Lettera del p.d. Roberto Gaeta al signor abate d. Paolo Frisi/Premessa

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Problema I
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LETTERA
DEL P.D. ROBERTO GAETA
al signor abate
D. PAOLO FRISI.


S i g n o r e.


V
Oi ben sapete, che avendo io per tre anni avute lezioni private di Matematica dal celebre P. Fontana Professore nell’Università di Pavia, mi trovai in obbligo di dare al Pubblico ed alla mia Religione non equivoco segno, che sotto un tanto uomo non si potea che profittare; e che a questo principal fine tradussi dall’idioma Inglese quella Parte delle Opere di Abramo Moivre, che riguarda l’applicazione della Dottrina degli Azzardi alle Annualità, ai Vitalizj, alle Tontine, alla Probabilità della Vita, e alla Misura della Mortalità, che l’arricchii di Note ed Aggiunte, e che dopo averla consecrata al gran Mecenate delle lettere e di sempre gloriosa memoria a Sua Eccellenza Carlo Conte e Signore di Firmian, la presi per argomento di pubblica Esercitazione Matematica nell’Aula della Regia Università coll’intervento di tutti quegl’illustri Professori il giorno 30. Maggio 1776. [p. 2 modifica]di compiacersi in ciò, che si crede d’aver superati gli altri. Sempre per altro conservai il vostro scritto: il rispetto e la stima, che ho per le vostre vaste erudizioni, fanno che ogni minimo vostro parto da me venga anteposto a qualunque altra cosa di valor mercantile, e prima perisca quanto il mondo va in cerca, che per causa mia si perda qualche vostro carattere. Quest’amore e passione ancora, se volete, è a tale eccesso, che mi fa con impazienza cercare ed acquistare ogni vostro opuscolo non che le vostre grand’opere. Testimonio ne può essere lo stesso Stamapatore del recente primo Tomo delle vostre Opere, quanto m’accesi per avere ritardato qualche giorno, però senza sua colpa, a spedirmelo. Appena l’ebbi, subito lo trascorsi, ed ecco che m’incontro nell’Appendice posta alla pag. 52. in cui dite di non aver giudicato di trattare di quella parte d’Aritmetica Morale da me dilucidata, poichè tutte le formole di Moivre altro non hanno per fondamento, che l’ipotesi d’una progressione aritmetica, ipotesi insussistente, e per conseguenza anch’esse, fuori d’esercizio di calcolo, inutili: neque universim assumi posse acqualiter aucto atatis tempore tempus vita residua acqualiter imminui; quod postulatum earum omnium formularum fundamentum ac basis est, qua Moivraus tradiderat in sua de eventibus doctrina... Hac ratio et causa est, cur neque indicatis aliis Moivrai formulis ac seriebus, qua buic progressionis arithmetica hypothesi innituntur omnes, ad aliam Algebra partem progrediamur, qua...

Al leggere una tale decisione contraria a ciò, [p. 3 modifica]ch’io m’era prefisso, immediatamente riveggo i Problemi, le loro soluzioni date dall’Autore, i metodi da lui usati, le strade dal medesimo additate per simili Problemi, le Note da me fatte, e le accresciute Aggiunte: e mentre esaminando i summentovati Problemi xviii. e xix. m’accorgo a mente serena della falsità d’una parte del mio raziocinio, e per conseguenza d’un piucchè ragionato dubbio d’una svista del grande Autore nella loro soluzione, mi confermo altronde che la più parte delle formole e soluzioni dei di lui 31. Problemi è appoggiata su l’ipotesi vaga ed indeterminata dei decrementi della vita, e gli altri potersi ugualmente sciogliere nella stessa indeterminata ipotesi e secondo i metodi istessi di Moivre. Per il che primieramente dico col Sig. Bonnet, che sono sempre prontissimo ad abbandonare le mie opinioni essendovene altre più probabili, e massime poi se son false. Il mio amore a favore del vero è schietto, e non ho la minima difficoltà a confessare pubblicamente i miei errori. Ho sempre pensato che una ritrattazione sia da preferirsi a cento repliche ingegnose, e con piacere riparo ciò, che in simil circostanza scrisse il Sig. Lambert, Je vous suis bien obligè de m’ y avoir rendu attentif. Si in grazia di quella vostra opera trovandomi costretto a riandare i Problemi esposti e schiariti nel mio libro, m’accorsi d’essermi ingannato, sono in istato di correggermi io stesso, e d’avvisarne anche il Pubblico.

