Lo schiavetto/Atto quarto/Scena VII

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Atto quarto - Scena VII

../Scena VI ../Scena VIII IncludiIntestazione 22 settembre 2009 75% Teatro

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Alberto, Nottola, Fulgenzio, Rampino, Grillo, Cicala, Corte, Rondone

Alberto.
Contentissimo sono, o mio signore, di far quant’ella vuole; ch’è sommo giudizio ad ubidire a chi molto merita.
Nottola.
Or poi che vi contentate che Prudenza vostra figlia sia sposa non mia ma del signor Fulgenzio, quanto già fallito, tanto ora de me arricchito, chiamiamola. Ma chi è questo? Per mia fé, ch’egli è Rondone.
Rondone.
O che arsenico fino, disse di averti dato lo speziale!
Ma ecco sua eccellenza.
Le fo riverenza, mio signore.
Nottola.
Rondone? Sù, ch’è tempo d’allegrezza! Chiama il tuo compagno, che m’è tornata la voglia di ridere, ma rider non posso, se da voi altri io non vengo alle risa provocato, sì come appunto la pignata non può rider bollendo se tutta dal fuoco cinta non viene, onde se ne tragga poi quel pentolesco gorgogliamento.
Rondone.
Sì signore, lasciate che or ora lo chiamo e spero che tanto riderete che creperete.
Nottola.
No no, averò più caro che, per darmi occasione di ridere, tutti duo ridendo crepiate! E che dirai, furfante?
Rondone.
Eh? Non vedete, signore, che dico così per parlar conforme al proverbio? Or sù lo chiamo, ma meglio sarà ch’io entri, perché li debbo arrecar questa polvere per far bianchi i denti, vostra signorìa vuol provare?
Nottola.
No, ché noi altri si facciamo da’ nostri barbieri nettarseli quando se l’arricordiamo. Vanne, ma presto ritorna.
Rondone.
Sì signore, or ora vado con quella vellocità che suole andare bue scompagnato al macello.
Nottola.
O che solenne furfante! Affé da cavaliere che mi piace questo suo umore. Ma chiamate in tanto, o meser Alberto, Prudenza.
Alberto.
Io la chiamo, signore. O dalla casa? Prudenza, tu non odi?