Lettere (Andreini)/Lettera CIV
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Dell’affetto d’amare.
Sole vagheggia la sua propria luce, per quegli occhi, che fanno in un punto viver, e morire, per quegli occhi in cui mirando l’anima mia è sforzata ad ardere, à sospirar, & à tremare, e per quegli occhi finalmente, che fanno à chi gli mira perder la libertà senza saper dir come; Ma qual fosse la mia vita, o la mia morte allhora, che per cura d’honore mi convenne (Signora mia) partire esponendo la vita alle perigliose zuffe di Marte, dicavelo per me Amore, ilquale m’accompagnò sempre non temendo giamai, ancorche fanciullo, e ignudo la forza di tanti guerrieri armati, e valorosi, che d’ogni intorno mi circondavano: ma perche mi maraviglio io; che Amore non havesse spavento di tante armate squadre, essend’egli avvezzo a superar, & à vincere i più famosi in armi, e l’istesso feroce, e superbo domator delle guerre? debbo solamente maravigliarmi di me, che benche grave d’armi, sparso di polve, e tinto di sangue trà le schiere nemiche havessi continuamente la morte innanzi, non mi fù mai conceduto di poter liberarmi da gli assalti d’Amore, ilqual s’havea formato nel mio petto un’altro essercito di pensieri armati, molto più potente dell’essercito nemico, perche dall’essercito nemico io respirava tallhora: ma questo è di giorno, e di notte mi movea fierissimo, e spietatissimo assalto. Questi nemici pensieri partendo tra loro gli offitij, chi assaliva la rocca del cuor mio, chi bateva la muraglia del mio petto, chi con mina sotterranea mandava tutti i miei disegni per aere, chi fatto spia doppia mostrava d’essermi in favore, poi mi tradiva, nè contenti della guerra diurna mi combattevano anche in sogno, poiche uno mi faceva sognar la perdita del nostro campo, un’altro (e questo m’addolorava più che la perdita del campo, e della vita) m’appresentava la mia bella donna in poter d’altro amante, alla cui fiera vista il dolore subito, per mio bene discacciava il sonno, che, se ciò non fosse avvenuto io sarei morto sognando. Ma sì come il corpo non può nelle sue fatiche durar senza posarsi, così sarebbe stato impossibile, che l’animo mio havesse potuto sostenere un così lungo, e così crudel assalto senza qualche sorte d’alleviamento: ond’Amore, che questo conosceva trà tanti noiosi pensieri uniti veniva à rappresentarmi nella mente cose non meno strane che grandi, e per non vedermi morto (cara pietate) faceva come avveduto, comparir un gratioso, e benigno pensiero, che m’empieva il cuore di gioconda speranza, rallegrando ogni mio spirito, col farmi vedere la bellezza vostra, che lodata mi facea gir altero della mia servitù godendo d’haverla sì ben impiegata, e mutando ogni dolore in allegrezza, ogni guerra in pace, & ogni perdita in vittoria, fatto impatiente, non vedea l’hora di tornar di nuovo à veder la bella, & honorata cagione de’ miei sospiri. Hor lodato sia Amore, che forse mosso da’ miei prieghi, e dalle mie lagrime ha voluto consentire al mio desiato ritorno, per farmi goder vedendovi di fortuna migliore. Io riveggo pur quegli occhi amati, ne i quali partendo lasciai la mia dolce libertà, riveggio pur il tesoro de’ vostri biondi, & innanellati capegli, i gigli, e le rose delle vostre guancie, l’avorio della vostra fronte, nella quale sono scritti i nomi di coloro, ch’Amor ha vinti per voi, riveggio pur i rubini delle vostre labbra, le perle de’ vostri denti, e ’n somma riveggio pur quella donna, ch’è maraviglia, & honor del suo sesso. Hora non mi sarà già vietato l’udir quelle grate, e savie parole, che mi rapirono visibilmente l’anima, e quasi maghe d’Amore incantarono tutti i miei sensi: ma perch’io possa ristorar appieno i già sofferti martiri, fatemi gratia di due sole vostre righe, nelle quali io possa legger per colmo d’ogni mia gioia, che voi, voi medesima havete assicurata, della perfettione dell’amor mio.