La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo C

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Libro secondo
Capitolo C

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Come il Duca venne a Firenze, senza farmi intendere nulla, e’ se ne venne a casa mia, dove io gli mostrai dua modelletti diversi l’uno da l’altro; e sebbene egli me gli lodò tutt’a dua, e’ mi disse che uno gnele piaceva piú dell’altro, e che io finissi bene quello che gli piaceva, che buon per me: e perché Sua Eccellenzia aveva veduto quello che aveva fatto il Bandinello e anche degli altri, Sua Eccellenzia lodò molto piú il mio da gran lunga, ché cosí mi fu detto da molti dei sua cortigiani, che l’avevano sentito. Infra l’altre notabile memorie, da farne conto grandissimo, si fu, che essendo venuto a Firenze il cardinale di Santa Fiore, e menandolo il Duca al Poggio a Caiano, innel passare, per il viaggio, e vedendo il detto marmo, il Cardinale lo lodò grandemente, e poi domandò a chi Sua Eccellenzia lo aveva dedicato che lo lavorassi. Il Duca subito disse: - Al mio Benvenuto, il quale ne ha fatto un bellissimo modello -. E questo mi fu ridetto da uomini di fede: e per questo io me n’andai a trovare la Duchessa e gli portai alcune piacevole cosette dell’arte mia, le quale Sua Eccellenzia illustrissima l’ebbe molto care; dipoi la mi dimandò quello che io lavoravo: alla quale io dissi: - Signora mia, io mi sono preso per piacere di fare una delle piú faticose opere che mai si sia fatte al mondo: e questo si è un Crocifisso di marmo bianchissimo, in su una croce di marmo nerissimo, ed è grande quanto un grande uomo vivo -. Subito la mi dimandò quello che io ne volevo fare. Io le dissi: - Sappiate, Signora mia, che io nollo darei a chi me ne dessi dumila ducati d’oro in oro; perché una cotale opera nissuno uomo mai non s’è messo a una cotale estrema fatica; né manco io non mi sarei ubbrigato affarlo per qualsivoglia Signore, per paura di non restarne in vergogna. Io mi sono comperato i marmi di mia danari, e ho tenuto un giovane in circa a dua anni, che m’ha aiutato, e infra marmi e ferramenti in su che gli è fermo, e salari, e’ mi costa piú di trecento scudi; attale, che io nollo darei per dumila scudi d’oro; ma se Vostra Eccellenzia illustrissima mi vuol fare una lecitissima grazia, io gnele farò volentieri un libero presente: solo priego Vostra Eccellenzia illustrissima che quella non mi sfavorisca, né manco non mi favorisca nelli modelli che Sua Eccellenzia illustrissima si ha commesso che si faccino del Nettunno per il gran marmo -. Lei disse con molto sdegno: - Addunche tu non istimi punto i mia aiuti o mia disaiuti? - Anzi, gli stimo, Signora mia; o perché vi offero io di donarvi quello che io stimo dumila ducati? Ma io mi fido tanto delli mia faticosi e disciplinati studii, che io mi prometto di guadagnarmi la palma, se bene e’ ci fussi quel gran Michelagnolo Buonaroti, dal quale, e non mai da altri, io ho imparato tutto quel che io so: e mi sarebbe molto piú caro che e’ facessi un modello lui, che sa tanto, che questi altri che sanno poco; perché con quel mio cosí gran maestro io potrei guadagnare assai, dove con questi altri non si può guadagnare -. Dette le mie parole, lei mezzo sdegnata si levò, e io ritornai al mio lavoro sollicitando il mio modello quanto piú potevo. E finito che io lo ebbi, il Duca lo venne a vedere, ed era seco dua imbasciatori, quello del Duca di Ferrara e quello della Signoria di Lucca, e cosí ei piacque grandemente, e il Duca disse i quei Signori: - Benvenuto veramente lo merita -. Allora li detti mi favorirno grandemente tutt’a dua, e piú lo imbasciatore di Lucca, che era persona litterata, e dottore. Io, che mi ero scostato alquanto, perché e’ potessino dire tutto quello che pareva loro, sentendomi favorire, subito mi accostai, e voltomi al Duca, dissi: - Signor mio, Vostra Eccellenzia illustrissima doverebbe fare ancora un’altra mirabil diligenzia: comandare che chi vole faccia un altro modello di terra, della grandezza appunto che gli esce di quel marmo; e aqquel modo Vostra Eccellenzia illustrissima vedrà molto meglio chi lo merita; e vi dico: che se Vostra Eccellenzia lo darà a chi nollo merita, quella non farà torto a quel che lo merita, anzi la farà un gran torto a sé medesima, perché la n’acquisterà danno e vergogna; dove faccendo il contrario, con il darlo a chi lo merita, in prima ella ne acquisterà gloria grandissima e spenderà bene il suo tesoro, e le persone virtuose allora crederranno che quella se ne diletti e se ne intenda -. Subito che io ebbi ditte queste parole, il Duca si ristrinse nelle spalle, e avviatosi per andarsene, lo imbasciatore di Lucca disse al Duca: - Signore, questo vostro Benvenuto si è un terribile uomo -. Il Duca disse: - Gli è molto piú terribile che voi non dite; e buon per lui se e’ non fussi stato cosí terribile, perché gli arebbe aùto a quest’ora delle cose che e’ non ha aúte -. Queste formate parole me le ridisse il medesimo imbasciatore, quasi riprendendomi che io non dovessi fare cosí. Al quale io dissi che io volevo bene al mio Signore, come suo amorevol fidel servo, e non sapevo fare lo adulatore. Di poi parecchi settimane passate, il Bandinello si morí; e si credette che, oltre ai sua disordini, che questo dispiacere, vedutosi perdere il marmo, ne fossi buona causa.