Le opere e i giorni (Esiodo - Romagnoli)/Precetti vari

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Esiodo - Le opere e i giorni (Antichità)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
Precetti vari
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PRECETTI VARII


matrimonio


     695Tempo opportuno per te sarà di cercarti una sposa,
quando non molto ancora lontano tu sia dai trent’anni,
né superati li abbia di molto: questa è l’età giusta.
Sia da quattr’anni donna chi scegli, ed al quinto si sposi.
E una ragazza sposa, ché possa educarla modesta.
700E preferisci quella che abita a te piú vicina;
e gli occhi apri, ché tu dei vicini non sposi il sollazzo.
Perché l’uomo non può fare acquisto miglior d’una sposa
saggia, o dannoso piú d’una trista: la donna corrotta
ardere un uomo può, sia pure il piú valido, senza
705fiaccola; e vecchio prima del tempo lo fa diventare.


amicizia


     Abbi riguardo al volere dei Numi che vivono eterni.
Né far mai che l’amico per te valga quanto il fratello.
Se poi questo avvenisse, non fargli mai torto per primo,
né, per vaghezza di ciancia, mentirgli. Se invece comincia
710quello, ed agisce e parla cosí che dispiaccia al tuo cuore,

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tienilo a mente, e fa di rendergli il doppio; e se chiede
poi di tornarti amico, se vuol riparare, tu accetta:
ché poco val chi ha per amico ora questo, ora quello:
vedi che l’apparenza non debba far torto al pensiero.
715Non devi esser chiamato scontroso, né amico di tutti;
né che frequenti i ribaldi, né che t’abbaruffi coi buoni.


miseria


     Non insultare mai la miseria che gli uomini strugge,
che rode i cuori: anch’essa, la mandano i Numi immortali.


il silenzio è d’oro


     Per l’uomo è gran tesoro, quand’essa sia parca, la lingua:
720da lei, quand’essa tiene misura, derivano grazie.
Ma sentirai, se male tu parli, risponderti peggio.


socievolezza


     Non esser mai ritroso a prendere parte a un banchetto
comune; e allora avrai gran guadagno con poco dispendio.


galateo


     Né su l’aurora a Giove libar devi il fulgido vino,
725quando non abbia pure le mani, né agli altri Immortali:
ché non t’udranno allora, ma respingeranno le preci.

Né devi, contro il sole rivolto, diritto urinare,
bensí quando tramonta, ricordati, e volto a orïente.

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     Né su la via, né fuori dovrai camminando urinare,
730né le vergogne mostrare: son sacre le notti ai Beati.
Accoccolare invece, si deve l’uom pio, l’uomo saggio,
ed accostarsi al muro di ben circondato recinto.

E dentro casa, mai non devi all’altare appressarti
con le vergogne bruttate di seme: guardar te ne devi.

735Né generare figli, se torni da un rito di morte
lugubre; ma se torni da un’agape sacra ai Celesti.

Né traversare a guado mai l’acqua dei fiumi perenni,
se tu prima non preghi, rivolto a la bella corrente,
prima le mani non mondi nell’acque piacevoli e pure.
740Chi per malizia, e senza lavarsi le mani, lo guada,
si crucciano con lui, gl’inviano mali i Celesti.

Né tu devi nei sacri festini col lucido ferro
nel ramo a cinque branche1 recider dal florido il secco.


malaugurii


     Mentre si beve, il mestolo sopra al cratère non devi
745porre: ché sopra quello si posa un augurio di morte2.

Se fabbrichi una casa, non devi lasciarla incompleta,
ché non vi segga su la cornacchia ciarliera, e vi gracchi.

Attinger dai caldai, se prima non son consacrati,
per cucinare o lavarti, non devi: anche questo è peccato.

750Neppure è buona cosa, seder su le tombe3 un fanciullo
di dodici anni: l’uomo, cosí, non diventa piú uomo.
Lo stesso anche avverrebbe, se fosse di dodici mesi.

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Neppur si deve un uomo lavare in un bagno di donne:
anche su ciò, col tempo, s’aggrava una lugubre sorte.

755Né, quando mai t’imbatti dove ardono offerte su l’are,
devi schernire i misteri: ché il Dio pur di questo si cruccia.

Né su le foci devi dei fiumi che corrono al mare,
né su le fonti urinare, ma bene guardar te ne devi;
né scaricarvi il ventre: gran bene sarà se t’astieni.

     760Tanto far devi; e schivare fra gli uomini aver trista fama.
Perché la trista fama, ben lieve fatica è acquistarla,
agevole è: ma duro portarla, ben arduo deporla.
E, allor che molta gente la va ripetendo, la fama
non muore piú del tutto: anch’essa diviene una diva.

Note

  1. [p. 279 modifica]Il ramo a cinque branche (Πέντοζος) è la mano, il florido è la carne, il secco le unghie. Insomma, non bisogna tagliarsi le unghie a tavola.
  2. [p. 279 modifica]Il cratère era un vaso in cui si mescolavano l’acqua e il vino; e di lí si attingeva per offrirlo ai convitati. Porre il mestolo sul cratère equivaleva a troncare il festino: dunque, malaugurio.
  3. [p. 279 modifica]Séguito a intendere che ἀκίνητα sia una delle solite espressioni enigmatiche (e qui anche eufemistica) per significare tombe. Il Wilamowitz non lo crede, ma non specifica abbastanza le sue ragioni. Ricordo che a Roma è tuttora vivo il pregiudizio che non si debbano pesare i bambini, altrimenti non crescono piú.