Lettere (Sarpi)/Vol. II/124

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CXXIV. — Al medesimo

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CXXIV. — Al medesimo
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CXXIV. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Insieme con la lettera di V.S. del 20 gennaio, ho ricevuto l’estratto delle nostre lettere scritte da Parigi, il quale è una molto buona e veridica istruzione delle cose correnti; delle quali desidero vedere qualche esito, perchè le tengo congiunte col servizio di Dio: del rimanente, io non mi curerei della riuscita più in un modo, che nell’altro.

La importunità delli Gesuiti in voler cattedra per leggere le Controversie,2 sarà forse cosa che riuscirà a bene. Il calor interno si diffonde troppo e indebolisce, se il petto circostante non li fa qualche antiperistasi. Io son restato pieno di stupore come al padre Gouthier sia successa così buona fortuna, che per un tanto fallo sia stato gastigato solo di parole.

Mi duole grandemente la morte del maresciallo d’Ornano,3 poichè aveva qualche buone opinioni intorno la quiete di Francia, la quale mi pare vedere turbarsi manifestissimamente per opera di questi buoni Padri. [p. 15 modifica]

Non è dubbio alcuno, che la proibizione fatta a Roma delle fatiche di monsieur di Thou, non sia per portarli onore, e per far la sua Istoria più desiderabile. Io son intento aspettando che cosa sarà fatta dal Parlamento, poichè è toccato l’arresto suo contro Giovan Castello, il quale non potrebbe offendere la corte Romana più di quello che già fa.

Intorno alle cose di guerra, qua si tiene che non debbi succedere, non essendo possibile, quando una parte è risoluta di non volerla: perciò si è fatto la tregua di Olanda, e perciò si crede che si farà una cession totale di quelli Stati4 alli principi pretendenti. Così si lasciano intendere li Spagnuoli. È vero che, dall’altro canto, si vedono mandar molti danari in Germania; da che si raccoglie contraria conclusione: però non facendosi levata de’ Svizzeri, come non si vede sino al presente, pare più verisimile il primo pronostico, che il secondo.

L’avviso venuto costì di guerra in Ungheria, non ha nessuna verità. La vorrebbono ben seminare li Romani e li Spagnuoli; ma non lo vogliono nè li Turchi nè li Ungheri.

Il gentiluomo inglese per cui V.S. mi inviò lettere, fu a vedermi essendo venuto da Padova, e mi promise di rispondere alla lettera, e inviarlami quando fosse tornato nella medesima città. Io non ho potuto aver gusto di parlar con lui, se non per interprete. Quando V.S. mi mandò già una lettera per Vincenzo Querini, io non sapevo chi quello si fusse, ma due giorni dopo seppi che era il residente del duca di Mantova in questa città. E perchè egli era [p. 16 modifica]allora andato a Mantova verso il suo padrone per condurlo a Venezia, io li mandai la lettera là: pochi giorni dopo, egli se ne ritornò insieme col duca, e io lo trovai e li dimandai della ricevuta della lettera, ed egli mi disse che gli era capitata, e me ne ringraziò.

Mi duole che la indisposizione di V.S. si prolunghi tanto; ma ben commendo la buona disposizione dell’animo, che si conforma alla volontà divina e riceve in bene ogni cosa. Questo è il colmo della virtù non vana e non fucata.

Prima che finir questa, gli voglio dir di nuovo che il Padre Fulgenzio Minorita, che nel tempo delle controversie predicava qui, e già diciotto mesi se ne andò a Roma con salvacondotto, è stato imprigonato di ordine del pontefice, ed è ritenuto in segreto.5 Dio faccia che il fine suo sia secondo il divino beneplacito. Questa istoria scrivo più minutamente a monsieur Castrino,6 che ne darà parte a V.S. Alla quale bacio la mano.

Di Venezia, il 16 febbraio 1610.




Note

  1. Edita: come sopra, pag. 223.
  2. Tom. I, pag. 327.
  3. Figlio della molto celebre e molto infelice Vannina d’Ornano. Colonnello de’ Corsi suoi connazionali, trovò in Francia fortuna pel suo valore e la fedeltà mostrata a quei monarchi. Era governatore della Guienna, quando morì nel 1610.
  4. Intendasi, degli Stati di Germania, allora in tanto subbuglio.
  5. Di questo povero frate, che troppo nella romana lupa erasi confidato, parlasi più volte nel tom. I; e tornerà ancora in questo a parlarsi. Vedi la Lettera CXXVI, in fine.
  6. Una prova di più per credere che le lettere le quali appariscono indirizzate al Roux o Rossi, fossero invece dirette al Castrino, o a chi altro sotto questo nome nascondevasi. Di che meglio ci chiariranno le lettere susseguenti.