Lettere (Sarpi)/Vol. II/171

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CLXXI. — Al signor De l’Isle Groslot

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CLXXI. — Al signor De l’Isle Groslot
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CLXXI. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Poichè io ebbi avviso dell’arrivo del signor ambasciatore Giustiniano, credendo che dovesse trasportarsi in pochi giorni a Parigi, e che il signor ambasciatore Foscarini partisse immediate per Inghilterra, mi fermai di scrivere; ch’è la causa per quale V.S. non avrà ricevuto mie lettere da due mesi in qua. Ora vedendo la sicurezza del passaggio per altra via, ricevo gran piacere di veder rimessa in piedi la nostra corrispondenza, in questi tempi massime, quando il dare e ricevere qualche avviso può esser occasione a qualche successo di momento.

Già ricevei una di V.S. delli 23 dicembre, e poi un’altra delli 4 gennaio, alle quali, per le cause suddette, non diedi risposta. Per questo corriero ho ricevuto per via di Barbarigo quella delli 11 febbraio, e un giorno dopo monsieur Assellineau mi rese un’altra delli 2 dell’istesso mese; alle quali risponderò seguendo l’istesso ordine.

Primieramente, vedendo che V.S. dopo una grande accessione della colica, ne ha avuto un’altra non minore della gotta, dubito ch’Ella stessa favorisca cotesto indisposizioni con lo studio e con le vigilie, che sono causa della crudità, materia di questi mali: per il che non posso restar di pregarla ad avere un poco più di cura della sua salute; poichè, finalmente, chi non misura le forze e lascia la briglia all’animo, fa manco cammino che chi, conoscendosi debole, va piano. [p. 195 modifica]

Barbarigo ha sentito un grandissimo disgusto che non sia stato reso a V.S. un esemplare di Bellarmino, il quale egli ha mandato nominatamente; e non gli basta questa escusazione, chè ha scritto per farne venir un altro, e mandarglielo. Ma mi stupisco per che causa li romanisti fanno tanta instanza per quel libro costì, e qui non ne parlano; se forse questo non è per la loro maggiorità, quando occorre la minorità del re. Ma, per continuare di questo libro, sappia V.S., che ve n’è grand’abbondanza nello Stato ecclesiastico, e nel rimanente d’Italia non se ne trova: di che in Venezia si sa la causa, la pubblica proibizione; negli altri luoghi sanno far fatti senza parole.

Ma che dirà V.S. che il re di Spagna abbia in così solenne modo proibito il trattato di Baronio della Monarchia di Sicilia?2 Le mando una copia tratta da originale autentico: il che dico acciò V.S. non dubiti della verità. Mi dà da pensar assai, ch’essendo stampato quel libro nel 1605 ed essendo proibito allora dal vicerè di Napoli (di che esso Baronio se ne querelò in forma assai petulante, a sprezzo del re stesso), dopo tanti anni siano venuti in pensiero di far un tal passo, non mai più fatto da loro. Io so di buon luogo, che avuto il papa notizia di questo editto, l’ha mandato alla Congregazione dell’Indice per consultarvi sopra. Vedremo che resoluzione prenderanno. Prego V.S. far aver una copia di questo editto a monsieur l’Eschassier per mio nome.

E poichè siamo in questa materia de’ libri, le [p. 196 modifica]darò conto d’aver ricevuto quello di monsieur Vignier, il quale in una materia poco fertile si dimostra molto buon artefice.3 Io ho ricevuto la correzione del Poema, ma la prosa non cede di niente; anzi, secondo il mio gusto, gli è come ornamento necessario.

Io non so perchè li padri Gesuiti mandino in tante forme attorno quella loro difesa contra l’Anti-Cottone, se questo non è perchè, secondo il loro uso, vogliano negare quello che parerà a loro: ma qui vien aspettata la replica. È stata qui veduta la copia della lettera scritta per nome di Sully alla regina,4 così abbondante di belli e vivi concetti, come di milioni, se non sono di maravedis.5 L’assedio di Genova è andato in fumo, come anco veniva creduto da tutti gli uomini prudenti che dovesse succedere. Le dico ben per cosa vera, che avendo il duca dimandato aiutò al papa per quella impresa, riportò per risposta parole generali e inconcludenti, con un consiglio in fine, ch’era impresa da differir a tempo più opportuno: e di questo V.S. non dubiti, nè meno lo ascriva a carità. Ma per attendere a Germania, disse il papa, che sperava di Germania molte cose. Ma in Francia sarà la guerra: così, certamente, esso e li Gesuiti trattano. La settimana passata, in Roma, è stato preso un francese vestito da gesuita, [p. 197 modifica]e esaminato immediate con molta segretezza, senza che si possa saper nè la materia nè la persona. Qui si parla assai di quella prigionia sopra la morte del re; ma du Tillet m’assicura che non è niente. Non so se l’interesse lo faccia parlare, o pur perchè sappia quanto si può scoprire.

Il padre mandò a monsieur di Thou le cose promesse dall’ambasciatore Nani; ma egli non ne ha dato, nè il padre sa come uscir di quell’obbligo. Mi resta dire a V.S. solamente, che il duca di Savoia ha posto taglia, dove caverà un milione, con total rovina del suo paese. Il signor Molino e padre Fulgenzio le baciano la mano, e io insieme con loro e con maggior affetto, pregando Dio che le doni ogni prosperità.

Di Venezia, li 15 marzo 1611.




Note

  1. Pubblicata in Ginevra, ed. cit., pag. 333.
  2. Vedi la Lettera CLXI, e la nota a pag. 164.
  3. Oltre all’opera accennata nella nota 1 a pag. 77, Niccolò Vignier diede a luce più altre scritture di controversia ed ascetiche.
  4. In quei giorni Sully non aveva per anche rinunziato le sue cariche, ma nulla fa credere che una tal lettera fosse scritta da lui medesimo.
  5. La più vile tra le monete aventi corso in Ispagna, e che dicesi equivalere ad uno de’ nostri antichi quattrini.