La tutela internazionale della proprietà intellettuale: il fenomeno del copyleft/Capitolo 2.6

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Capitolo 2.5 Conclusioni

In conclusione di questa analisi, rileva affrontare alcuni aspetti dubbi delle licenze libere, ancora oggi non risolti e che probabilmente saranno forieri di nuove evoluzioni delle stesse nei prossimi anni.

2.6.1. Irrevocabilità di una licenza libera

Un dubbio legittimo riguarda gli effetti di un possibile ripensamento dell’autore rispetto alla sua scelta di rilasciare un’opera con licenza libera, ossia se sia possibile compiere il percorso “inverso”.

L’atto di sostituire dei termini di licenza permissivi con altri più restrittivi è pienamente nelle possibilità dell’autore: l’intera impostazione copyleft discende, come abbiamo visto, dalla disciplina contrattuale, facendo leva proprio sul principio di autonomia contrattuale dell’autore rispetto ai licenziatari. Le parti, così come sono libere in qualsiasi momento di stipulare un contratto, sono anche libere di porre termine ai rapporti giuridici da esso derivanti in qualsiasi momento.

La natura particolare delle licenze libere, tuttavia, rende particolarmente labile la definizione di licenziatario: essendo questi indefinibile, poiché l’opera può essere utilizzata da chiunque, «è poco praticabile che il licenziante, qualora decida di cambiare i termini della licenza, prenda contatti con tutti i licenziatari che hanno usufruito di essa per concordare il cambiamento».1

Rileva anche notare come sia impossibile, in virtù degli obblighi contratti con la precedente licenza accordata, richiedere anche la cessazione di ogni attività precedentemente garantita. È per questi motivi che, fra gli esperti in materia, è opinione comune considerare le licenze libere come sostanzialmente irrevocabili.

Un possibile escamotage è quello di modificare sostanzialmente l’opera, al punto da renderla, per quanto possibile, “nuova” rispetto all’originale. In questo senso, i termini della vecchia licenza sarebbero applicabili solo alla “vecchia” versione.

2.6.2. Legge applicabile

Un altro aspetto particolarmente analizzato in dottrina è quello della giurisdizione applicabile, in caso di controversia riguardo una data licenza. Il problema è amplificato dalle differenze, a volte sensibili, fra i vari ordinamenti giuridici – che possono anche arrivare a fondarsi su concetti diversi, come il copyright per i sistemi anglo-sassoni e il droit d’auteur per i sistemi europei continentali. È questo un problema non di poco conto, se consideriamo che ormai un’opera può essere facilmente prodotta in un Paese e “consumata” in un altro.

Stando alla lettera della Convenzione di Roma2 (peraltro integrata all’interno del sistema WTO), le parti contraenti sono libere di scegliere quale diritto applicare in maniera espressa, ovvero la scelta deve risultare dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze (art. 3, par. 1).

Dal momento però che le licenze libere rientrano nella categoria delle c.d. browse-wrap licences,3 «è logicamente impossibile che il licenziatario possa esprimere pienamente la sua scelta; potrà al massimo accettare la scelta indicata dal licenziante nel testo della licenza».4 Dunque, si dovrebbe ritenere applicabile quanto disposto ex art. 4, par. 1, ossia che «il contratto è regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto».

Sebbene la Convenzione indichi a titolo esemplificativo alcune delle fattispecie in cui si può presumere tale “collegamento stretto”, è comunque sempre al giudice che spetta determinare quale sia il criterio corretto e, di conseguenza, l’ordinamento applicabile.

Ex art. 7, par. 2, comunque, il giudice non può esimersi dall’applicare le norme in vigore nel proprio Paese «le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto». Questo aspetto è particolarmente importante, poiché potrebbe determinare esiti diversi a seconda del Paese in cui si sta svolgendo il procedimento.

Un caso emblematico potrebbe riguardare la c.d. “clausola virale” o “clausola copyleft”, che impone il rilascio di qualsivoglia opera derivata con gli stessi termini di riutilizzo dell’opera originaria:5 una dichiarazione di invalidità di questa clausola potrebbe far decadere l’obbligo di licenziare un’opera derivata con la stessa licenza, minando le fondamenta stesse del modello copyleft.

