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Le monete attribuite alla zecca dell'antica città di Luceria/Introduzione

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INTRODUZIONE


ALLA DISSERTAZIONE


SU I NUMMI DELL'ANTICA LUCERIA.




I chiarissimi Sestini ed Avellino, seguiti di poi da’ PP. Marchi e Tessieri, dal sommo Borghesi, da’ profondi Raoul-Rochette e Lepsius, dall’illustre Cavedoni, e dal diligente Fiorelli, han contribuito, chi per un lato e chi per un altro, a rilevare dall’abiezione, e dalla quasi assoluta oscurità la numismatica antichissima di Lucera. I vecchi nummofili di questa famosa città capitale della Daunia, i cui primordii si perdono nella oscurità de’ secoli, come vedremo, appena degnaronsi attribuire alla stessa le sole cinque monete, ora aumentate a sette, colla indubitata leggenda LOUCERI. Ma generalizzatosi lo studio della numismatica nell’ultimo trentennio, grazie alle munificenti cure de’ Sovrani europei, che la pace generale accordarono alle lettere e belle arti, ed illimitata protezione di ogni maniera ai cultori di esse, potè nella tranquillità e generoso impulso, fare quei progressi che giammai ebbe raggiunti. Quindi nazionali e stranieri, grandi intelligenze e mediocri ingegni, addironsi, chi per professione, chi per diporto allo studio de’ nummi antichi, e ciascuno contribuì alla massa comune della scienza il proprio tributo dello ingegno, le proprie osservazioni, le proprie sperienze.

Somma sempre il Sestini nelle materie tutte alla numismatica attinenti, in riguardo a Lucera, emise tra’ primi opinione, che tutti gli assi gettati aventi un arcaico, dovessero attribuirsi a Lucera prima del dominio de’ romani 1.

Confortava ed appoggiava solennemente siffatta opinione il dotto Cav. Avellino [p. 2 modifica]in moltiplici sue pubblicazioni archeologiche, dando alla luce più spezzati di tali nummi, peculiarmente il quincunce, ed il sestante di tale classe, divenuta ogni dì più importante, ed usando l’inalterabile sua diligenza, nell’osservarne la provvenienza da Lucera, o suoi dintorni2.

Ne estendevano lo studio e la importanza pel numero e per la varietà, in apposito articolo, gli autori chiarissimi dell’Aes grave del Museo Kircheriano. Essi misero in rassegna tutte quelle conservate nel loro ricchissimo medagliere3. Ma fecer dippiù, attribuendo a via di giusti raffronti, alla stessa Dauna città, tutti gli assi gettati di altra classe più pesante, e senza la iniziale della zecca, che conservavano emblemi affatto simili a quelli più piccoli insigniti dell’ arcaico4.

Scoverta importantissima che allargò i confini della numismatica lucerina, e che fece rimontare ad epoca assai remota la sua zecca autonoma, ossia municipale ed indipendente5; e rifermare talune opinioni sulle origini di questa città, ravvolte, come tante altre, nel velo della favola e del mistero.

Sfuggì per altro alle loro dotte ricerche una grande discoperta, e crediamo a noi doversi il merito di averla fatta, cioè del semisse gettato insignito dell’ arcaico, e del peso once due meno una terza, corrispondenza esatta colla classe delle medaglie di tale iniziale fornita. Con esso si rimove quella grave difficoltà, tuttora sussistente, e si decide la contestazione del preteso asse decimale attribuito ad Atri, ed altre città della media Italia, dalle quali si volevano i Lucerni discendenti. Semisse che ritennero anche sotto i romani con tipi cittadini e di bellissimo stile, come il continuaron di poi con tipi romani pienamente, siccome sarà per noi dimostrato più sotto, malgrado l’esistenza ne’ due primi casi del corrispondente pentobulo o quincunx.