Era per altro facile ad un non pregiudicato di [p. 4 modifica]dubitare e con ragione della verità dell’asserto dell’Autore, il quale vuole nel citato Problema xix, che supposte tre vite A, B, C di età limitate all’ordine che sono scritte, cioè A più giovane di B, e B di C, che, dico, la Probabilità della sopravvivenza secondo l’ordine di C, A, B sia eguale a quella dell’ordine C, B, A. Ognun ben vede, che quantunque C sia la più vecchia, e perciò più probabile che debba morire più presto, secondo l’ipotesi dell’Autore degli equabili decrementi della vita, pure nella supposizione che diasi l’accidente della di lei sopravvivenza alle altre due, rimarrà sempre più probabile che A sopravviva a B, essendo B più vecchia di A; onde non vero che la Probabilità della sopravvivenza delle vite secondo l’ordine C, A, B: sia uguale a quella dell’ordine C, B, A: e la vera soluzione di questo Problema in tutta la sua generalità e secondo il metodo istesso negli antecedenti Problemi usato dall’Autore vieppiù m’assicurò d’un errore nella sottrazione e mio e dell’Autore. Fatta dunque questa solenne ritrattazione a beneficio del Pubblico, che a voi ne deve esser grato, passo al motivo, che m’indusse ad un tal disinganno.

Voi dite che tutte le formole di Moivre nel Trattato in questione hanno per base e fondamento la progressione aritmetica; e di fatti potete facilmente esservi lasciato portare a ciò credere dall’esame da voi fatto delle soluzioni dei Problemi xviii. e xix., che suppongono gli equabili decrementi della vita, tanto più che il primo Problema posto quasi come [p. 5 modifica]cardine di tutta l’Opera sondasi su un tale postulato. Io previdi ciò, che veggo essere avvenuto, che si sarebbe dubitato dell’inutilità in pratica del metodo e delle formole di Moivre; procurai d’andarne al riparo, ma confesso non a sufficienza. Alla pag. 93. e seg. ho indicato come poteasi sciogliere quel primo Problema in tutta la sua generalità, ed ho ripetuto il medesimo alla pag. 149. e seg. stando sempre sul raziocinio, sul calcolo, sul metodo dell’Autore stesso; il quale subito al Problema secondo dimenticasi della legge prefissasi, e suppone che i decrementi della vita sieno in progressione geometrica o sia in ragione costante; anzi tanto lungi dall’astringersi all’osservanza di prammatica alcuna, dà una formola, che non è fondata nè sull’equabile decremento della vita, nè sulla ragione costante, ma però tale che assegna i valori molto prossimi ai veri e calcolati. Vedasi pag. 71. e 123. Lo stesso dicasi del Problema terzo, ec. Ma discendiamo all’esame delle soluzioni dei Problemi date dall’Autore, e vedremo come queste sono o generali o facilmente adattabili a qualunque legge si voglian soggette le Probabilità di morire, anzi come la massima parte delle di lui formole sono assolutamente generali.

Ma prima ch’io venga alla dimostrazione di questo mio assunto, permettetemi che qui ripeta il significato di alcune parole, che avrò occasione di usare.

1. Supponendo, che le Probabilità della vita decrescano in progressione aritmetica in modo tale, che per esempio di 36. persone ciascuna dell’età di 50. [p. 6 modifica]anni, dopo spirato un anno non ne rimangano che 35.; dopo due, 34.; dopo tre, 33.; e così fino alla fine; egli è evidente che tali vite saranno necessariamente estinte in 36. anni, e che perciò le Probabilità di vivere 1. 2. 3. 4. 5. ec. anni da questa età di 50. saranno acconciamente rappresentate dalle frazioni , , , ec. che decrescono in progressione aritmetica.

L’Autore non dice, che i decrementi della vita siano precisamente in questa proporzione, ma che ha osservato che sul supposto che i decrementi della vita fossero in questa progressione, le conclusioni derivate da questo sarebbero poco differenti da quelle, che potrebbero dedursi dalla Tavola delle osservazioni fatte a Breslavia spettanti la mortalità del genere umano; la qual Tavola era stata da circa cinquant’anni inserita dal Dott. Halley nelle Transazioni Filosofiche unitamente ad alcuni calcoli concernenti i valori delle vite secondo una data età.

2. Chiamo Compimento della vita quel numero di anni, che rimane dall’eta data fino al tempo della estinzione della vita.

3. Chiamo Rata d’interesse ciò, ch’è propriamente il montante di una lira messa a interesse per un anno, cioè una lira unita coll’interesse, che questa lira produce in un anno: così supponendo l’interesse al 5. per cento, l’interesse di 1 l. sarà 0.05, il che [p. 7 modifica]unito al capitale 1. produce 1.05.; e questo è ciò, ch’io chiamo Rata d’interesse. Ciò premesso sia