Lettera di Giovanni Alfredo Cesareo a Mario Rapisardi (20 febbraio 1889)
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[Messina, 13 gennaio ’82]
- Carissimo mio,
Tu fai molto bene a non leggere e, più, a non curare le corbellerie del Capuana e dello Stecchetti; i quali vorrebbero (sei troppo ingenuo a non intenderlo) distrarti dal Giobbe che schiaccerà, figurati se l’immaginano, loro e i loro idoli buffoneschi. Mi occuperò io di quei bravi signori, e in modo degno di loro, sta certo. Del Capuana spero d’occuparmi nella Cronaca Bizantina, alla quale non parmi ch’ei sia troppo caro; dello Stecchetti, nel Piccolo. Farò anche in modo che il mio simpatico Morello se ne occupi nella Gazzetta di Napoli o in qualche altro giornale.
Del resto, tu dovresti intendere, mio caro, che tutti questi nemici e tutte queste scaramucce sono giusto una prova assai lampante della tua importanza. Lavora! questo è importante: vedrai quando sarà pubblicato il Giobbe. E Igea ti sarà benigna. La Natura non uccide chi si piega alle sue leggi e contempla, senza turbarsi, il corso delle umane passioni. Ma il giorno, e io mi auguro e ti auguro che sia da qui a cinquant’anni, nel quale tu sarai ritornato tranquillo in grembo alla gran madre, credi pure che la tua eredità di sdegni e di nobili entusiasmi non andrà perduta; perchè o io non sarò che un imbecille, sempre; o se sarò qualcosa, schiaccerò con voluttà feroce tutta questa verminaria che ci freme ai piedi.
Ti dà un grosso bacio il tuo
Cesareo
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