Essi però possedevano il semisse gettato, e per una di quelle trascuranze inevitabili nella diversità delle ricerche in siffatti studi, lo pubblicarono come romano incerto, mentre nella illustrazione fan parola dell’ arcaico a dritta della prora di nave, e quando già le consimili monete di quella iniziale fornite eransi attribuite a Lucera6. Noi soli possediamo il bellissimo coniato, di sì ottimo stile, che potrebbe reputarsi della Magna Grecia. [p. 3 modifica]L’avviso de’ lodati numismatici non venne contradetto, ma sostenuto anzi da’ chiarissimi Raoul-Rochette7, dal Lepsius8, dal Cavedoni9, dal Borghesi10, dal Fiorelli11, benchè quest’ultimo avesse nelle monete strettamente romane, insignite dell’ arcaico, incontrate alcune difficoltà, per trovarsene delle simili aventi le lettere H, K, KA, CA, e e quindi tutte tante serie di romane ignote. Ma su di ciò abbiam dimostrato altrove12, che tutte tali monete in Lucera e contorni, ed ora aggiugniamo per le due Puglie, di Capitanata e Terra di Bari, si rinvengono in copia; e di tutte abbiam raccolto triple e quatruple collezioni in comprova. Quelle attinenti a Lucera verrem qui pubblicando co’ corrispondenti disegni; le altre col K, o KA, col CA, coll’H, col , alla quale serie appartiene il quincunce noto all’Eckhel di stile quasi greco, di lavoro perfetto, chiaramente, e senza molto affanno, debbonsi attribuire a tante città sotto il dominio romano di questa meriggia Italia, e peculiarmente alle regioni Daune, Peucezie, Lucane ec. L’abbondanza di quelle insignite col CA ne’ tenimenti di Canosa e luoghi limitrofi, fa giudicare con fondamento, che in quella città tale serie venne impressa. L’onorando signor Conte Borghesi, dappria volle attribuirle a Capua o Casilino, ma assicurato di tale rinvenimento abbondante e rimarchevole in Canosa e luoghi confinali di Puglia, convenne pienamente colle nostre osservazioni. La serie col CA, e quella coll’ arcaico non mancano della corrispondente semoncia, non potendosi classificare altrimente quelle medagliuzze colla testa di Mercurio, colla reiterazione della sua lettera iniziale in ambe le facce, ed avente la metà di peso e volume delle oncette di tali serie, che hanno pure il globetto indicativo il proprio valore, siccome lo ha ogni altro spezzato, quandochè le succennate, da noi reputate semonce, non hanno alcun segno del valore corrispondente. Ed è notevole in questo luogo un altra semoncia simile alle precedenti anco da noi posseduta, e nelle appule regioni rinvenuta, ma più grandetta di volume, che non manifesta iniziale di sua zecca, avente sulla prora un Σ marcabilissimo; cosa nuova, per quanto da noi si sappia in numismatica latina, rilevandosi il medesimo segno solamente nel riverso della semoncia nota di Atri, ed in altra del Real Museo Borbonico di stile romano con l’ solito.

E fece eco alle nostre ricerche e costanti osservazioni il ch. Cav. Avellino, avendo anche egli nella collezione, ora distratta, del comune amico cultissimo P. Baselice, rinvenute molte di quelle medaglie, già impresse a Canosa, e ritrovate in quei tenimenti, [p. 4 modifica] dove sono frequentissime, forse in conseguenza del famoso eccidio di Canne, da quella città poco lungi13.

In vero a sostegno deffinitivo di tale assunto, valga la facilità del rinvenimento di siffatte medaglie, da agevolmente completarne la serie in Lucera e paesi limitrofi dell’Apulia, lo stile bello e perfetto, ed in qualche medaglia anche ricercato diverso assolutamente dalle rozze monete romane, quell’ osco od italico, differente dal latino perfetto, a fianco, o nell’esergo di tali nummi. L’occhio esperto ed abituato a disaminare oggetti siffatti, non puole fare a meno di non distinguerne la sensibile differenza; peculiarmente tenendo sott’occhio, tra le nostre, il quinario, che è tutt’altra cosa di quelli romani, il quincunce, il semisse, e l’oncia della terza e quinta classe; e concludere, che quelle colle iniziali suindicate, a tante città soggette al colossale potere di Roma si spettano, ove le arti erano in grado assai perfetto, ove il disegno è il risultato della più splendida epoca d’italica o greca civiltà. Restano impertanto tuttavia nel mistero quelle aventi le iniziali dell’H, e del . Per coniettura potrebbero attribuirsi alle zecche delle città di Herdonea appula, oggi Ordona nella Daunia, o Hydrus della Messapia le prime, ed a Pesto, o Posidonia della limitrofe Lucania le altre.

Aggiungiamo per ultimo, a sostegno di questa opinione, che pare generalmente ricevuta da’ numismatici, esser vero che molte medaglie romane si rinvengono, e noi non mancammo rimarcarlo a suo luogo14, che hanno semplici lettere, come iniziali forse di nomi di monetieri, quando la severità romana non permetteva usurpazioni di privati sui pubblici poteri; ma le medaglie in parola, pel loro peso, sono state coniate in epoca in cui i triumviri monetali non solo le iniziali, ed i semplici emblemi, o blasoni di loro cospicue famiglie disegnavano nelle monete, ma sibbene i loro nomi apertamente. E questa, sia ragion che ogni uomo sganni.

