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Laude (1910)/Laude/Lauda XXIX

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XXIX. De la ypocrisia

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De la ypocrisia.          .xxix.


     MOlto me so delongato       de la uia che i sancti òn calcato.
Delongato me so da la uia       et storto me so en ypocrisìa;
     et mostro a la gente che sia       lo spirito illuminato.

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Illuminato me mostro de fore       ch’aia humilitate nel core;4
     ma se l’omo non me fa grande honore,       encontenente me so corrocciato.
Corocciato me so per usanza       qual hom en mio honore ha mancanza;
     ma quel che ci à fede & speranza,       con lui me so delectato.
Delectato me so en mostra fare,       perché altri me deia laudare;8
     odendo l mio facto blasmare,       da tal compagnìa so mucciato.
El mucciare aio facto ad engegno,       perché altri me tenga de meglio;
     ma molto m’apiccio & destregno       ché paia che l mondo ho lassato.
Lassato sì l’ò nel uestire,       de pieco me uoglio coprire;12
     ma dentro so, al mio parire,       lupo crudele & affamato.
Affamato sì so en mostra fare       perché altri me deia laudare;
     odendo l’altrui facto pregiare,       corrociome se è com’io laudato.
Laudato l’altrui facto, m’endegno,       et dal canto de for sì m’enfegno16
     che me piaccia; ma poi docce un segno       che non è cusi pulicato.
Pulicato me mostro a la gente,       per le case me metto pezente;
     ma molto me parto dolente       se del suo guidardon non m’è dato.
Guidardone adimando per Dio,       acconciando ce uo el dicto mio;20
     ma molto me par che sia rio       colui che me dà comiato.
Comiatato sì mostro l’anuito       che so scalzo & mal uestito;
     el corpo mostro afrigolito,       perché del suo me sia dato.
A quello che couelle me dona,       mostroglie lieta persona;24
     ma molto m’agrondo se sona       la uoce che sia allecerato.