Si è già notato durante l’analisi del “caso Sitecom” come, nell’ordinamento tedesco, essa sia stata considerata parzialmente invalida, laddove sia considerata motivo di revoca in personam dei diritti accordati. Non così potrebbe essere, invece, nell’ordinamento italiano: Sanseverino, per esempio, nota che la violazione della c.d. “clausola virale”, essendo essa «un particolare esercizio negoziale delle facoltà esclusive garantite dal diritto d’autore», comporta la responsabilità di chi non vi ottempera «in termini di inadempimento e non di avveramento di una condizione risolutiva».6

Spolidoro a sua volta nota, analizzando nello specifico la sezione 4 della GPL, come essa ponga «una serie di problemi giuridici di non agevole soluzione», come può essere, per esempio, la mancata distinzione riguardo la gravità della violazione, «dato che la licenza GPL sembra ammettere la risoluzione anche in caso di violazione non grave».7

Alla luce di ciò, appare ancora più intelligente la decisione adottata dalla CC di “localizzare” le proprie licenze e di svincolare la versione unported dall’ordinamento statunitense – dipendenza dalla quale la GPL e le altre licenze della FSF sembrano ancora oggi soffrire.

2.6.3. Tutela effettiva dei diritti morali

In ultimo, rileva notare qualche difficoltà nella gestione dei diritti morali, che pure risultano essere particolarmente importanti all’interno del fenomeno copyleft. In particolare, Sanseverino pone il problema di individuare in che misura è possibile ancora parlare di lesioni dei diritti morali e in che modo è possibile garantire tutela contro una loro violazione.

Dal momento che è concessa da quasi tutte le licenze libere la facoltà di modificare liberamente la propria opera, de facto il diritto morale all’integrità dell’opera viene volontariamente non perseguito in parte dai singoli autori. “In parte”, si diceva, poiché va da se che «il diritto dell’autore a opporsi a ogni atto in danno dell’opera, lesivo altresì della sua reputazione, sembra invece avere un’applicazione più concreta».8

Resta da determinare se il diritto di opporsi a tali modifiche possa essere rivendicato solo in modo congiunto da tutti gli autori coinvolti, ovvero anche da uno solo degli autori. Una soluzione sembra essere stata individuata fin dall’inizio dalla FSF, con la pratica di alienazione di tutti i diritti in capo ai singoli autori a favore della Fondazione stessa, la quale assume anche l’incarico di tutelare tali autori da eventuali violazioni. Similmente, la CC Foundation amministra i diritti degli autori che rilasciano le proprie opere con licenze Creative Commons.

Sanseverino, tuttavia, si dimostra particolarmente scettico riguardo questa soluzione, parlando di un complessivo «abbassamento del livello di tutela dei diritti morali, a fronte di una base di regole comuni ai diversi sistemi»9 e notando come sia piuttosto stata ideata per tutelare la diffusione delle opere, essendo il riconoscimento dei diritti morali un potenziale ostacolo al loro utilizzo.

Pur trattandosi di una posizione parzialmente condivisibile, va riconosciuto innanzitutto che la cessione a una istituzione terza non pregiudica la possibilità per il singolo di adire le vie legali per tutelare i propri diritti. Inoltre, la prassi dimostra proprio come queste istituzioni terze siano state capaci di far valere il proprio peso in casi del genere. Il problema è semmai, ancora una volta, riconducibile ai differenti schemi di tutela nazionale.

Note

  1. S. Aliprandi, Teoria e pratica del Copyleft, op. cit., pag. 37.
  2. A margine, si deve notare come la disciplina della Convenzione di Roma sia da considerarsi obsoleta in ambito UE, in seguito all’introduzione del Regolamento n. 593 del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Regolamento “Roma I”), il cui testo è disponibile al sito: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:177:0006:0006:IT:PDF.
  3. Per una definizione, cfr. infra, par. 2.1.2. “La nozione di licenza libera.
  4. S. Aliprandi, Copyleft & opencontent. L’altra faccia del copyright, Lodi, 2005, pag. 103.
  5. La presenza di una clausola del genere, in verità, non è inedita: già i software proprietari di grandi industrie informatiche adottano clausole che condizionano l’ulteriore circolazione di una copia regolarmente acquistata all’accettazione, da parte dei successivi utilizzatori, delle condizioni d’uso. Cfr. G. Sanseverino, op. cit., pag. 99.
  6. G. Sanseverino, op. cit., pagg. 102-103.
  7. M.S. Spolidoro, op. cit., pag. 97.
  8. G. Sanseverino, op. cit., pag. 84.
  9. G. Sanseverino, op. cit., pagg. 86-87.