Divideremo impertanto il nostro lavoro in sei classi corrispondenti alle sei divisioni della monetaria Lucerina, e farem precedere alla descrizione delle monete, e sobria illustrazione di esse, qualche cenno sull’antichità di Lucera, per quanto il permetteranno le tenebre nella quale resta avvolta pel silenzio degli scrittori.

Note

  1. SestiniClasses generales pag. 15., Mus. Hederv, e Mus. Font. — È utile osservarsi che altri popoli italici usarono nelle loro monete questa stessa lettera, compresa nella propria leggenda; precise con costanza maggiore Caleno nella Campania, e Larino ne’ Frentani, limitrofo questo ultimo ai territorii lucerini, non che Isernia nel Sannio in quelle monete che portano il nome di Vulcano.
  2. AvellinoItaliae Veteris numismata, Supp. pag. 23. — Real Museo Borbonico Vol. III. tav. 22. fig. 6. — Opuscoli Tom. 3. pag. 114. 115. e 322. Osservazioni sull’Aes grave del museo Kircheriano. Foglio settimanile n.° 32. pag. 353.— Bullettino archeologico napoletano anno III. n.° 2. pag. 15. sull’opera di Riccio: Le monete delle fam. rom.; e medesimo anno pag. 67. sopra: numi romani Luceriae cusi.
  3. L’Aes grave del museo Kircheriano pag. 114. e tav. IV Clas. IV.
  4. Nel citato luogo.
  5. Municipes sunt (diceva Gellio, Noct. Att. L. XVI. c. 13.) cives R. legibus suis et suo jure utentes; at coloniae non veniunt extrinsecus in civitatem, nec suis radicibus nituntur, sed ex civitate quasi propagatae sunt, et jura institutaque omnia populi R. non sui arbitrii habent. E chiamavansi numi autonomi quelli, impressi da popoli, e repubbliche libere ed indipendenti — Placuit artis nostrae magistris (dice l’Eckhel, Vol. 1. p. XII.) nummos avtonomos vocare, quos populus, respublica, civitas sic percussit, ut in iis nulla appareant servitutis, aut obsequii indicia.
  6. L’Aes grave ec: fol. 19. e 44. 1.° col.; e Tav. III. B. 2. B.
  7. Journal des Savants 1840. pag. 654. e 725, ed anno seguente 1841, in 4. specificati articoli, benchè in molti punti non convenga cogli illustratori accennati, come troppo energicamente sostenne il ch. Gennarelli nel Tiberino anno 7 n. 40.
  8. Annali dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma XIII. pag. 99.
  9. Spicilegio numismatico pag. 16., Bullettino archeologico 1844. pag. 21. e segg.
  10. Da onoranda corrispondenza epistolare, in conseguenza della sua Decade XVII. di Oss. num.
  11. Osservazioni sopra monete rare di città greche pag. 6, e 71. E Monete Inedite dell'Italia antica. pag. 6, e 24.
  12. Riccio le monete delle antiche famiglie di Roma pag. 264.
  13. Livio lib. XIII. cap. 50 e seguenti — Il nostro sospetto acquista qualche fondamento per la seguente costante osservazione. — I più frequenti tipi di tali medaglie col CA sono i trienti. Oltre lo immenso numero, essi sono spesso riconiati sopra altre medaglie della Grecia e Magna Grecia. Noi ne possediamo una impressa sopra quella incerta della Campania od Apulia con testa turrita e cavaliere, sotto Roma. — Della sua riconiazione offre la punta della prora, e la leggenda CA chiarissima. Ne possediamo altre riconiate sopra quelle di Epiro in genere, e di Acarnania in genere, ma le più frequenti lo sono sopra le medaglie di Oeniade, conservando chiaro l’antico tipo delle due teste e primiera leggenda. E perchè non attribuire questa singolarità alla urgenza e deficienza metallica appo i Romano-Canosini, alla occasione della seconda guerra punica, che risultò per essi in tremenda sconfitta, e che immensa pecunia richiedeva per sostentamento e stipendio di tanti grandi eserciti? La necessità li obbligò a servirsi in massa de’ nummi di qualunque popolo.
  14. Riccio detta opera sulle famiglie romane p. 260 e 264 monete incerte.