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Le poesie religiose (1895)/All'utopia

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All'utopia

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Scytharum solitudines Per la mia candidatura
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ALL’UTOPIA





O che gli esperj boschi o di Cirene
     T’accolgan gli orti, o presso il mauro Atlante
     O dell’erculea Gade a le serene
                    Valli, raggiante

Forma, ti avvolga; o che tra l’auree faci,
     Onde l’azzurra immensità sorride,
     Di promesse alimenti alte e di baci
                    L’alme a te fide;

A te, come ad amante, ansano i petti,
     Che stranieri alla colpa, al dolor noti,
     Al Buono, al Bello audacemente schietti
                    Vivon devoti.

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E tu benigna al pensator che il bieco
     Secol dinanza, e tra un cader di numi
     Nuov’erte ascende imperturbato, il cieco
                    Tramite allumi.

Del magico destriero erto sul dorso
     Te per impervj regni urge il poeta:
     In te dell’ansie ardimentose il corso
                    Fervido acqueta.

Ma chi dell’oggi vive e la codarda
     Anima in cupidigie acri tormenta,
     Te stolto irride, te chiamar bugiarda
                    Maga si attenta.

Misero! E tu fra tanto, oltre a’ mortali
     Tumulti, immersa in un albor di puri
     Sogni risplendi, e verità immortali
                    Nel sen maturi.

Tal Galassea, che in un vapor sereno
     Casta delude i nostri audaci voli,
     Nutre un’immensa nel suo latteo seno
                    Festa di soli.

In te dal rogo indeprecato il guardo
     Ultimo eresse il redentor di Nola;
     Udì fra’ ceppi lo Stilan gagliardo
                    La tua parola,

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E sorse: alla solare isola accolto
     Dagli strazj trentenni ebbe ristoro:
     E incontro gli movean con lieto volto
                    Platone e Moro.

Tu per ignoto a’ tristi arduo sentiero
     Il destin delle genti unica guidi;
     O pietosa Utopia, madre del vero,
                    Sempre a noi ridi!

Ridi a noi come allor che il tuo più vago
     Nimbo acceso del Cristo al capo biondo,
     Tutto mostravi al suo sguardo presago
                    Libero il mondo:

O come a’ dì ch’austero a una rissosa
     Gente augurando i tuoi regni vicini,
     Del futuro salía la gloriosa
                    Erta Mazzini.

Per te Giustizia e Libertà, ne’ tuoi
     Regni vissute ed invocate, ahi quanto,
     Vincon la notte mostruosa, e a noi
                    Scendono, intanto

Che radiosa di fraterno zelo
     Carità schiude le infinite braccia,
     E in un culto d’amor la terra e il cielo
                    Provvida allaccia.