Lettere (Sarpi)/Vol. II/184

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CLXXXIV. — Al medesimo

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CLXXXIV. — Al medesimo
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CLXXXIV. — A Filippo Duplessis Mornay.1


Incomincerò a rispondere a quella di V.S. delli 25 agosto dall’ultima particola, che tocca la continuazione della nostra corrispondenza, con dirle che nissuna cosa maggiormente desidero: per il che vi ho pensato assai, e puntualmente ho ricevuto l’occasione rappresentatami, della quale ho scritto a V.S. per il corriere di oggi 15. Attenderò la sua risposta; la quale se sarà in approvazione del mio pensiero, avremo stabilito questo punto per qualche anno, se non ci nascesse per prudenza divina una maggiore opportunità: la quale mi pare vedere approssimarsi, [p. 236 modifica]cioè che il signor Barbarigo venga ambasciatore costì;2 che non tanto per il suddetto rispetto, quanto per molti altri più importanti mi sarebbe carissimo. Però non voglio, sotto la speranza del maggior bene, lasciar il certo, se ben minore.

È molto desiderato qui l’Anti-Cottone: ognuno aspetta fatica molto degna, per il gusto che si ha avuto della prima. Non può esser che il libro di monsieur Servin non sia cosa utile,3 per li particolari che V.S. scrive a monsieur Assellineau. Dell’Anti-Gesuita non abbiamo ancora udito nessuna nuova. Mi pare che altre volte uscisse un tale di Germania, ma cosa assai dozzinale. Finalmente, tempo sarebbe di lasciar le parole e attendere ai fatti, di che però non veggo l’opportunità; e le parole sono, come prudentemente dice V.S., le maledicenze nel seminare del basilisco:4 ma chi non può valersi d’altro è scusato. Non si può scusare il re d’Inghilterra, che si vale di quest’arma potendo adoperarne delle migliori, se bene volesse astenersi dalle taglianti.5 Una [p. 237 modifica]cosa mi ferma l’animo, che non si può veder il fine del bene, se non nel tempo del divino beneplacito.

Nel negozio di Ceneda fu fatto atto notabilissimo di possessione, che si credeva che il papa contrappesasse con un altro, ovvero rompesse. Neutrum fecit; solo ha messo le ragioni del titolo in negozio. Resta vivo il nostro di possessione. Quando vorrà sopportar ogni cosa, non si può contendere. Del prigione dell’Inquisizione non dice niente. Ora nuovamente è posto prigione un Teatino per causa di confessione: anco questo lo tollera; attende solo a fare denari per casa sua. Qui, vedendo tanta viltà, molti buoni dicono che non è bene abbassarlo tanto, e restano di fare quello che farebbono, se credessero che resistesse. Anco la negligenza gli porta utilità. Spagna ogni giorno gliene fa alcuna... Dubito che... la pazienza loro farà che tutti si fermeranno.6 Essi così addormentano il mondo.

Intendo che si tratta strettamente matrimonio tra il principe di Galles e l’infanta di Spagna. Li Gesuiti hanno fatto allegrezza per le cose di Francia. Li Spagnuoli hanno messo mano sopra un altro luogo de’ Genovesi. Non crederò mai che da Italia venga nessun bene, se in Germania non nasce. Le cose passate hanno più tosto causato dissoluzione, che riformazione. [p. 238 modifica]

Qui io non sarò più lungo, ma per fine di questa, a V.S. bacio la mano. Il padre maestro Fulgenzio desidera con particolar ansia il libro sopraccennato dell’Antigesuita. Per me, son sempre di quel sentimento: che se non è qualche cosa di rado,7 non mi curo veder nulla, avendo assai libri in Venezia da studiare, senza farne venire di fuori: pure dipendo dalli suoi consigli, avvertendo che una sola copia basterà per tutti insieme; e qui di nuovo le bacio le mani.

Di Venezia, li 27 settembre 1611.




Note

  1. Dalla raccolta come sopra, pag. 399.
  2. Cioè in Francia, essendo allora il Barbarigo ambasciatore a Torino.
  3. Il Servin fu tra gli amici letterati e corrispondenti del Sarpi, e ne abbiamo già toccato alle pag. 36 e 68 del Tomo I, nota 1 e 2. L’opera più recente in quei giorni di quel zelantissimo magistrato, che morì ai piedi di Luigi XIII difendendo la causa della libertà, era la nominata Remostrance (del 26 novembre 1610) contro la dottrina allora messa in campo dal Bellarmino; ed anche tra le sue Arringhe, una ve n’ha contro i Gesuiti, che porta la data del 1611. Ma vedasi presso al fine della Lettera CLXXXVI.
  4. Così ha la prima stampa. Maledicenze starà, forse, per scongiuri contro la supposta jettatura del supposto basilisco.
  5. Conferma dei giudizi altre volte espressi nelle Lettere XIX, LXXXI ec.
  6. Abbiamo soppresso in questo periodo, già viziato di due lacune anche nella prima edizione, tutte quelle parole dalle quali ci parve non potersi cavare alcun costrutto. A soddisfazione, però, dei lettori e a giustificarci del fatto, lo riportiamo qui fedelmente siccome in quella si legge: “Spagna ogni giorno gliene fà alcuna cosa *, che finalmente derivino con gran fiamma; dubito che la * in Roma et la patienza loro farà ec.„
  7. Intendasi: qualche cosa di raro.