Lettere (Andreini)/Lettera LXXXV

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LXXXV. Della Sospetione.

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Della Sospetione.


S
E ogni anima gentile, se ogni cuor nobile, e virtuoso, tanto al Mondo ha di bene, quanto per voi dolcemente piange, e soavemente sospira, come potrà esser giamai, ch’io mi rimanga d’amarvi? chi può mirar quegli occhi, de’ quali escono ad ogni hora di vero amore, e di vera pietate, vere faville, e non arder di fiamma inestinguibile? io per me v’amo, e son per voi come ad un grandissimo fuoco è l’esca,

[p. 80r modifica]e ’l solfo, nè per ciò mi lagno, anzi, che sommamente ne godo, poiche non è giogo più dolce, nè più soave di quello, che mette a i cuori una divina bellezza, laquale può a voler suo far de gli huomini ciò, ch’à lei piace. Hora, se dell’amor mio; e della mia fè dubitate, (che dubitar non dovreste) considerate e l’uno, e l’altra in voi, che, se tanto farete n’anderà il dubio, e si vedrà la perfettione. Se bellezza maggior della vostra si trovasse, direi, la mia donna hà ragion di temere: ma se bellezza maggiore trovar non si può, perche far a voi stessa, & alla mia sincerità sì gran torto? quando in ogni altra mia attione havessi mostrato poco senno, in questa dell’elegger d’amarvi, sò, ch’altri mi terrebbe per savijssimo. Mi scrivete, che havendo l’altra sera invitata due volte in ballo la Signora N. e voi una sola è forza, che l’animo mio sia inclinato più a lei, che a voi; & è possibile, che non vogliate credere, che ciò, ch’io feci fù per levar ogni sospetto? Voi più volte m’havete detto, che nel particolar del nostro amore io sia avveduto, hor s’io per ubbidirvi mi tolgo le proprie contentezze, perche accusarmi? Non hà dubbio, che più mi sarebbe stato caro il favor della vostra mano, che di qual’altra si sia, benche dell’istessa Venere, me ne privo, e ’n vece d’esser compassionato son tormentato. Se honesti prieghi hanno forza di muover giusta pietate, concedetemi, che questa sera io possa parlarvi all’usata finestra, ch’io spero di levarvi la falsa opinion dal cuore, e farvi ancora sospirar la penosa vita, che m’havete data co’ vostri dubij. Da voi vengono [p. 80v modifica]le mie dolcezze, e con l’amaro de’ vostri sospetti, le mi turbate? pacienza. Quanto mi vien da voi, m’è forza ricever in pace. Spero di dirvi meglio le mie ragioni, in voce, che in iscrittura; e perche sogliono haver maggior forza le vive, che le morte parole, riserbo di dirvi à bocca molt’altre cose, e particolarmente, risponder ad alcun argomento, che per travagliarmi, più per acutezza, che per verità potreste cavare da questa mia lettera. Vi prevengo, e vi protesto, che quallhora di me dubiterete, grandemente m’offenderete. Conservatemi vostro, e siate certa, ch’io v’amo tanto, che non sò ben dirvi, s’io v’amo, o s’io v’adoro, e perche si suol dir communemente, ch’egli, è facile à creder quello, che si desidera, ogni volta che non crederete, ch’io v’ami, mi farete creder che non lo desiderate. Vi bacio le mani, & aspetto l’hora di parlarvi.