Lezioni e racconti per i bambini/La storia d'un grappolo d'uva

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La storia d’un grappolo d’uva

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Per tre soldi! La seggiolina


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La storia d’un grappolo d’uva.


Guardate, bambini, questo bel grappolo d’uva! Io lo serbo, non già a chi sarà più buono, poichè la bontà trova in sè stessa il proprio premio, ma [p. 103 modifica]a chi sarà più attento a questa lezioncina. E lo stare attenti non è difficile, specialmente quando in una lezione entrano in ballo delle cose così buone.

— Prima di tutto ditemi di che colore è quest’uva?

— Codest’uva è bianca.

— È vero. Ma tutta l’uva non è bianca. Ce n’è della nera, della rossiccia, della verdastra. E col colore diverso prende anche un nome diverso: Così c’è l’uva salamanna, l’uva moscatella, l’uva malaga, ecc. Se io vi domandassi come si chiama la pianta che da l’uva, che cosa mi rispondereste?

— Si chiama la vite.

— Ma bravi! La vite, dunque, ci dà l’uva. E l’uva, ditemi, ci serve solamente per frutta?

— No, signora. L’uva ci dà anche il vino.

— Mi accorgo di aver che fare con dei bambini che la sanno lunga, forse più lunga di me, e proseguirò senza fare altre interrogazioni.

Quest’uva dolce, saporita, che mangiamo tanto volentieri col pane, non è un frutto unico come sarebbe una pera o una pesca. È composta di una certa quantità di chicchi riuniti sul prolungamento d’uno stelo della pianta, e forma il così detto grappolo.

Ogni chicco d’uva è ricoperto da una pellolina sottile che impedisce al sugo di sgocciolar fuori. Esso contiene dei fiocini o semi che, nascosti nel [p. 104 modifica]terreno, riprodurrebbero la pianta che ci da l’uva e che si chiama vite.

Ma la vite non si riproduce col mezzo della sementa. Le ci vorrebbe troppo tempo prima di dar dei frutti. Ecco come si fa: si stende sul terreno un ramo di vite, senza staccarlo dal tronco o ceppo, e si lascia l’estremità di questo ramo esposto all’aria e alla luce. Ben presto sulla parte del ramo nascosto nel terreno germogliano alcune radici e formano un nuovo ceppo di vite.

La vite è una specie d’arbusto tortuoso, la cui scorza è ruvida e filamentosa: i suoi rami, lunghi e flessibili, ove fossero abbandonati a sè stessi, serpeggerebbero sul terreno: ma l’agricoltore li assicura lungo i muri o li raccomanda agli alberi, in modo che la vite possa allacciarsi ai loro rami e formarvi graziose ghirlande di pàmpani e di grappoli. La vite, lasciata crescere, forma le così dette pergole o pergolati, la cui ombra ci difende, nei giardini, dalle carezze troppo vive del sole.

Quasi sempre la vite è coltivata su terreni speciali, i quali prendono il nome di vigne o vigneti: e il ceppo è sostenuto da un palo.

In autunno l’uva è matura: allora si procede alla vendemmia, cioè alla raccolta dell’uva.

L’uva è versata in capaci tini, dove viene pigiata, affinchè possa versare il sugo, il quale scola [p. 105 modifica]da una piccola apertura, praticata in fondo al tino.

Allora viene travasato in altri grandi tini, dove [p. 106 modifica]si riscalda da sè fino a bollire. E questa ebollizione naturale si chiama fermento.

Fermentando, il sugo della vite cambia sapore e qualità. Era dolce: il fermento ha cambiato la sua dolcezza in forza, il suo zucchero in alcool. Eccolo diventato vino, quel vino che bevuto moderatamente, è la vigoria dei giovani, il balsamo dei vecchi, la salute di tutti; ma che, preso al di là del bisogno, ubriaca e fa perder la ragione.

Bisogna dunque, saviamente usare dei doni di Dio: ma abusarne, mai!

E ora io mi trovo in un bell’imbroglio. Ho promesso il grappolo d’uva al bambino più attento. E tutti siete stati attenti. Dividere il grappolo in trenta parti non è possibile. Ne toccherebbe appena un chicco per uno. Dunque? Ma perchè Gino si alza? Vuol farmi una proposta? La faccia!

— Signora, c’è di là la povera custode della scuola, che ha la bambina malata. Vogliamo mandarglielo a lei?...