Lettere (Filippo Sassetti)/Lettera IX
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IX.
Al medesimo
Illustre ed Eccellente Sig.
Contare a V.E. i particolari avvenimenti del nostro lungo viaggio, sarebbe cosa tediosa; basta, ch’e’ fu, conformo al solito mio, poco avventurato, o pure io di poco giudizio a tornare a mettermi sopra la medesima nave dell’anno davanti, la quale fu a tocca, e non tocca per fare il medesimo giuoco del tornare addietro un’altra volta. Ella pure venne avanti, e si condusse in questa costa d’India a’ 7. di Novembre, essendo stati 7. mesi a cammino, senza vedere altra Terra mai in tutto questo tempo, che un’Isola coperta d’arena, la quale è fuori dell’Isola di San Lorenzo nell’altura di 15. gradi dalla parte di Mezzogiorno, dove noi fummo per perderci, ringraziato sia Iddio, che ci salvò. L’altre navi della nostra compagnia con miglior corso, per non dire e con migliore stella, arrivarono a Goa a’ 20. di Settembre. Noi venimmo a questo male avventurato Coccino, che sebbene fu la prima Terra, nella quale ponessero piede i Portoghesi, oggi non è scala molto grande, proccurando i Vicerè, che stanno in Goa, di tirare là tutti i negozi, e tutte le grandezze di questo paese. De’ ragguagli delle cose di questa Terra, non sarò largo a VS. perchè il tempo non mel concede. Parmi, che poco guadagni, chi partendosi da’ suoi va’ dilungandosi a poco a poco, non gustando la dolcezza della mutazione, andando quasi continuando sempre con le medesime cose, e per lo contrario, chi va ..... leghe di cammino, lasciando voto da luogo a luogo, trova tanta diversità, che io mi maraviglio della maraviglia, perchè cominciando dagli elementi, e passando per tutte le cose miste, veggo poca conformità con le nostre, sì nelle spezie, come nelle differenze, e negli accidenti; e chi fusse sicuro di viver molto, avesse molto da spendere, volesse molto travaglio, e avesse buona cognizione delle buone Lettere, scriverebbe maraviglie, e particolarmente de’ costumi delle genti, e del governo delle loro Repubbliche, o delle loro tirannie. E perchè queste generalità, oltre a non far fede, non danno gusto, non avendo da rubar più tempo alla necessaria fatica, mando a VS. la copia d’una Lettera, che io ho scritto al Sig. Cardinal De’ Medici1, non già perchè ella sia piena di molti avvisi particolari, come io desidererei darle, ma perchè essendovi pure qualcosa, ella scusi frattanto questa, dove non è niente; forse che per l’anno prossimo io supplirò a questo mancamento. Le navi, che l’anno avanti venivano con esso noi, non ebbero gran fatto miglior ventura, che noi ci avessimo, perchè una se ne perdè affatto, un’altra zoppicando si condusse a Mozambique, la nostra tornò addietro, e una se ne condusse, e le Lettere, che io scrivevo per quella, che venne quà, non sò come capitarono male, che non furono date se non quest’anno, e i danari, che io mandava (tra i quali erano .... di VS. sopra quella nave) non si trovando chi gli ricevesse, tornarono a Portogallo in mano del Maestro di quella nave, a chi io gli consegnai; quelli, che erano sopra la nave, che si fermò a Mozambique, sono venuti adesso, e stanno in Goa, ed io di quelli, che portai con esso meco quest’anno, non ho comperato niente, perchè quì non viene gentilezza, nè cosa buona. In Goa vedrò di compensare la tardanza con provvedere qualcosa a VS. a suo gusto. A Lisbona mando con una nave, che si ha a spedire di quì fra pochi giorni certe porcellane, con ordine, che ne siano mandati alcuni pezzi a VS. che ne potranno servire per la sua Signora Consorte, quando sia di parto, che penserò pure, ch’ella sarà andata seguitando di riempier la Casa. VS. mi farà favore ogni anno di 4. versi di suo, con comandarmi alcuna cosa, con che faccio fine, pregandola a tenermi in sua buona grazia, che Nostro Signore Iddio la conservi felice. Di questa Città di Santa Croce di Coccino a’ 20. di Gennaio 1584.
Di questa Città di Santa Croce di Coccino a’ 20. di Gennaio 1584.
Di VS. affezionatis. servit.
Filippo Sassetti.