Le odi di Orazio/Libro terzo/XIV
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XIV
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XIV.
Cesar, ch’or ora aver dicean l’alloro
Comprato, o plebe, con la morte, a guisa
D’Ercole, vincitor dal lido ispano
4Torna a’ penati.
La sposa lieta d’unico marito,
Ai giusti Numi un sagrificio offerto,
Esca; del chiaro duce esca la suora,
8Escan le madri
De le fanciulle e dei giovani or salvi,
Belle di bende supplici. O garzoni,
O spose appena esperte d’uom, sinistre
12Voci non dite.
Questo dì bene a me solenne l’atre
Cure dilegua; non tumulto o morte
Per ostil mano io temo, ove alla terra
16Cesare imperi.
Va’, garzon, roca balsami e ghirlande
E del marso duel memore un orcio,
Se sfuggir potè a Spartaco ladrone
20Anfora alcuna.
Di’ che s’affretti la Neera arguta,
In un sol nodo il mirreo crine avvolto;
Ma se t’indugia il portinaro inviso,
24Quinci ritorna.
Crin che biancheggi acqueta alme bramose
Di risse audaci e di litigj: questo
Non io patía ne’ caldi anni, quand’era
28Console Planco.