La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo XCVII

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Libro primo
Capitolo XCVII

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Arrivammo a una terra di là da Vessa: qui ci riposammo la notte, dove noi sentimmo a tutte l’ore della notte una guardia, che cantava in molto piacevol modo; e per essere tutte quelle case di quella città di legno di abeto, la guardia non diceva altra cosa, se non che s’avessi cura al fuoco. Il Busbacca, che era spaventato della giornata, a ogni ora che colui cantava, el Busbacca gridava in sogno, dicendo: - Ohimè Idio, che io affogo! - e questo era lo spavento del passato giorno; e arroto a quello, che s’era la sera inbriacato, perché volse fare a bere quella sera con tutti e’ tedeschi che vi erano; e talvolta diceva: - Io ardo - e talvolta: - Io affogo -: gli pareva essere alcune volte innello ’nferno marterizzato con quel caviale al collo. Questa notte fu tanto piacevole, che tutti e’ nostri affanni si erano conversi in risa. La mattina levatici con bellissimo tempo, andammo a desinare a una lieta terra domandata Lacca. Quivi fummo mirabilmente trattati; di poi pigliammo guide, le quali erano di ritorno a una terra chiamata Surich. La guida che menava, andava su per un argine d’un lago, e non v’era altra strada, e questo argine ancora lui era coperto d’acqua, in modo che la bestial guida sdrucciolò, e il cavallo e lui andorno sotto l’acqua. Io, che ero drieto alla guida a punto, fermato il mio cavallo, istetti a veder la bestia sortir dell’acqua; e come se nulla non fossi stato, ricominciò a cantare, e accennavami che io andassi innanzi. Io mi gittai in su la man ritta, e roppi certe siepe; cosí guidavo i mia giovani e ’l Busbacca. La guida gridava, dicendomi in tedesco pure che se quei populi mi vedevano, mi arebbero ammazzato. Passammo innanzi e scampammo quell’altra furia. Arrivammo a Surich, città maravigliosa, pulita quanto un gioiello. Quivi riposammo un giorno intero, di poi una mattina per tempo ci partimmo; capitammo a un’altra bella città chiamata Solutorno: di quivi capitammo a Usanna, da Usanna a Ginevra, da Ginevra a Lione, sempre cantando e ridendo. A Lione mi riposai per quattro giornate; molto mi rallegrai con alcuni mia amici; fui pagato della spesa che io avevo fatta per il Busbacca; di poi in capo dei quattro giorni, presi il cammino per la volta di Parigi. Questo fu viaggio piacevole, salvo che quando noi giugnemmo alla Palissa, una banda di venturieri ci volsono assassinare, e non con poca virtú ci salvammo. Di poi ce ne andammo insino a Parigi sanza un disturbo al mondo: sempre cantando e ridendo giugnemmo a salvamento.