Lettere (Filippo Sassetti)/Lettera VIII

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Lettera VIII

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VIII.

Al medesimo


Molto Illustre Sig.


L’odore del Calambucco non pure non è nocivo, ma è molto grato, e proprio pel conforto della testa così senza abbruciare, come io spero, che ella avrà sentito, e sarà rimastane soddisfatta. Questo è differente dal legno Aloè, che quà domandano palo d’aguila, secondo il più, e ’l meno. Perchè il Calambucco è fresco, e contiene molto olio, tantochè quei Re Negri lo cavano, e lo stimano eccessivamente come e’ merita. Il legno Aloè è più secco, e al taglio del coltello si conosce subito, che levarone da questo un poco, a toccarlo si trova alido, e asciutto, e quell’altro ritiene il dito appiccato. De’ loro natali non sò, nè sò chi sappia ragionarne. Viene a seconda di quel gran Rio, che sbocca nel Seno di Bengala, che oggi si domanda Ganga1. I Portoghesi credono, che e’ sia il Gange, ma Gherardo Mercatore2, gran Cosmografo di questi tempi, cercando di salvare Tolomeo, fa il Gange il primo fiume della China, detto Cantan, ma questo ora non rileva. Dicono i Portoghesi, che in India non ha nessuno, che sappia, o che cercandole, abbia trovato le fonti di quel Rio Ganga, e perciò pensano, che venga dal Paradiso terrestre; e come quel legno Aloè viene giù pel detto fiume, e non si sà donde, lo fanno nascere nel medesimo luogo; questi sono gli argomenti loro. Io ho ricevuto gli Alfabeti, che VS. mi ha mandati, e potrebbe essere, che i Padri Gesuiti, che stanno in India, gli conoscessero, dando opera a imparare quelle lingue pel servizio della predicazione; e quanto agli Ieroglifici, de’ quali VS. mi tratta, mi pare, che io scrivessi già a VS. come questa Scrittura per note si costumava in tutta la Cina, e Iapan, e tutte quelle Terre vicine, dove lo scritto è comune, e le lingue più differenti, che la Toscana dall’Alemanna. Un Padre, che andò in quelle parti, imparata la lingua, voleva imparare a scrivere; il Maestro non se ne rincorava, e domandato della cagione, rispose, che tanti erano i caratteri, quante erano le cose, ed i concetti, e perciò, come materia infinita, lo consigliava a torsene giù. Ricordomi avere molto letto, e molto domandato, come gli Egizj facessero a scrivere, come noi diremmo, una lettera, o una storia distesamente con tutte le parti dell’Orazione, usando quei Ieroglifici; e’ non fu vero, che io potessi saperne niente. Ho trovato l’anno passato in Madrid un Tolomeo commentato, o con annotazioni d’un Michele Villanova, il quale in una dichiarazione, che e’ fa sopra la seconda Tavola dell’Affrica, tra l’altre cose dice: Primo Deorum cultum apud eos institutum memorant (questa Tavola contiene l’Etiopia) primasque sacrorum ceremonias. Duplicem literarum usum, ut quae sacrae dicerentur, Sacerdotibus dumtaxat notae essent, alterum earum, quae vulgo paterent. Fuerunt tamen literarum figurae haud tales, ut ex illis syllabae coalescerent, sed animantibus, extremisque hominum partibus, variisque instrumentis artificum perquam similes, singulisque sua inerat figuiris significatio; ut in accipirre celeritas, in crocodyllo malum, custodia in oculo, etc.. E nondimeno, perchè di quando in quando questo Scoliaste afferma qualche cosa, che non mi pare, che e’ la sappia affatto, potendosi pel detto di molti altri Autori più gravi argomentare alla parte contraria, io non gliene credo interamente. Ora per tornare, come VS. vede, nella Cina sono Ieroglifici, o cosa simile a quelli, che servono per caratteri di scrittura; in che modo? Questo è il quesito. Quella parola, che sotto uno di quelli Alfabeti dice PELV, trattando di cose, e paesi d’India Orientale, vuol dire PEGV3, che è un Regno posto nel Golfo del Bengala nella costa Orientale di detto Golfo, il Re del quale mette molte centinaia di migliaia (dicono) d’uomini da guerra in campagna, e nella sua terra nascono i buoni Rubini, e grandi; e secondochè riferiscono questi Portoghesi, che vi sono stati, i quali sono molti, per essere presso alla costa d’India 250. in 300. leghe, questa terra mi par proprio una Cuccagna, valendovi una gallina 10., o 12. quattrini, una Vacca un reale, e l’altre cose all’avvenente, di che forse potrò dare più particolar ragguaglio, se Iddio mi farà grazia di condurmi là in quelle parti. Non voglio lasciar di contare a VS. quello, che riferiscono alcuni, che sono andati per questa Terra dell’Etiopia Occidentale, che è da 6. fino a 16. gradi d’altura da questa nostra parte Settentrionale, i quali dicono per cosa verissima esservi una spezie di Bertucce grandissime, le quali si mescolano con le donne Negre di quelle Terre, che vivono per quelle foreste, e da quella congiunzione ne nascono come Satiri, che dal mezzo in basso sono Bertucce, e dalla cintola in su hanno figura umana, favellano poco, e con poca distinzione, e quasi sempre piangono, e servono agli altri come di guardie, o di casa, o di bestie, o di simili esercizj, senza aver facoltà d’invenzione. Donne io ho veduto quì Negre, che vengono di quella Terra ferma, che è di fronte all’Isola di San Lorenzo, e della detta Isola ancora, che chi di loro non vedesse altro, che il capo, stimerebbe, che elle fussero Monne4. Se per questi paesi andasse altra gente, che Portoghesi, si potrebbe credere, che quello, che si dice di sopra, non fosse vero, per non esserne mai di questi nostri stati condotti a Portogallo, ma andandovi questa gente, non dobbiamo maravigliarcene. Della pianta dell’Aspalato5, che VS. mi domanda, non sò niente, e poichè quel Quarantotto dice averla veduta nel Regno di Pollonia, non dovrò punto occorrere far diligenza di trovarla in India, sendo i paesi differentissimi. Non mancheranno le molte piante nuove da tesaurizzare, come dice VS. se vi farà attitudine, e comodità di tempo. Penso partir di quì tra 8., o 10. giorni al più lungo, se già questi Castiglianesi non fanno delle loro; andando a salvamento, non sentirò lo storpio ricevuto l’anno passato. Iddio dia a VS. tanto contento, quanto io le desidero, e la guardi di male.


Di Lisbona a’ 12. di Marzo 1583.

Di VS. affezionatis. servit.

Filippo Sassetti.


Note

  1. Ovvero il giume Gange. N. d. C.
  2. Gerardus Mercator, (1512-1594), noto astronomo e cartografo fiammingo. N. d. C.
  3. Ovvero la Birmania, e in particolare con riferimento alla città di Pegu. N. d. C.
  4. Ovvero scimmie. N. d. C.
  5. Pianta detta sparzio villoso il cui nome scientifico è Calicotome villosa, propria della macchia mediterranea. N. d. C.