La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XXVIII

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Libro secondo
Capitolo XXVIII

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Ritornando ai fatti mia, quando io mi viddi dar certe sentenzie per mano di questi avvocati, non vedendo modo alcuno di potermi aiutare, ricorsi per mio aiuto a una gran daga che io avevo, perché sempre mi son dilettato di tener belle armi; e il primo che io cominciai a intaccare si fu quel principale che m’aveva mosso la ingiusta lite; e una sera gli detti tanti colpi, pur guardando di non lo ammazzare, innelle gambe e innelle braccia, che di tutt’a due le gambe io lo privai. Di poi ritrovai quell’altro che aveva compro la lite, e anche lui toccai di sorte che tal lite si fermò. Ringraziando di questo e d’ogni altra cosa sempre Idio, pensando per allora di stare un pezzo sanza esser molestato, dissi ai mia giovani di casa, massimo a l’italiani, per amor de Dio ogniuno attendesse alle faccende sua, e m’aiutassino qualche tempo, tanto che io potessi finire quell’opere cominciate, perché presto le finirei; di poi me volevo ritornare innItalia, non mi potendo comportare con le ribalderie di quei Franciosi; e che se quel buon Re s’adirava una volta meco, m’arebbe fatto capitar male, per avere io fatto per mia difesa di molte di quelle cotal cose. Questi italiani ditti si erano, il primo e ’l piú caro, Ascanio, del regno di Napoli, luogo ditto Tagliacozze; l’altro si era Pagolo, romano, persona nata molto umile e non si cognosceva suo padre: questi dua erano quelli che io avevo menato di Roma, li quali in detta Roma stavano meco. Un altro romano, che era venuto ancora lui a trovarmi di Roma apposta, ancora questo si domandava per nome Pagolo ed era figliuolo d’un povero gentiluomo romano della casata de’ Macaroni: questo giovane non sapeva molto de l’arte, ma era bravissimo con l’arme. Un altro n’avevo, il quale era ferrarese, e per nome Bartolomeo Chioccia. Ancora un altro n’avevo: questo era fiorentino e aveva nome Pagolo Miccieri. E perché il suo fratello, ch’era chiamato per sopra nome il Gatta, questo era valente in su le scritture, ma aveva speso troppo innel maneggiare la roba di Tommaso Guadagni ricchissimo mercatante, questo Gatta mi dette ordine a certi libri, dove io tenevo i conti del gran Re Cristianissimo e d’altri; questo Pagolo Miccieri, avendo preso il modo dal suo fratello di questi mia libri, lui me gli seguitava, e io gli davo bonissima provvisione. E perché e’ mi pareva molto buon giovane, perché lo vedevo divoto, sentendolo continuamente quando borbottar salmi, quando con la corona in mano, assai mi promettevo, della sua finta bontà. Chiamato lui solo da parte, gli dissi: - Pagolo, fratello carissimo; tu vedi come tu stai meco bene, e sai che tu non avevi nissuno avviamento, e di piú ancora tu se’ fiorentino; per la qual cosa io mi fido piú di te, per vederti molto divoto con gli atti della religione, quale è cosa che molto mi piace. Io ti priego che tu mi aiuti, perché io non mi fido tanto di nessuno di quest’altri: pertanto ti priego che tu m’abbia cura a queste due prime cose, che molto mi darieno fastidio: l’una si è che tu guardi benissimo la roba mia, che la non mi sia tolta, e cosí tu non me la toccare; ancora, tu vedi quella povera fanciulletta della Caterina, la quale io tengo principalmente per servizio de l’arte mia, che senza non potrei fare: ancora, perché io sono uomo, me ne son servito ai mia piaceri carnali, e potria essere che la mi farebbe un figliuolo; e perché io non vo’ dar le spese ai figliuoli d’altri, né manco sopporterei che mi fossi fatto una tale ingiuria. Se nissuno di questa casa fussi tanto ardito di far tal cosa, e io me ne avvedessi, per certo credo che io ammazzerei l’una e l’altro. Però ti priego, caro fratello, che tu m’aiuti; e se tu vedi nulla, subito dimmelo, perché io manderò alle forche lei e la madre e chi a tal cosa attendessi: però sia il primo a guardartene -. Questo ribaldo si fece un segno di croce, che arrivò dal capo ai piedi, e disse: - O Iesu benedetto! Dio me ne guardi, che mai io pensassi a tal cosa! prima, per non esser dedito a coteste cosaccie; di poi, non credete voi che io cognosca il gran bene che io ho da voi? - A queste parole, vedutemele dire in atto simplice e amorevole in verso di me, credetti che la stessi appunto come lui diceva.