Lettere (Campanella)/LXXXV. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

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LXXXV. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

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LXXXV. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
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A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

Lieto per le cortesi ed onorevoli accoglienze ricevute dalla Sorbona alla cui censura nel 1625 sottopose delle opere ed ora sottopone ogni sua cosa non ancora approvata da Roma, trova in convento lettere che finalmente gli annunziano l’arrivo in Francia del prezioso baule co’ suoi manoscritti e con libri d’illustri italiani contemporanei che egli vuol donare ad ospiti e benefattori.

          Illustrissimo e reverendissimo
               signore e padrone osservandissimo,

Ieri 2 di maggio, sendo uscito dalla semblea di signori dottori sorbonisti dalli quali fui introdutto a parlare e salutar — tutti con molta lor creanza ed onor che m’han fatto e per lor cortesia mi ringrazierò ch’io gli avessi stimati tanto che l’anno 1625 ebbero da me una lettera dove sottoponevo a lor censura tutti li libri miei e li pregavo pigliassero fastidio di correggerli, ed ho pur la risposta di tutta l’academia assai cortese etc.; e di novo ho fatto il medesimo con le parole ch’ho saputo: e perché il guardasigilli del re mi donò licenza e privilegio per tutti i libri miei, io risposi che l’accetto, se la Sorbona, academia regia, l’approbará: piacque ciò a tutti, — talché uscendo da questo colloquio assai allegro, ricevei da’ signori Puteani lettera del padre don Cristoforo Dupuy, e questa di Vostra Signoria illustrissima, dove per complimento nella sopracarta avvisa ch’il baullo sia gionto in sua mano ben condizionato a’ 24 aprile.

L’allegrezza fu assai, perché fu colmata dalla grazia di Vostra Signoria illustrissima; né si potea desiar meglio ricapito. Ma non mi dice s’ha ricevuto lei quel che mi scrisse il signor Bordeloto, di cui ho lettere scritte alli 13 aprile, che dodici giorni avanti avea posto su le galere il baullo. Né so [p. 300 modifica]s’è sigillato dal conte ambasciatore; e se a Vostra Signoria han mandato la chiave, com’io desideravo, perché vedesse i pensieri di me servo suo; e se va soprascritto al vescovo di Sanfloro — io stamperò quelli che da Roma fur approbati, e poi gli altri sendo revisti dalla Sorbona, la qual adesso, son quindici giorni, tiene il libro De praedestinatione, tanto necessario a questo secolo etc.; — ed in particolare se li mandò lo Specillo dello Stigliola. Io credo che Vostra Signoria illustrissima l’abbia subito inviato, e che sia vano scriverli che faccia quel ch’a lei piace.

Desidero ch’il signor Cassendo mi scriva qualche cosa della vostra famiglia etc.; perché voglio onorarmi in alcuno di questi libri col suo nome, e per memoria di quel che devo a tanta generositá. Mi par soverchio insinuar a Vostra Signoria illustrissima quel che deve fare e come mandarlo sicuro, perché non si dica: «sus Minervam docet». Lo sto aspettando con aviditá. Le farò parte d’alcuni pensieri dati a questi padroni, quando si potran publicare. Con monsignor Rossi io li scrissi a lungo; e come giá li tesorieri mi davano denari per tre mesi, oltre quelli che da principio mi mandò Sua Maestá cristianissima per accommodarmi.

Tutte le cose per grazia di Dio van prosperamente, eccetto quella di mio nepote che ancora sta carcerato, e tutti li altri fûr liberati; ma lui disse ch’era clerico, com’è vero, ed ha la bolla del papa di poter medicare. Ma spero ch’uscirá, perché la falsitá è manifesta. Potrebbe nocerli la mia venuta; e per questo io non ho fatto manifesti ed altro che si converrebbe a scoprir e forsi punir la malvagitá di chi lo perseguita. Ho visto quel che Vostra Signoria filosoficamente scrive al buon Galileo nostro, degno scritto di chi ed a chi lo manda. Non ho cessato io di far quel che devo per l’amico, e scriverei anche a Nostro Signore a cui sempre scrivo e da cui qui ricevo e favori e danari — ciò si taccia, — ma sarò ripreso da Sua Beatitudine di molto imprudente, come mi suol fare. Scriverò al cardinale Colonna ch’è tornato in Roma e mi scrive e s’offerisce. Io resto a Vostra Signoria illustrissima [p. 301 modifica]obbligatissimo sempre piú, e prego Dio che la mantenga molto tempo in vita ed in grado maggiore per beneficio de’ buoni ed ornamento del nostro secolo. Mando l’inclusa ai signori Lamberto e Gastines.

Saluto cordialmente il signor barone [di Rians] e tutti di casa, ed il signor Cassendo, se pur è tornato. A dio.

 Parigi, a’ 3 di maggio 1635.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore obligatissimo e divotissimo
Tomaso Campanella.


La mia Metafisica vien in baullo: pagai per ricuperarla trenta scudi; quella di Avicenna non trovai, cercandola sempre, se non nella libreria del cardinale Richelieu, e non voi darla né stamparla. Se li pare tentarò. Io stamparò subito e tutto manderò a Vostra Signoria illustrissima.

All’illustrissimo e reverendissimo
     signor l’abbate Fabri monsieur de Peresc,
          padron colendissimo,
 in Aix.