La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XCVII

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Libro secondo
Capitolo XCVII

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Quasi che io m’ero mezzo disposto di non dir piú nulla dello isfortunato mio Perseo; ma per essere una occasione che mi sforza tanta notabile, imperò io rappiccherò il filo per un poco, tornando alquanto addietro. Io pensai di fare il mio meglio, quando io dissi alla Duchessa, che io non potevo piú far compromesso di quello che non era piú in mio potere, perché io avevo ditto al Duca che io mi contentavo di tutto quello che Sua Eccellenzia illustrissima mi volessi dare: e questo io lo dissi pensando di gratuirmi alquanto; e con quel poco de l’umiltà cercavo con ogni opportuno remedio di placare alquanto il Duca, perché certi pochi giorni in prima che e’ si venissi all’accordo dell’Albizi, il Duca s’era molto dimostro di essersi crucciato meco: e la causa fu, che dolendomi con Sua Eccellenzia di certi assassinamenti bruttissimi che mi faceva messer Alfonso Quistello e messer Iacopo Polverino, fiscale, e piú che tutti ser Giovanbattista Brandini, volterrano; cosí dicendo con qualche dimostrazione di passione queste mie ragioni, io vidi venire il Duca in tanta stizza, quanto mai e’ si possa immaginare. E poi che Sua Eccellenzia illustrissima era venuta in questo gran furore, ei mi disse: - Questo caso si è come quello del tuo Perseo, che tu n’hai chiesto e’ dieci mila scudi: tu ti lasci troppo vincere da il tuo interesso; imperò io lo voglio fare stimare, e tene darò tutto quello che e’ mi fia giudicato -. A queste parole io subito risposi alquanto un poco troppo ardito e mezzo adirato - cosa la qual non è conveniente usarla cone i gran Signori - e dissi: - O come è egli possibile che la mia opera mi sia stimata il suo prezzo, non essendo oggi uomo in Firenze che la sapessi fare? - Allora il Duca crebbe in maggiore furore, e disse di molte parole adirate, infra le quale disse: - In Firenze si è uomo oggi, che ne saprebbe fare un come quello, e però benissimo e’ lo saprà giudicare -. Ei volse dire del Bandinello, cavalieri di santo Iacopo. Allora io dissi: - Signor mio, Vostra Eccellenzia illustrissima m’ha dato facultà, che io ho fatto innella maggiore Scuola del mondo una grande e difficilissima opera, la quale m’è stata lodata piú che opera che mai si sia scoperta in questa divinissima Scuola; e quello che piú mi fa baldanzoso si è stato, che quegli eccellenti uomini, che conoscono e che sono dell’arte, com’è ’l Bronzino pittore, questo uomo s’è affaticato e m’ha fatto quattro sonetti, dicendo le piú iscelte e gloriose parole, che sia possibil di dire; e per questa causa, di questo mirabile uomo, forse s’è mossa tutta la città a cosí gran romore; e io dico ben che se lui attendessi alla scultura, sí come ei fa alla pittura, lui sí bene la potria forse saper fare. E piú dico a Vostra Eccellenzia illustrissima che il mio maestro Michelagnolo Buonaroti, sí bene e’ n’arebbe fatta una cosí, quando egli era piú giovane, e non arebbe durato manco fatiche che io mi abbia fatto; ma ora che gli è vecchissimo, egli nolla farebbe per cosa certa; di modo che io non credo che oggi ci sia notizia di uomo che la sapessi condurre. Sí che la mia opera ha ’uto il maggior premio che io potessi desiderare al mondo: e maggiormente, che Vostra Eccellenzia illustrissima, non tanto che la si sia chiamata contenta de l’opera mia, anzi piú di ogni altro uomo quella me l’ha lodata. O che maggiore e che piú onorato premio si può egli desiderare? Io dico per certissimo che Vostra Eccellenzia non mi poteva pagare di piú gloriosa moneta: né con qualsivoglia tesoro certissimo e’ non si può agguagliare a questo: sí che io sono troppo pagato, e ne ringrazio Vostra Eccellenzia illustrissima con tutto il cuore -. A queste parole rispose il Duca e disse: - Anzi tu non pensi che io abbia tanto che io te la possa pagare; e io ti dico che io te la pagherò molto piú che la non vale -. Allora io dissi: - Io non mi immaginavo di avere altro premio da Vostra Eccellenzia, ma io mi chiamo pagatissimo di quel primo che m’ha dato la Scuola, e con questo adesso adesso mi voglio ir con Dio, senza mai piú tornare a quella casa che Vostra Eccellenzia illustrissima mi donò, né mai piú mi voglio curare di rivedere Firenze -. Noi eravamo appunto da Santa Felicita e Sua Eccellenzia si ritornava a Palazzo. A queste mie collorose parole il Duca subito con gran ira si volse e mi disse: - Non ti partire, e guarda bene che tu non ti parta - di modo che io mezzo spaventato lo accompagnai a Palazzo. Giunto che Sua Eccellenzia fu a Palazzo, ei chiamò il vescovo de’ Bartolini, che era arcivescovo di Pisa, e chiamò messer Pandolfo della Stufa, e disse loro che dicessino a Baccio Bandinelli da sua parte che considerassi bene quella mia opera del Perseo, e che la stimassi, perché el Duca me la voleva pagare il giusto suo prezzo. Questi dua uomini dabbene subito trovorno il detto Bandinello, e fattegli la imbasciata, egli disse loro che quella opera ei l’aveva benissimo considerata, e che sapeva troppo bene quel che la valeva; ma per essere in discordia meco per altre faccende passate, egli non voleva impacciarsi de’ casi mia in modo nessuno. Allora questi dua gentili uomini aggiunsono e dissono: - Il Duca ci ha detto che, sotto pena della disgrazia sua, che vi comanda che voi le diate prezzo; e se voi volete due o tre dí di tempo a considerarla bene, ve gli pigliate: dipoi dite annoi quel che e’ vi pare che quella fatica meriti -. Il detto rispose che l’aveva benissimo considerata, e che non poteva mancare a’ comandamenti del Duca, e che quella opera era riuscita molto ricca e bella, di modo che gli pareva che la meritassi sedici mila scudi d’oro e da vantaggio. Subito i buoni gentili uomini lo riferirno al Duca, il quale si adirò malamente; e similmente ei lo ridissino a me. Ai quali io risposi, che in modo nessuno io non volevo accettare le lode del Bandinello, avvenga che questo male uomo dice mal di ogniuno. Queste mie parole furno riditte al Duca, e per questo voleva la Duchessa che io mi rimettessi in lei. Tutto questo si è la pura verità: basta che io facevo il mio meglio a lasciarmi giudicare alla Duchessa, perché io sarei stato in breve pagato, e arei aùto quel piú premio.