La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XXII

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Libro secondo
Capitolo XXII

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Veduto il Re questo modello, subito lo fece rallegrare, e lo divertí da quei ragionamenti fastidiosi in che gli era stato piú di dua ore. Vedutolo io lieto a mio modo, gli scopersi l’altro modello, quale lui punto non aspettava, parendogli d’aver veduto assai opera in quello. Questo modello era grande piú di due braccia, nel quale avevo fatto una fontana in forma d’un quadro perfetto, con bellissime iscalee intorno, quale s’intrasegavano l’una nell’altra: cosa che mai piú s’era vista in quelle parti, e rarissima in queste. In mezzo a detta fontana avevo fatto un sodo, il quale si dimostrava un poco piú alto che ’l ditto vaso della fontana: sopra questo sodo avevo fatto, a conrispondenza, una figura ignuda di molta bella grazia. Questa teneva una lancia rotta nella man destra elevata innalto, e la sinistra teneva in sul manico d’una sua storta fatta di bellissima forma: posava in sul piè manco e il ritto teneva in su un cimiere tanto riccamente lavorato, quanto immaginar si possa; e in su e’ quattro canti della fontana avevo fatto, in su ciascuno, una figura assedere elevata, con molte sue vaghe imprese per ciascuna. Comincionmi a dimandare il Re che io gli dicessi che bella fantasia era quella che io avevo fatta, dicendomi che tutto quello che io avevo fatto alla porta, sanza dimandarmi di nulla lui l’aveva inteso, ma che questo della fonte, sebbene gli pareva bellissimo, nulla non n’intendeva; e ben sapeva che io non avevo fatto come gli altri sciocchi, che se bene e’ facevano cose con qualche poco di grazia, le facevano senza significato nissuno. A questo io mi messi in ordine; ché essendo piaciuto col fare, volevo bene che altretanto piacessi il mio dire. - Sappiate, sacra Maestà, che tutta quest’opera piccola è benissimo misurata a piedi piccoli, qual mettendola poi in opera, verrà di questa medesima grazia che voi vedete. Quella figura di mezzo si è cinquantaquattro piedi - (questa parola il Re fe’ grandissimo segno di maravigliarsi); - appresso, è fatta figurando lo Idio Marte. Quest’altre quattro figure son fatte per le Virtú, di che si diletta e favorisce tanto Vostra Maestà: questa a man destra è figurata per la scienza di tutte le Lettere: vedete che l’ha i sua contra segni, qual dimostra la Filosofia con tutte le sue virtú compagne. Quest’altra dimostra essere tutta l’Arte del disegno, cioè Scultura, Pittura e Architettura. Quest’altra è figurata per la Musica, qual si conviene per compagnia a tutte queste iscienzie. Quest’altra, che si dimostra tanto grata e benigna, è figurata per la Liberalità; che sanza lei non si può dimostrare nessuna di queste mirabil Virtú che Idio ci mostra. Questa istatua di mezzo, grande, è figurata per Vostra Maestà istessa, quale è un dio Marte, che voi siete sol bravo al mondo; e questa bravuria voi l’adoperate iustamente e santamente in difensione della gloria vostra -. Appena che gli ebbe tanta pazienza che mi lasciassi finir di dire, che levato gran voce, disse: - Veramente io ho trovato uno uomo sicondo il cuor mio - e chiamò li tesaurieri ordinatimi, e disse che mi provvedessino tutto quel che mi faceva di bisogno, e fussi grande ispesa quanto si volessi: poi a me dette in su la spalla con la mana, dicendomi: - Mon ami (che vuol dire “amico mio”), io non so qual s’è maggior piacere, o quello d’un principe l’aver trovato un uomo sicondo il suo cuore, o quello di quel virtuoso l’aver trovato un principe che gli dia tanta comodità, che lui possa esprimere i sua gran virtuosi concetti -. Io risposi, che se io ero quello che diceva Sua Maestà, gli era stato molto maggior ventura la mia. Rispose ridendo: - Diciamo che la sia eguale -. Partimmi con grande allegrezza, e tornai alle mie opere.