Lettere (Campanella)/LXXVI. Ad Urbano VIII

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LXXVI. Ad Urbano VIII

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LXXVI. Ad Urbano VIII
LXXV. Al cardinale nipote Antonio Barberini LXXVII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
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LXXVI

Ad Urbano VIII

Ringraziamenti, suppliche e promesse al papa con cui non cessa di sfogarsi contro il Mostro, ed a cui non cela le onorevoli accoglienze ricevute dal re e dalle persone di maggior conto.

 Santissimo Padre,

Ringrazio senza fine, umilmente baciando i santi piedi a V ostra Beatitudine per la prudente e cortesissima continuazione del beneficio che sempre m’ha fatto, secondo m’ha significato monsignor Mazarini, ne mai ho dubitato della sua [p. 270 modifica]gran bontá, conoscendo il suo gran senno, come veracemente da filosofo non da cortegiano l’ho descritto in quei Commenti ch’ho fatto sopra i suoi divini poemi, i quali ho cantato per tutto il viaggio con gran mia consolazione, massime dopo che m’occorse disputare della ragion che mosse Vostra Beatitudine ad acconciar l’inni sacri, come lo scrivo al signor don Giovanni Colonna. Ed ora di novo la riprego resti servita concedermi che li possa stampare almen per oracolo secreto, come lo farò. E certo scorrerei forse a questo errore senza cercar piú volte licenza, considerando che saria gloria di Vostra Beatitudine, la qual mi sará sempre piú cara che qualunque altra cosa, se io avessi l’esemplar tutto e polito. Ma perché lo tiene l’eminentissimo Barberino, datoli da’ miei emoli, con persuaderlo che non si devea stampar ché non era onor di Vostra Beatitudine, quand’io m’apparecchiavo a porlo in luce, ed approbato da piú teologi lo donai al padre generale ed al padre Mostro per l’imprimatur. Del che ne concepirò tanta invidia credendo che Vostra Beatitudine m’averia esaltato a quel grado ch’essi anelano senza virtú vera. E m’impedirò questo ed ogni altra cosa per sé e per gli altri machinando contra me, e dove non potevan ingannar Adamo andâro ad Eva. Una parte ne tiene il padre Tontoli e m’ha dato l’approbazion di tutto. Scrivo al signor conte di Castelvillano li ricuperi e mandi. Ma senza l’oracolo di Vostra Beatitudine non lo fará.

Desidero anche che nelle cose mie sia l’eminentissimo cardinale di Richilieu giudice ed altri teologi della Sorbona. E vedrá Vostra Beatitudine con quanta bugia hanno sparso nome ch’io scrivo cose stravaganti e non consonanti a san Tomaso, mentre vedrá ch’essi non intendeno né studiano né han visto la dottrina de’ padri coi quali, come fe’ san Tomaso, io provo tutte le cose mie. E cosí è ordinato a noi nelle costituzioni di san Domenico; ed essi fanno il contrario e sparlano. Né mai han voluto venir all’ultime prove dopo che piú volte li feci restare. Vedrá Vostra Beatitudine le baie che dice nel libro per il concilio tridentino. Quanto ci è [p. 271 modifica]di bono ci l’ha dato il Carli ed i libri miei; Vostra Beatitudine ordini che mi si rendano.

Ho parlato al re cristianissimo con gran gusto di Sua Maestá e gloria di Vostra Beatitudine; e mi si fe’ incontro, m’abbracciò due volte, e ridea e insieme mostrava compassion grande di me, né mai si pose in testa cosa di coprirsi, e piú volte mi disse: «Très bien venu»; che mi riceve in sua protezione e sicurtá e che non mi fará mancar cosa alcuna. E tutti principi che eran presenti, restâro ammirati e dissero ch’a nissun personaggio grandissimo il re ha fatto mai tanto onore quanto a me servo di Vostra Beatitudine.

Questo io dico perché è notorio. Il vescovo di san Floro, fratel del conte di Novaglia, era presente; ed a lui incaricò il re, in francese, che mi consolasse e promettesse ogni sicurtá ed aiuto. Questo vescovo è officiosissimo, religiosissimo e divotissimo della sede apostolica e di Vostra Beatitudine. Il contrario di quello ch’avea seminato zizanie, e fu condannato; ed io mandai la condanna al padre Marini per bon augurio di quel che penso fare in servizio di Vostra Beatitudine; e non dico quel ch’ho cominciato finché non vedo frutto. Supplico a Vostra Beatitudine si contenti lasciar publicar la Monarchia del Messia per ben commune; e che il libro contra ateisti publicato venga in Francia dove ci son pochi, perché serva all’academia del padre Giacinto, compagno del padre Gioseppe, contra eretici eretta: e lo cercò al padre commissario del Santo Offizio, ed ogge, sentendo me, piú lo desiderano; e ch’il Padre Mostro mi renda il Reminiscentur, utilissimo, stimato da tutti approbatori, e da lui promesso darmelo e tenuto calunniosamente. Quanto stimino il vostro servo tutti oltramontani ed italiani, filosofi e principi, Vostra Beatitudine lo conoscerá presto; e li significo tutto questo perché han murmurato di Vostra Beatitudine anche, né dico piú, perché facea stima di me. Non avviso a Vostra Beatitudine le cose correnti, perché i nunci di Vostra Beatitudine ciò fanno; e quando occorrerá cosa ch’io conosco piú a dentro per Vostra Beatitudine, farò quel che devo. [p. 272 modifica]

Resto sempre con maggior voglia di far cosa grata a Vostra Beatitudine, e vo conciando quel che qui l’ingratissimi han guasto, ed ogni mattino fo la colletta pro domino papa et pro rege.

Finisco baciando i santi piedi ex foto corde.

 Parigi, 25 febraro 1635.

Il perpetuo fedelissimo umilissimo
servo di V. B.

Fra Tomaso Campanella.