscatto del cadavero di Ettorre da Achille, che, pure nudo, legato al suo carro, l’aveva tre giorni strascinato d’intorno alle mura di Troia).

782Però, essendo il fine della poesia d’addimesticare la ferocia del volgo, del quale sono maestri i poeti, non era d’uom saggio di tai sensi e costumi cotanto fieri destar nel volgo la maraviglia per dilettarsene, e col diletto confermargli vieppiú. Non era d’uom saggio al volgo villano destar piacere delle [p. 5 modifica] villanie degli dèi nonché degli eroi, come, nella contesa, si legge che Marte ingiuria «mosca canina» a Minerva, Minerva dá un pugno a Diana, Achille ed Agamennone, uno il massimo de’ greci eroi, l’altro il principe della greca lega, entrambi re, s’ingiuriano l’un l’altro «cani», ch’appena ora direbbesi da’ servidori nelle commedie.

783Ma, per Dio! qual nome piú propio che di «stoltezza» merita la sapienza del suo capitano Agamennone, il quale dev’essere costretto da Achille a far suo dovere di restituire Criseide a Crise, di lei padre, sacerdote d’Apollo, il qual dio per tal rapina faceva scempio dell’esercito greco con una crudelissima pestilenza? e, stimando d’esservi in ciò andato del punto suo, credette rimettersi in onore con usar una giustizia ch’andasse di séguito a sí fatta sapienza, e toglier a torto Briseide ad Achille, il qual portava seco i fati di Troia, acciocché, disgustato dipartendosi con le sue genti e con le sue navi, Ettorre facesse il resto de’ greci ch’erano dalla peste campati? Ecco l’Omero finor creduto ordinatore della greca polizia o sia civiltá, che da tal fatto incomincia il filo con cui tesse tutta l’Iliade, i cui principali personaggi sono un tal capitano ed un tal eroe, quale noi facemmo vedere Achille ove ragionammo dell’Eroismo de’ primi popoli! Ecco l’Omero innarrivabile nel fingere i caratteri poetici, come qui dentro il farem vedere, de’ quali gli piú grandi sono tanto sconvenevoli in questa nostra umana civil natura! Ma eglino sono decorosissimi in rapporto alla natura eroica, come si è sopra detto, de’ puntigliosi.

784Che dobbiam poi dire di quello che narra: i suoi eroi cotanto dilettarsi del vino, e, ove sono afflittissimi d’animo, porre tutto il lor conforto, e sopra tutti il saggio Ulisse, in ubbriacarsi? Precetti invero di consolazione, degnissimi di filosofo!

785Fanno risentire lo Scaligero quasi tutte le comparazioni prese dalle fiere e da altre selvagge cose. Ma concedasi ciò essere stato necessario ad Omero per farsi meglio intendere dal volgo fiero e selvaggio: però cotanto riuscirvi, che tali comparazioni sono incomparabili, non è certamente d’ingegno addimesticato [p. 6 modifica] ed incivilito da alcuna filosofia. Né da un animo da alcuna filosofia umanato ed impietosito potrebbe nascer quella truculenza e fierezza di stile, con cui descrive tante, sí varie e sanguinose battaglie, tante, sí diverse e tutte in istravaganti guise crudelissime spezie d’ammazzamenti, che particolarmente fanno tutta la sublimitá dell’Iliade.

786La costanza poi, che si stabilisce e si ferma con lo studio della sapienza de’ filosofi, non poteva fingere gli dèi e gli eroi cotanto leggieri, ch’altri ad ogni picciolo motivo di contraria ragione, quantunque commossi e turbati, s’acquetano e si tranquillano; — altri nel bollore di violentissime collere, in rimembrando cosa lagrintevole, si dileguano in amarissimi pianti (appunto come nella ritornata barbarie d’Italia — nel fin della quale provenne Dante, il toscano Omero, che pure non cantò altro che istorie — si legge che Cola di Rienzo — la cui Vita dicemmo sopra esprimer al vivo i costumi degli eroi di Grecia, che narra Omero, — mentre mentova l’infelice stato romano oppresso da’ potenti in quel tempo, esso e coloro, appo i quali ragiona, prorompono in dirottissime lagrime); — al contrario altri, da sommo dolor afflitti, in presentandosi loro cose liete, come al saggio Ulisse la cena da Alcinoo, si dimenticano affatto de’ guai e tutti si sciogliono in allegria; — altri, tutti riposati e quieti, ad un innocente detto d’altrui che lor non vada all’umore, si risentono cotanto e montano in sí cieca collera, che minacciano presente atroce morte a chi ’l disse. Come quel fatto d’Achille, che riceve alla sua tenda Priamo (il quale di notte, con la scorta di Mercurio, per mezzo al campo de’ greci, era venuto tutto solo da essolui per riscattar il cadavero, com’altra volta abbiam detto, di Ettorre), l’ammette a cenar seco; e, per un sol detto il quale non gli va a seconda, ch’all’infelicissimo padre cadde innavvedutamente di bocca per la pietá d’un sí valoroso figliuolo, — dimenticato delle santissime leggi dell’ospitalitá; non rattenuto dalla fede onde Priamo era venuto tutto solo da essolui, perché confidava tutto in lui solo; nulla commosso dalle molte e gravi miserie di un tal re, nulla dalla pietá di tal padre, nulla dalla venerazione [p. 7 modifica] d’un tanto vecchio; nulla riflettendo alla fortuna comune, della quale non vi ha cosa che piú vaglia a muover compatimento; — montato in una collera bestiale, gl’intuona sopra «volergli mozzar la testa»! Nello stesso tempo ch’empiamente ostinato di non rimettere una privata offesa fattagli da Agamennone (la quale, benché stata fuss’ella grave, non era giusto di vendicare con la rovina della patria e di tutta la sua nazione), si compiace, chi porta seco i fati di Troia, che vadano in rovina tutti i greci, battuti miseramente da Ettorre; né pietá di patria, né gloria di nazione il muovono a portar loro soccorso, il quale non porta finalmente che per soddisfare un suo privato dolore, d’aver Ettorre ucciso il suo Patroclo! E della Briseide toltagli nemmeno morto si placa, senonsé l’infelice bellissima real donzella Polissena, della rovinata casa del poc’anzi ricco e potente Priamo, divenuta misera schiava, fusse sagrificata innanzi al di lui sepolcro, e le di lui ceneri, assetate di vendetta, non insuppasse dell’ultima sua goccia di sangue! Per tacer affatto di quello che non può intendersi: ch’avesse gravitá ed acconcezza di pensar da filosofo chi si trattenesse in truovare tante favole di vecchiarelle da trattener i fanciulli, di quante Omero affollò l’altro poema dell’Odissea.

787Tali costumi rozzi, villani, feroci, fieri, mobili, irragionevoli o irragionevolmente ostinati, leggieri e sciocchi, quali nel libro secondo dimostrammo ne’ Corollari della natura eroica, non posson essere che d’uomini per debolezza di menti quasi fanciulli, per robustezza di fantasia come di femmine, per bollore di passioni come di violentissimi giovani; onde hassene a niegar ad Omero ogni sapienza riposta. Le quali cose qui ragionate sono materie per le quali incomincian ad uscir i dubbi che ci pongono nella necessitá per la ricerca del vero Omero.